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Donazioni di sangue a rischio per la carenza di infermieri

di Redazione

La Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi), in vista della giornata mondiale del donatore di sangue 2023, lancia un chiaro allarme: la carenza di infermieri mette seriamente a rischio il numero di donatori che, negli ultimi anni, specie durante e dopo la pandemia, sono pericolosamente diminuiti. Nelle Regioni dove la carenza di infermieri per mille abitanti è maggiore, infatti, le donazioni, sempre per mille abitanti, sono minori rispetto alla maggior parte delle altre realtà locali.

Carenza di infermieri mette a rischio il numero di donazioni di sangue

Giornata mondiale del donatore di sangue. Allarme Fnopi: dove mancano infermieri, donazioni a rischio

L’Infermiere favorisce l’informazione sulla donazione di sangue, tessuti e organi quale atto di solidarietà; educa e sostiene le persone coinvolte nel donare e nel ricevere.

Questo afferma l’articolo 26 del Codice deontologico della professione infermieristica, che regola il comportamento professionale che ogni infermiere, poi, declina sulla particolarità del caso clinico o del contesto organizzativo per offrire la migliore risposta in termini di salute.

Ma la Fnopi, in vista della giornata mondiale del donatore di sangue 2023, lancia un chiaro allarme: la carenza di infermieri mette seriamente a rischio il numero di donatori che, negli ultimi anni, specie durante e dopo la pandemia, sono pericolosamente diminuiti. Nelle Regioni dove la carenza di infermieri per mille abitanti è maggiore, infatti, le donazioni, sempre per mille abitanti, sono minori rispetto alla maggior parte delle altre realtà locali.

Così, ad esempio, mentre in Campania dove mancano in media quasi 10 infermieri ogni mille abitanti le donazioni ogni mille abitanti, secondo il dato Avis per lo scorso anno, sono circa 13, in Umbria, dove la carenza di infermieri ogni mille abitanti è solo di 0,7, le donazioni ogni mille abitanti raggiungono quota 310.

Questo fattore, non uniforme in tutte le Regioni, è indicativo di un fatto: l’infermiere, come specifica anche i recenti protocolli d’intesa sottoscritti da Fnopi con Avis e con le associazioni dei donatori, è promotore di campagne di donazione favorendo l’associazionismo e la fidelizzazione del donatore non solo come una risorsa per la programmazione delle donazioni, ma anche tutelando il donare secondo un altro articolo del suo Codice deontologico in cui si afferma che: L’infermiere promuove la cultura della salute favorendo stili di vita sani e la tutela ambientale nell’ottica dei determinanti della salute, della riduzione delle disuguaglianze e progettando specifici interventi educativi e informativi a singoli, gruppi e collettività.

Che il ruolo dell’infermiere sia importante nella donazione - spiega ancor ala Fnopi in una nota - è anche evidente per un altro aspetto legato allo sviluppo del processo: l’e-health, che può portare alla riduzione del tempo di attesa del donatore e del percorso di donazione e può essere di incentivo alla prenotazione della donazione e miglioramento della programmazione della raccolta. In questo senso la stessa norma che regola le attività di donazione (DM 2 novembre 2015) indica diversi campi di autonomia per la professione infermieristica, sulla base di linee guida e protocolli in continuo aggiornamento

Ad esempio, è un infermiere qualificato che si occupa del triage pre-donazione: verifica l’identità del donatore, controlla peso, pressione sanguigna e frequenza cardiaca del donatore. Lo stesso infermiere qualificato controlla i livelli di emoglobina, ematocrito, conta dei globuli bianchi e delle piastrine. Durante lo svolgimento di queste operazioni verifica anche la completezza del questionario anamnestico e raccoglie il consenso informato del donatore, firmandolo e facendolo firmare al donatore. E se questo ha superato positivamente le prime fasi, il processo si può concludere con l’assegnazione del giudizio di idoneità da parte del medico, anche con impiego di strumenti di telemedicina perché sono state già prodotte le evidenze documentali richieste per l’idoneità.

È necessario per questo – afferma Barbara Mangiacavalli, presidente Fnopi – dare soluzioni immediate alla carenza di infermieri e valorizzare il loro ruolo e le competenze in medicina trasfusionale, sviluppando percorsi formativi specifici, modelli organizzativi di gestione delle attività centrati sulla sicurezza e gli esiti delle cure e modelli di integrazione e collaborazione multiprofessionale per una corretta gestione delle risorse umane sulla base delle competenze acquisite.

Donare il sangue permette di svolgere un ruolo attivo e responsabile da parte dei cittadini e promuove uno stile di vita sano. Il sangue è indispensabile, ad esempio, nei servizi di primo soccorso, di emergenza/urgenza, in molti interventi chirurgici e trapianti di organo e di midollo osseo, nella cura delle malattie oncologiche ed ematologiche, in varie forme di anemia cronica, immunodeficienze, emofilia ecc.

Il sangue è indispensabile per la tutela della salute, donare sangue, come recita lo slogan 2023 dell’Avis, è ‘condividere la vita’ e l’infermiere è essenziale per la sua donazione

Quello della carenza di personale nei centri trasfusionali – commenta il presidente di AVIS Nazionale, Gianpietro Briola – è un tema per il quale, da tempo, chiediamo l’attenzione delle istituzioni. Si tratta di un fattore che incide notevolmente sul nostro sistema di raccolta, ne sono conferma i dati relativi all’ultimo anno che hanno visto in crescita il numero dei donatori, ma in calo quello delle donazioni. Ciò significa che la generosità e l’impegno dei volontari sono sempre garantiti, ma spesso bisogna scontrarsi con le difficoltà della macchina organizzativa.

Nelle scorse settimane, il Senato ha approvato il c.d. Decreto Salute ed Energia: si tratta di un primo passo importante che consentirà l’impiego del personale medico in formazione negli enti e nelle associazioni che svolgono attività di raccolta di sangue ed emocomponenti. Ma la strada è ancora lunga. Per tutto questo sappiamo di avere in Fnopi l’alleato migliore possibile. Il protocollo d’intesa che abbiamo sottoscritto, infatti, punta proprio a rafforzare il ruolo dell’infermiere nell’ambito dell’attività trasfusionale, in quanto ulteriore garanzia di controllo e utilizzo degli emocomponenti. Mi auguro che questa nostra collaborazione possa fornire una spinta sempre maggiore verso il completamento di una riorganizzazione necessaria dalla quale trarranno beneficio tutti gli attori coinvolti: donatori, pazienti, professionisti e sistema Paese.

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