Nurse24.it
chiedi informazioni

testimonianze

Il mal d'Africa di un infermiere

di Chiara d'Angelo

a1005f8e615c6cea34da62a85ca9af3a

UDINE. Quante volte abbiamo sentito parlare di "Mal d'Africa"? Si tratta di una patologia trasversale nella sua diffusione. Non conosce limiti di età, di provenienza geografica (possono soffrire di Mal d'Africa anche gli africani), di ceto sociale o di categoria professionale (ne soffrono scrittori, giornalisti, missionari, medici, infermieri, psicologi; persino Jung, uno dei padri fondatori della psicoanalisi, venne colto dal morbo in Africa Orientale). Diamo voce ad un mal d'Africa "infermieristico", con Francesco Falli.

 

Capita così di rado che gli infermieri facciano delle esperienze professionali ed anche personali all'estero, talvolta in realtà molto lontane dalla nostra. Quante e quali sono state le tue Francesco?

Sono state tre, ma una è quella principale, ed è stata l'esperienza egiziana (1986-1988); mentre nei primissimi Anni Novanta ho seguito la mia compagna del tempo, esperta della ICRC (Croce Rossa Internazionale), in due esperienze affrontate da lei, in Pakistan (Quetta)ed in Bolivia (La Paz). In Pakistan si agiva in un presidio trasformato in ospedale di guerra che accoglieva, subito oltre confine, i mujahidin feriti, protagonisti della lotta con l'Unione Sovietica, al tempo uno Stato in fase di avanzatissimo dissolvimento. A La Paz il progetto era più dedicato alla organizzazione della sanità locale, purtroppo molto in difficoltà, ricordo bene bambini prossimi alla malnutrizione...e scenari fantastici, paesaggi indimenticabili. In Egitto invece ho lavorato e vissuto quasi due anni, inserendomi benino in un tessuto non semplice, ma affascinante: premetto che all'epoca l'Egitto era di certo il Paese arabo più tollerante ed aperto alla cultura occidentale.

 

 

La struttura di quella missione?

Nel 1986 avevo 25 anni, quando inoltrai il mio curriculum vitae a Roma, al Ministero: era mia speranza partire come 'esperto' retribuito perchè avevo appena acquistato una casa con mutuo, che andava pagata...ma a Roma mi fu chiaramente spiegato che l'unica possibilità di partenza era come volontario. Per me andava bene, poichè la mia prima motivazione era davvero la voglia di conoscere nuove realtà, nuovi Paesi.

 

 

Eppure di li a poco ti hanno chiamato come esperto, giusto?

Sì. Nell'estate 1986 giunse inattesa la chiamata di un ministeriale che, alquanto misteriosamente, mi proponeva l'ingaggio come 'esperto' per una zona africana destinato al Cairo, in Egitto, membro ''esperto'' di un team di rianimazione. Egitto paese fascinoso, ricco di storia. Il 1° settembre mi imbarcai sul volo Alitalia che mi avrebbe portato in Egitto; il mio inglese era scarso e la conoscenza della lingua araba era pari a zero ma al Ministero dissero che non era affatto importante.

Perchè proprio io? Me lo disse il ''Capo'': una delle colleghe ultime arrivate era digiuna di rianimazione, e un episodio scatenò le sue ire: appena le venne mostrato un nuovo tipo di tubo endotracheale, alla collega sfuggì la seguente esclamazione “certo, è ben strana questa sonda per clisteri..”. Così, effettuate da parte del capo le chiamate di fuoco per smuovere i ministeriali, questi frugarono meglio fra i dossier, e dal mio emerse il ''diploma di assistenza specialistica in anestesia e rianimazione'',il...master preistorico.

 

 

E tornando alla sanità?

Sicuro! La nostra missione aveva aperto un Centro Dialisi ormai ben avviato e pronto alla totale consegna ai locali; restava ben attivo il progetto della Rianimazione, con materiali e arredi faraonici (del resto, eravamo in Egitto!). Respiratori con annessi computer metabolici collegati all'espirazione del malato, cose mai viste in Italia nel 1986, insomma molte dotazioni, ma un piccolo neo....mancava l'ossigeno centralizzato, e ogni ora era un aprire e chiudere bomboloni giganteschi di ossigeno!

Il concetto fatalistico dell'Islam era quasi contrario al concetto stesso di 'resuscitare' qualcuno, al concetto della rianimazione acuta: se Allah ha deciso che devi morire, beh...perchè urtare la sua volontà?E poi esistevano problemi di approccio filosofico/pratico, tutti esplosi nella collaterale missione sulla donazione del sangue,che era stata progettata semplicemente ''nel posto sbagliato al momento sbagliato''.

A Roma avevano pensato bene di aprire un Centro trasfusionale, basato sulla donazione volontaria: peccato che in Egitto, come in tanti altri Paesi del Terzo mondo, il sangue venisse ceduto dietro regolari tariffe governative di rimborso al ''donatore'' ...come avrebbero potuto questi stranieri, peraltro pure infedeli, convincere un povero venditore di sangue cairota a regalare una delle pochissime fonti di reddito in proprio possesso? Il responsabile del progetto, inizialmente disperato, si riciclò in magico e straordinario trainer per i tecnici egizi del trasfusionale, e formò tanto personale sanitario che da lui apprese veramente tantissimo. Il dottor Umberto B. è un uomo eccezionale, e tutti coloro che hanno avuto il privilegio di lavorare con lui lo ricordano così, egiziani ed italiani.

