Oggi piove. Barcellona mostra il suo volto più grigio. Niente di che, una pioggia primaverile, ma che disegna all'entrata del Centro congressi, una teoria di ombrelli, per lo più acquistati all'ultimo minuto, sotto i quali gli infermieri cercano di ripararsi pronti per una ennesima giornata di lavori, che vedrà, come sempre, dispiegarsi interventi e ricerche lungo un tema importante. Questa volta si parla della sicurezza del paziente e dell'infermiere, inscindibili su di un piano etico, professionale e sanitario.
Sicurezza di paziente e infermiere, l’Icn entra nel vivo
Mi preparo a saltare da una sessione all'altra dell'International Council of Nurses al fine di recepire maggiori informazioni possibili. Non sono il solo. In qualche caso, a lavori iniziati, le porte rimangono inesorabilmente chiuse. Per lo più c'è un certo andirivieni che rompe un po' l'atmosfera ieratica congressuale e alimenta un senso di familiarità diffusa. Lo spazio in cui maggiormente ci si lascia andare è quello dell'area degli stand degli espositori vari. È divisa in due sezioni: una a disposizione in prevalenza dei i vari collegi regionalisti della Spagna e l'altra per i convenuti internazionali e gli immancabili sponsor.
La caccia al gadget migliore è aperta oramai da giorni e si arraffa di tutto. Penne, matite, spille di varie associazioni, libri, taccuini e ciarpame vario. Si mangia di tutto. Il "jamon serrano" dell'Andalucia e il vino di Jeres de la Frontera, gli yogurt della Danone e l'olio biologico dell'azienda agricola tipica. Vino rosso compreso. Ma gli stand non sono solo gadget e spuntini. C'è quello degli infermieri contro le dipendenze, quello dell'infermiera di comunità e quello dell'infermeria del lavoro, tanto per rimanere in tema. Parlo con il collega addetto, di quest'ultimo, e mi spiega che questa è una specialità professionale nuova, che costruisce un sapere e una pratica assistenziale che si rivolge alle aziende, alle istituzioni, ai sindacati e, non ultimo, al lavoratore stesso.
Mi avvicino al banchetto della Feppen, Federacion panamericana de professionales de enfermeria, dove una infermiera peruviana mi spiega come sia molto sentito il problema della migrazione esterna, la fuga di professionisti che vanno in un paese dove guadagnano di più: dal Perù alla Colombia, da Guatemala agli Stati Uniti e così via. Un fenomeno conosciuto come brain drain, che toglie risorse a chi vi ha investito formazione, ricerca, aggiornamenti. Un problema serio, che non risolve la questione della carenza infermieristica in generale, e della trappola della povertà in particolare per i paesi più poveri. Una gerarchia economica delle migrazioni che comporta guerre fra poveri, sfruttamento, alienazione. È successo anche in Italia quando, durante il boom, il Sud fu "spogliato" di quasi cinque milioni di persone che emigrarono nel triangolo industriale. Sicurezza dei pazienti, qualità delle prestazioni, ritmi di lavoro pesanti, contratti precari. Gli infermieri non ne sono esenti, in Italia e ancor più altrove.
Mi congedo dalla collega mentre una colonna di infermiere messicane ci sta raggiungendo cantando beatamente cielito lindo. Sono irresistibili e un paio di volontari dell'organizzazione cercano di contenerle. Già, i volontari. In questi giorni diverse centinaia di ragazzi e ragazze - tutte studentesse di infermieristica - hanno garantito il buon andamento dei lavori. Presenti ovunque, preparate ad accogliere chiunque, valide e professionali. Sono qui gratuitamente (salvo rimborso viaggio, alloggio e pasti) per fare esperienza. Tutti indossano una t-shirt arancione e rappresentano l'infermieristica di domani, portatrice dei valori del volontariato, ma anche di un'etica del lavoro che si carica di dettami scientifici, ripetuti in diverse sessioni, a ricordare come le tesi di Aiken legano strettamente gli esiti negativi assistenziali alla qualità delle prestazioni e alla numerosità dei professionisti.
Anche per oggi la giornata volge al termine. Lascio i lavori e mi dirigo verso il porto, a prendere un po' d'aria fresca per riordinare le idee. Non ce n'è bisogno, mi fermo sul lungomare, nei pressi del Palazzo delle Poste, ad osservare la Cara de Barcellona, scultura del 1992 di Roy Lichtenstein, l'artista della pop art che negli anni Settanta, in stile fumetto, ha disegnato il celebre volto di un'infermiera bionda spaventata. In questa immagine, al limite dello stereotipo si può condensare il senso del pericolo, la gestione del rischio, gli esiti sensibili dell'assistenza infermieristica? S'è fatto fresco, e mi avvio verso l'albergo.
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