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Pet Therapy? Sì, ma parliamone

di Marco Alaimo

Gli animali hanno una loro dignità e vanno protetti dai nostri desideri di vederli perfetti. C'è il rischio di una eccessiva lettura dei bisogni nostri su di loro. L’animale fa parte del nostro mondo emotivo, ma proprio perché è diverso da noi ha bisogno di essere riconosciuto nella sua individualità e non umanizzato.

Terapia assistita con animali: il pensiero di Francesca Mugnai

Pet therapy, aiuta e rinforza le tradizionali terapie

Dobbiamo stare attenti perché la pet therapy sta diventando mercificata e noi "lottiamo" affinché sia professione di cura fatta da curanti per chi deve essere curato. Abbiamo affrontato tempo fa l'argomento della Pet therapy dove si ribadiva a proposito di animali che: "rispettarli vuol dire prima di tutto ascoltare i loro passi e ritmi..niente di più". Quando si parla troppo di un determinato argomento, a volte sfugge il filo logico e il senso vero del percorso e prevale l’emotività, l’empasse.

Così mi sembra adesso sulla materia degli Interventi Assistiti in cui, oltre a una ancora timida e talvolta contradditoria riconoscenza legislativa, manca soprattutto un pensiero sulla complessità, un’armonia di concetti e di riferimenti e percorsi. Lo dico da tempo e lo penso in realtà da sempre, ossia dall’inizio del mio avvicinamento alla pet therapy negli anni ’90.

Chi come me ha una formazione in primis filosofica, non ha paura delle idee, del rigore, dell’inizio e della fine di un pensiero logico astratto, dei limiti del non capire o etichettare subito tutto, conoscendo bene le difficoltà e le necessità di far crescere i percorsi solo se questi sono segnati da un pensiero razionale e accurato, che necessita di tempo e di riflessione e confronto.

Accade però stranamente che quando si parla di animale, tutto questo si blocchi, si invertano le categorie razionali e sparisca il buon senso. Si arriva addirittura ad inventare le cose. Insomma: un pensiero all’ingiù!

Appare così difficile definire ruoli e confini, non sulla carta o sui protocolli, di questo lavoro, ma nella realtà delle cose. E alla fine si genera un caos in cui tutti fanno tutto per chi o per che cosa spesso non si sa, tanto meno si conosce il come. Si parla di stili personali, di scuole, modelli, ma senza sperimentare, senza confrontarsi, senza aver fallito tanto e, tante volte, senza dubitare quale sia la strada giusta. Perchè anche il fallimento ha un ruolo fondamentale in questo percorso, come in tutto del resto.

Immagino che in pochi nella opinione pubblica, in chi ascolta e si commuove ed emoziona vicino al viso di un bambino e un cane, sappia quanto e quale lavoro, fatica e qualità intellettuali e di mente stiano dietro quell’incontro, in quei soggetti a quattrozampe e nei loro bipedi! Ma il mio non è un desiderio di riconoscimento di un percorso: andiamo avanti da anni su un modello complesso e lungo, sperimentato nella sanità pubblica e riproposto in molti altri contesti di cura ,e questo sta dando moltissimi e positivi risultati, nella formazione e nella prassi.

E’ quindi fondamentale per chi opera in questo settore essere curati nella mente, avere una formazione che sia un processo di crescita, non una manciata di ore senza capo nè coda. È necessario poi un dialogo costante e uno scambio con il proprio gruppo formato con un modello di riferimento e capace di raccontarsi, di mettersi a nudo in un lavoro, bellissimo, ma che va troppo dentro le corde delle emozioni.

Il mio è un pallido ottimismo in fin dei conti e vedendo le tante buone pratiche e i buoni progetti poco “urlati”, c’è da ben sperare. Gli sguardi dei genitori, i sorrisi e la crescita dei bambini, le parole degli anziani o le intenzioni dei ragazzi difficili ci fanno capire che tutto sta andando nella strada giusta.

Gli animali portano relazioni. Con loro proponiamo pezzi di noi, ci mettiamo a nudo. Dobbiamo prenderci cura di chi cura per primo, con buona formazione, buon pensiero e tanti tanti dubbi, con onesta è semplicità (Francesca Mugnai)

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