Sostenere madre e bambino nell’esperienza dell’allattamento, individuando e rispondendo ai loro bisogni in modo personalizzato: ecco l’importanza dell’infermiere consulente per l’allattamento.
Consulente per l’allattamento, una figura specializzata
Un’esperienza naturale, ma al tempo stesso per nulla semplice e scontata: l’allattamento al seno può talvolta mettere a dura prova le mamme, al punto da aver bisogno di una figura professionale che le accompagni, mentre muovono i primi passi in questa avventura. Fornire il giusto supporto, mostrando loro come nutrire i bambini e aiutandole a risolvere eventuali problemi, può quindi essere determinante per la buona riuscita dell’allattamento. È così che la presenza ˗ in contesti assistenziali neonatali o comunque pediatrici ˗ di infermieri con una formazione specifica a riguardo gioca sempre di più un ruolo chiave.
Indicato come il miglior alimento atto a garantire una crescita e uno sviluppo sani, il latte materno ha moltissimi benefici per i bambini; l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) raccomanda infatti l’allattamento al seno esclusivo fino al compimento del 6° mese di vita, sottolineandone l’importanza nella dieta anche dopo lo svezzamento, fino ai due anni e oltre, o comunque fino a che mamma e bambino ne sentano il desiderio.
Ma se è vero che allattare è per alcuni versi un istinto naturale, per altri è decisamente un comportamento appreso, e come tale può andare incontro alle problematiche più svariate. Dalle difficoltà di attaccamento o di suzione del bambino, alla comparsa di ragadi sul seno materno, alla mancanza di un valido sostegno in ambito familiare fino a non richieste ingerenze da chi pretende di saperne di più.
La vita della madre “nutrice” può, in un periodo già di per sé delicato, essere messa a dura prova. Se poi si trova in un contesto di particolare fragilità come la terapia intensiva neonatale, una mamma potrebbe interrompere l’allattamento a causa del distacco che inevitabilmente subisce dal suo bambino nato prematuramente.
Queste mamme dal punto di vista psicologico sono molto fragili, spesso hanno avuto un cesareo d’emergenza e i figli vengono loro portati via senza che abbiano prima l’opportunità di vederli. Così si svegliano dall’anestesia generale senza pancia e senza figlio e lo rivedono in terapia intensiva, magari dopo due o tre giorni dal parto e non riescono neanche ad avvicinarsi
afferma Patrizia Amadio, infermiera e consulente per l’allattamento presso la terapia semi intensiva neonatale dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù.
In questi casi c’è un lavoro sia pratico sia psicologico da fare e bisogna prima lavorare sulla mamma per poi arrivare al bambino – continua -. L’approccio deve essere sicuramente molto delicato, perché i bimbi restano ricoverati per tanto tempo e a volte non possono subito cominciare ad alimentarsi al seno, per cui le mamme devono tirare il latte per periodi anche molto lunghi. Ma è fondamentale far capire a queste mamme che quando il bambino è in ospedale, il latte materno non è solo importante, ma fondamentale quanto può essere un farmaco
.
È in questo scenario che entra in gioco il consulente per l’allattamento, figura ormai riconosciuta a livello internazionale e sempre più presente anche in Italia; non un vero e proprio titolo ma una certificazione che l’International board certified lactation consultant (Ibclc) rilascia dopo un percorso di formazione teorico-pratico, diverso a seconda della formazione di base, e una prova d’esame.
Ci possono essere diverse figure professionali che si occupano di allattamento - continua Patrizia Amadio - qui in ospedale ad esempio, ci sono io come infermiera e il dottor Salvatori che si occupa della parte medica. Noi lavoriamo sostanzialmente su due fronti diversi, perché io mi occupo maggiormente degli aspetti pratici del facilitare le mamme che hanno problemi con l’allattamento, mentre lui si occupa della parte più prescrittiva e in generale dell’alimentazione dei bambini
.
Opportunamente formato, il consulente per l’allattamento possiede, infatti, le capacità e le conoscenze adatte per individuare e riconoscere i bisogni della coppia madre-bambino, favorirne una buona sincronizzazione e trovare insieme le modalità migliori per assicurare una nutrizione adeguata, riducendo di conseguenza tutti quei rischi che potrebbero inficiarne la riuscita.
Io penso che in un ospedale e ancora di più in una terapia intensiva neonatale dovrebbe esserci un consulente per l’allattamento. È una figura molto importante
Per l’infermiere, in quanto professionista che più di tutti gli altri è vicino a paziente e famiglia, diventa fondamentale essere in grado di svolgere al meglio il proprio ruolo, anche attraverso il sostegno all’allattamento, adattando di volta in volta la consulenza allo specifico caso.
Ogni caso è a sé – dice ancora Patrizia Amadio – per cui bisogna fare una consulenza specifica a seconda della persona che ci si trova davanti. Non può essere uguale per tutti, perché si può avere anche lo stesso problema, ma affrontarlo poi in maniera diversa
. È per questo che quella di consulente per l’allattamento è una certificazione che richiede un rinnovo quinquennale che passa attraverso la formazione continua, così da garantire sempre l’aggiornamento delle competenze dei professionisti e di conseguenza la loro idoneità a favorire la buona riuscita dell’allattamento materno.
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