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cinema e spettacolo

Respira, medical drama che denuncia le condizioni della sanità

di Monica Vaccaretti

Scioperare ad oltranza senza garantire i livelli essenziali di base. È questa la controversa iniziativa, come ultima ratio, messa in atto dal personale sanitario di un ospedale pubblico spagnolo nella finzione di “Respira”, medical drama disponibile su Netflix. Lo sciopero al Joaquin Sorolla di Valencia, poi imitato anche da altri ospedali della città, fa da sfondo principale ai drammi privati e di salute che si intrecciano tra pazienti ed operatori sanitari, stanchi di essere sottostimati e sottopagati, aggrediti e sfruttati. I dipendenti denunciano le condizioni in cui sono costretti a lavorare tra carenze strutturali di organico, turni insostenibili che non lasciano spazio alla vita personale e scarsi finanziamenti alla sanità pubblica, sempre più impoverita a favore di quella privata. Il quadro descritto nella fiction appare così drammaticamente reale, perché le criticità che emergono sia dalle prime scene sono le stesse che vengono denunciate nella realtà attuale in diversi Paesi europei, compresa l'Italia.

Non c'è respiro. Né al lavoro né a casa

In foto il cast di Respira, medical drama disponibile su Netflix.

Lo sciopero diventa il filo conduttore che lega la narrazione di tutti gli otto episodi della prima stagione. È la protesta sindacale, guidata da un medico oncologo, il tema principale attorno al quale ruotano i giorni e i turni, ancor più dei casi clinici anche inverosimili che vengono trattati per dare sostanza al setting e costruire la storia con le vicende di vita e di corsia vissute dai personaggi, tra i quali spiccano medici e specializzandi.

Come da copione, pur cambiando nazioni e città del mondo, anche in questa serie i ruoli assegnati agli infermieri restano marginali, ad esclusione della coordinatrice del Pronto soccorso che si dà un gran daffare e sembra lavori solo lei per tutto il suo personale.

Lo sciopero è centrale nei discorsi tra colleghi, persino nelle pause caffè, e il tema di come portalo avanti, sino a che punto, unisce il personale medico ed infermieristico nelle comuni rivendicazioni sindacali.

Diventa ad un certo punto divisorio quando si propone di andare oltre la normativa vigente che autorizza a rivendicare i propri diritti di lavoratori assicurando tuttavia la presenza di un contingente minimo di personale così da garantire un livello base di assistenza ai pazienti. Di fronte alla prospettiva di osare troppo e di rischiare il posto di lavoro, oltre che di essere perseguiti penalmente, alcuni sanitari si dissociano mettendo in rilievo questioni di natura deontologica.

Ritengono che scioperare in questo modo, sebbene si pensi di ottenere finalmente quanto spettante e pur nella contezza delle proprie sacrosante ragioni, significhi mettere seriamente a rischio la vita delle persone.

Nessun giuramento professionale lo consentirebbe, nessuna coscienza lo accetterebbe davvero di fronte ad un paziente in pericolo. Ecco allora che lo sciopero inteso non soltanto come incrociare simbolicamente le braccia per qualche ora, ma proprio non fare più davvero niente, diventa improponibile ed inaccettabile.

Alcuni, non perché più timorosi ma soltanto più coerenti con il proprio credo e rispettosi della legge, se ne distaccano permettendo comunque agli altri colleghi di continuare nei loro propositi senza denunciare ai superiori le vere intenzioni del gruppo che rischiano di avere ricadute disastrose sui cittadini.

In attesa dello sciopero, la situazione degenera quando uno degli specializzandi, lasciato solo in sala operatoria durante un delicato intervento dal chirurgo mentore chiamato con urgenza ad un altro tavolo operatorio perché non c'è nessuno che possa sostituirlo, si suicida gettandosi dal tetto dell'ospedale. Si sente responsabile della morte della giovane paziente, sommerso dai sensi di colpa e dalla frustrazione di non sentirsi adeguato al ruolo di medico.

Si sente un fallito. Capisce che è un lavoro per il quale non è tagliato. Va in commissione disciplinare, vuole licenziarsi. Non glielo permettono, lo fanno tornare a lavorare. Pur sostenuto dai colleghi, non regge al devastante carico emotivo, chiede aiuto alla collega psichiatra quando realizza di essere sul punto di non ritorno dopo un altro attacco di panico mentre è in turno. Ma la psichiatra è piena di pazienti, non ha tempo e gli chiede di tornare più tardi. Lui non ha più tempo e decide di farla finita, morendo due giorni dopo in Terapia Intensiva.

Il dramma del giovane medico, che sconvolge tutti i colleghi, evidenzia ulteriormente le criticità lavorative cui viene sottoposto, senza sosta e senza soluzione, il personale così che l'intenzione di uno sciopero totale e totalizzante riprende vigore ed accende gli animi. La situazione precipita ulteriormente quando un’importante personalità politica, la presidente della regione appartenente ad un partito di destra, prende di mira l'ospedale valenciano per applicarvi il suo innovativo modello di privatizzazione della sanità.

Neppure il fatto di essere stata operata e curata in maniera eccellente nell'ospedale pubblico dopo la diagnosi di un tumore maligno riesce a farle cambiare idea sul valore dell'assistenza pubblica ed universalistica e a prendere in considerazione le proposte avanzate dai lavoratori che difendono strenuamente il sistema e chiedono migliori condizioni contrattuali e salariali.

Quando arriva il giorno proclamato per lo sciopero, soltanto una maxiemergenza che invade di pazienti il Pronto soccorso del Joaquin Sorolla - perché tutti i feriti vengono dirottati lì per la chiusura degli altri ospedali che hanno aderito in massa alla protesta – fa rientrare in servizio buona parte del personale. La prima a riprendere il suo posto è la coordinatrice infermieristica. Tutti salvano vite, come sanno fare.

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