 

 

Ci descrivi la situazione che hai trovato sul posto riguardo al personale?

Lavoravamo vicinissimi ai colleghi egizi,come loro trainer di rianimazione: essi erano poco più che missionari, anche i medici erano assai malridotti; divise semidistrutte e preparazione non omogenea; economicamente abbastanza maltrattati.Diritti scarsissimi. I medici ritenevano NORMALE percuotere un pò un'infermiera non pronta ad applicare un loro ORDINE.

Gerarchia fortissima, tensione altrettanta. Poi tutto svaniva all'ora del thè, era una continua, ininterrotta, pausa thè. Noi eravamo amati, ammirati perchè 'differenti'', secondo loro più 'liberi'', ma eravamo, credo, anche odiati, troppo invidiati per i nostri stipendi davvero lauti rispetto ai loro. Il motivo del loro “odio” era perchè noi, INFERMIERI e dunque secondo la loro divisione della società in caste, esseri INFERIORI, eravamo pagati circa 10 volte più di loro.

 

 

Ricordi una criticità in particolare?

Beh, sul materiale, un capitolo importante: il Ministero italiano donava tutto all'Egitto. Intanto la dogana del Cairo rilasciava i doni del nostro Governo solo dopo il pagamento (di noi italiani!) di tasse d'importazione e gabelle di ogni tipo, ritardando di molto ogni spedizione e relativa consegna. Oppure capitava che nelle attrezzature qualcosa si rompesse: bene, fra segnalazione di rottura e sostituzione effettiva trascorrevano in media 8 o 9 mesi.

 

 

E dei colleghi italiani che operavano con te, cosa mi racconti?

Sul versante professionale, fu una strepitosa esperienza formativa: eravamo 6 Infermieri provenienti da 6 diverse città, da 6 distinte Rianimazioni d'Italia. Ognuno di noi forniva ai colleghi egiziani informazioni non sempre analoghe, e così il loro coordinatore ci disse che prima noi avremmo dovuto accordarci su cosa trasmettere ai nostri ''studenti''..fu uno smacco,vero, che ci obbligò a ritarare tutto e a scrivere, fra noi 6, nuovi protocolli di lavoro, a condividere cose anche banali per poter parlare tutti un linguaggio didattico identico.

Fu la mia ''prima volta' in cui mi convinsi veramente, sul campo, del grande valore dei protocolli e delle procedure operative. Fra tutti conservo nel cuore Nevio, un collega friulano molto gentile e cortese, professionalmente capace, prematuramente scomparso poco dopo il ritorno a casa, e Gabriella, di Cremona, molto decisa in un contesto dove, come donna, partiva...svantaggiata parecchio!

 

A distanza di anni, quali altri aspetti ricordi particolarmente?

L'alba a Giza, dove sono le tre piramidi principali. Alle prime luci, da ogni moschea, da ogni minareto, saliva il canto dei muezzin, per la prima delle cinque ''chiamate di preghiera''. Una sensazione impressionanate, di coralità, di mistero: la pelle d'oca ce l'ho ancora, basta pensarci. Ricordo indelebile anche la mitica Città dei morti, quartiere precluso ai turisti, che era diventata per noi una vera passione, viva e vitalissima nonostante il nome. Ragionando, capii in fretta che la vita offre casualità inaudite e a seconda del tuo luogo di nascita sei fra chi vive e fra chi sopravvive: come moltissimi egiziani, come molte donne, viste ai semafori trascinarsi fra un'auto e l'altra, apostrofate da tanti con il termine di shermuta (puttana): unica colpa? Essere donna e sola, spesso abbandonata dal marito, o vedova.

 

 

Com'è andata a finire?

Non ho saputo piu' niente del progetto rianimazione al Cairo. Partii dopo quasi due anni, sereno ma un po' deluso per non aver potuto contribuire ulteriormente ad equilibrare, almeno nel nostro gruppo, le varie ED eccessive differenze. Nel 1996, ritornato al Cairo da turista, di passaggio verso Abu Simbel, ho evitato di visitare il 'mio' ospedale... la polvere ha coperto tutto...e chissà, coi fatti delle recenti insurrezioni anti Mubarak e ancora coi morti di piazza di questo 2013 può essere accaduto di tutto.

Con un mio amico locale, Ashraf, ci scrivemmo fino al '94. Mi racconto' di un abbandono totale del programma da parte italiana: non a caso nel turbine di Tangentopoli 1992 la Cooperazione italiana finì coinvolta, ad esempio, per strade che dal deserto somalo portavano al nulla. Anche la missione egiziana venne analizzata, ma non ci furono conseguenze.

Sono ancor oggi, e sarò sempre, in debito con l'Egitto e gli egiziani: essi mi hanno aperto il cuore, le loro case, il loro animo; una cultura speciale in molti di loro. Spero sia migliorata, anche se ne dubito, la condizione delle donne, davvero in difficoltà e sottomesse. Ho svolto con onestà intellettuale il mio compito, ma credo che ci sia stato uno spreco di risorse non comune: a vantaggio della sanità egizia, tutto avrebbe potuto esser gestito meglio. In particolare, io ho potuto aprire il mio cuore e la mia anima al diverso, all'altro da sè: sono tornato a casa, e nella mia Rianimazione, non necessariamente migliore di quando sono partito, ma sicuramente diverso, e consapevole di aver vissuto un'esperienza rara. Questa è stata, in assoluto, la migliori retribuzione mai ricevuta.

Infermiere
Scopri i master in convenzione

Commento (0)