Evoluzione professionale infermieristica, competenze e motivazione, relazione medico-infermiere: il futuro che ci aspetta
Riflessioni molto attuali sull'evoluzione della professione infermieristica, sulle competenze, la motivazione e la relazione medico-infermiere oltre che gli aspetti organizzativi, è quello che è emerso dai pensieri del Dr. Felice Marra autore di numerosi volumi sul mondo sanitario e infermieristico.
Abbiamo già parlato in un editoriale della Professione infermieristica, nuovi percorsi di sviluppo di carriera e della necessità di costruire nuovi percorsi di carriera per le professioni sanitarie con un nuovo percorso contrattuale, prevedendo una linea che parta dalla base e possa raggiungere il livello specialistico professionale.
Quali sono secondo Lei le prospettive in base alle ultime evoluzioni sul comma 566, lo sviluppo della carriera infermieristica, competenze e le specialistiche etc.?
— Abbiamo oggi una prospettiva di carriera anacronistica, direi bloccata da anni sulle professioni infermieristiche dove l’unico sbocco è uno sbocco di management ovvero il coordinamento. L’area che attualmente è bloccata sono le evoluzioni professionali, bloccata perché le categorie stesse del contratto sono anacronistiche. È importante riuscire a sviluppare una linea professionale che possa arrivare anche a diverse graduazioni di apporto professionale specialistico e che consentirebbe uno sviluppo delle competenze negli infermieri permettendo anche delle prestazioni più complesse, e molto vicino al campo medico classico. Si dice tanto di lavorare in una forma “integrata” e di équipe quando in realtà non sempre è così.
Questo permetterebbe uno sviluppo delle carriere professionali arrivando anche a figure infermieristiche di alta specializzazione e di estrema utilità per i bisogni della popolazione, che richiede la gestione di una complessità prima non emersa. Io vedo molto favorevole l’evoluzione infermieristica e l’applicazione del comma 566, certo che insieme a questa misura deve assolutamente seguire una ristrutturazione anche del contratto collettivo del lavoro che costruisca i percorsi.
Parliamo di motivazione personale, sviluppo delle carriere sia contrattuale ma anche da un punto di vista personale e professionale.
— Parto sempre da un esempio a me caro: “se arrivasse un disco volante con degli alieni su questo pianeta e ci chiedessero: qual è il lavoro più importante che producete sulla terra? Arrivano quindi un imprenditore che produce merendine, pasta etc, poi arriva un altro che costruisce automobili e poi arriva un infermiere che dice io produco salute, assisto gli ammalati e gli anziani, mi occupo della salute dei miei cittadini!” Alla fine l’extra terreste conclude dicendo: bene questo è il lavoro più importante che viene fatto nel vostro pianeta!”
Dobbiamo partire da questo presupposto e convincerci che chi lavora in sanità fa il lavoro più importante di una comunità.
Purtroppo negli anni abbiamo perso questa profonda consapevolezza. È stata un po’ messa da parte questa verità per diversi motivi che vanno dalle tensioni organizzative a quelle relazionali, che hanno fatto concentrare l’attenzione più su aspetti di natura e manageriale tralasciando quello che ritengo sia la “mission” del nostro lavoro.
Dobbiamo rifocalizzarci sulla verità di chi siamo veramente, ovvero persone che svolgono un lavoro importantissimo e da qui possiamo costruire una nuova motivazione che io chiamo un “valore di utilità” che ci consente un miglioramento e un apprezzamento sulle cose che facciamo.
A questo deve emergere un cambio anche culturale, in Sanità non deve sempre emergere l’errore, ma deve risaltare quotidianamente il lavoro utile ed essenziale che viene fatto, serve l’abitudine del management a valorizzare ogni giorno i risultati positivi che vengono messi in campo dagli operatori.
Spesso i professionisti vengono presi in considerazione solo quando accade un errore, quando c’è uno sbaglio; tutte le altre volte che fa bene nessuno se ne accorge. Noi abbiamo un'occasione importante per cambiare questo modo di fare che può accendere una nuova motivazione.
In Toscana la legge Regionale sui futuri accorpamenti delle Asl sta iniziando a implementarsi e con il nuovo anno sarà pienamente a regime. Prospettive di cambiamento del servizio sanitario cosa ci dobbiamo aspettare?
— La partita si giocherà sulla capacità di pensare a una visione che sia meno sugli apparati e strutture e più una visione umanistica sulle persone. Questi i due livelli di sfida.
Credo che in Italia in generale e l’organizzazione che c’è stata fino ad ora sia molto strutturale e di apparato quindi riuscire anche a riorganizzarsi dando meno “importanza” a questi apparati può essere una carta vincente solo se vi sarà un investimento forte nelle professionalità e investendo sulle competenze e qualità delle persone impegnate in Sanità.
Se l’organizzazione punta solo a una riorganizzazione strutturale rischia di avere dei problemi, ma se si accompagna a una visione umanistica e premiante basata sulle competenze vere e accertate può essere una carta vincente.
Vorrei meno strutture e apparati e più qualificazione e valorizzazione delle persone, può succedere che l’organizzazione “schiacci” le persone con le sue capacità e competenze. Questa può essere un'occasione importante che serve a ridurre gli sprechi e ridurre l’organizzazione da un punto di vista strutturale per costruire delle linee professionali più forti con maggiore capacità di risposta e specializzazione.
Meno struttura gerarchia e più linee professionali che possano dare l’esempio, garantire l’omogeneità e far emergere le eccellenze. Ad esempio l’eccellenza di un territorio o una provincia può essere di esempio per le altre in un contesto macro piuttosto che chiuso, però la partita si gioca su questi due elementi. Io vedo quindi questa nuova ristrutturazione con favorevole interesse se è accompagnata da un'evoluzione delle professionalità .
Relazioni medico infermiere, integrazione interprofessionale, équipe. Spesso sono belle parole che rimangono sulla carta. Sappiamo invece quanto è essenziale questo concetto per rispondere al sempre più complesso bisogno di salute del cittadino.
— Dobbiamo superare questa vecchia tendenza delle aree di “esclusiva competenza” di una professione rispetto all’altra. Aprirsi a nuovi scenari e nuove sfide che ci attendono, guardando magari anche ad altre esperienze fuori Italia dove i risultati sono molto buoni.
Non possiamo più permetterci una netta distinzione e classificazione fra il medico e l’infermiere in una società che aumenta sempre di più la domanda socio-assistenziale, una domanda sempre più complessa in uno scenario che presenta una popolazione over 60 e risorse sempre minori da dedicare in sanità.
La relazione medico-infermiere io la vedo in una evoluzione nella concezione della risorsa umana, non più in termini quantitativi e di identità, ma in termini qualitativi e di capacità. Noi dobbiamo passare dall’etichetta e identità alle capacità e qualità. Se una persona è capace e ha una preparazione per fare le cose anche più complesse, deve essere messa in grado di svolgere il suo lavoro, senza ostacoli quindi il medico e l’infermiere devono integrarsi per riuscire a dare quella risposta complessa.
Non devono vedersi come due unità contrapposte. Non si risolvono in punta di diritto o di responsabilità perché spesso ritorniamo alla concezione classica del diritto e della responsabilità che non permette poi queste relazioni e integrazioni. Dobbiamo parlare di responsabilità collettiva e di équipe, i risultati non devono essere visti solo come un qualcosa di individuale, ma è il risultato positivo e il frutto di un lavoro condiviso e unito.
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