Patto per la Salute come nodo essenziale della politica e della riorganizzazione sanitaria nelle Regioni. In questo, particolare e necessaria attenzione al territorio che è il luogo dove la nuova epidemiologia (aumento di anziani, non autosufficienti e malati cronici) si manifesta. E per l’assistenza sul territorio, proprio nel Patto, l’asso nella manica è l’infermiere di famiglia e di comunità. Su questo sono tutte d'accordo le Regioni presenti all’XI° Conferenza sulle politiche della professione infermieristica che si è tenuta a Firenze il 31 maggio.
Patto per la Salute, infermiere di famiglia e di comunità in pole position
Si è tenuta presso l'FH Grand Hotel Mediterraneo in via Lungarno del Tempio di Firenze l'undicesima Conferenza sulle Politiche della Professione Infermieristica organizzata dalla Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche (Fnopi): un'occasione per discutere sulle nuove prospettive organizzative del nostro sistema salute.
Sul piatto importanti temi che riguardano la politica infermieristica: dalla formazione universitaria - tassello fondamentale per lo sviluppo della professione - alla gestione del personale attraverso i CCNL. Ci si è confrontati, pertanto, sui contratti del comparto e della dirigenza, sui punti critici che li caratterizzano e sulle strategie future per valorizzarli.
Noi ci proponiamo come interlocutori istituzionali delle Regioni e del ministero della Salute, in un momento storico particolare come questo, perché sono in discussione provvedimenti importanti, tra cui il nuovo patto per la salute e una serie di atti programmatori a livello regionale.
L'elemento che tiene insieme tutte queste riflessioni è la necessità di innovare il sistema. Una criticità che è assolutamente fondamentale superare è quella delle risorse professionali.
Dieci anni di contingentamento degli organici e blocco del turnover non hanno fatto bene al sistema, né ai cittadini così come ai nostri professionisti. C'è bisogno di tornare a riconsiderare infermieri, medici e tutte le professioni sanitarie il capitale umano su cui si regge il servizio.
Emilia-Romagna, Toscana, Lombardia, Liguria e Piemonte: la scommessa di queste Regioni, tutte benchmark rispetto al quadro nazionale, è stata quella di istituire (o di essere in procinto di farlo) l’infermiere di famiglia e di comunità.
La Toscana è una delle regioni che più ha valorizzato gli infermieri - ha dichiarato Stefania Saccardi, assessore alla Salute della Regione Toscana - una professione cresciuta facendo un salto di qualità enorme. Abbiamo lavorato per dare alla professione un ruolo nell'organizzazione, attraverso l'istituzione del dipartimento e siamo la prima regione che ha istituito l'infermiere di famiglia, un ruolo chiave anche nella gestione della cronicità
che potrebbe essere da esempio per tutto il Paese
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La sfida, l'obiettivo è comunque sempre quello di avere un sistema sanitario che si muova sempre più verso la tutela della persona sul territorio. Ne è un esempio il Chronic Care Model, un modello che il Piemonte ha già sperimentato e introdotto da tempo - ha spiegato Danilo Bono, direttore della direzione sanità del Piemonte - con risultati eccellenti che descrivono da soli importanza e ruolo della multidisciplinarità e dell’infermiere di famiglia
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Per rispondere ai nuovi bisogni di salute dei cittadini, dunque, è necessario mettere a punto modelli gestionali innovativi anche in considerazione delle competenze che in questi anni l'infermieristica ha acquisito. Ad esempio la proiezione, sotto la responsabilità della dirigenza infermieristica, di attività domiciliari - ha spiegato Francesco Quaglia, direttore del dipartimento di salute e servizi sociali della Regione Liguria - Oppure lo sviluppo dei reparti
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I percorsi vanno disegnati insieme - ha sottolineato Mangicavalli - Bisogna costruire processi, modelli, percorsi e progettazioni e chi si occupa di formazione deve dare un continuum a tutti i professionisti, perché management (più o meno complesso) e clinica (anche con le specializzazioni infermieristiche), non siano disgiunti e perché il percorso sia aderente al panorama epidemiologico e di salute in cui oggi e nei prossimi anni ci troviamo e ci troveremo
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