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Editoriale

Infermieri e concorsi: c'è sempre una prima volta

di Sara Di Santo

StudentessaInfermiera

L'infermiere neolaureato tra bandi di concorso e la ricerca di un posto di lavoro

Cosa succede ad uno studente di Infermieristica che, dopo tre anni di corsi universitari e chilometri di corsie ospedaliere, si trova a dismettere la divisa da tirocinante?

In quello che sembra proprio non essere un paese per giovani, affrancarsi dallo status di studente e avviarsi lungo la strada della professione è tutt'altro che semplice; ma quella della complessità è una sfida alla quale l’Infermiere è chiamato (e risponde) fin da che tempo è tempo.

Prima ancora di far parte di un sistema sanitario inteso come organizzazione di istituzioni e risorse, più o meno efficiente che sia, l’infermiere incontra il sistema complesso per eccellenza: la persona. Chi sceglie di intraprendere questo percorso lo sa, sa che è così da sempre, indipendentemente dal periodo storico o dal livello di inadeguatezza, corruzione o connivenza con cui le forme di governo innaffiano la società.

Sono tante le difficoltà che un neolaureato in infermieristica si trova ad affrontare durante la ricerca del lavoro.

Sono tante le difficoltà che un neolaureato in infermieristica si trova ad affrontare durante la ricerca del lavoro.

Ciò che forse il nostro neolaureato in Infermieristica non sapeva è che avrebbe dovuto letteralmente lottare per un trovare un posto di lavoro.
A dirla tutta, la lotta inizia fin dal momento in cui si dovrà iscrivere ad un concorso pubblico: l’università l’ha preparato ad affrontare la tecnica, ad aver cura dell’altro, a riconoscerne il dolore e a sollevarne la vita, ma tenere continuamente monitorati siti internet e bandi di concorso, compilare domande d’iscrizione spesso cervellotiche e per di più a volte a pagamento, non è una cosa su cui ha potuto fare pratica.

L’infermiere neolaureato (così come tutti i suoi colleghi con alle spalle già tanti anni di servizio) si scontra quotidianamente con un’opinione pubblica spesso ostile nei confronti di qualsivoglia residuo di speranza in un cambiamento possibile, nel mondo sanitario e in generale, il che non rende certo leggero l’approccio alla sfera del lavoro.

Si “scontra” (quando quella che ha ricevuto e scelto, all’opposto, è una formazione all’incontro) con bandi di concorso a volte difficili da reperire, con la compilazione di un curriculum vitae che, fresco di università, sembra sempre troppo scarno, con altre migliaia di infermieri che affollano le aule dei concorsi, con quiz e domande aperte dall’ingrato compito di testare in brevissimo tempo le ore, i giorni, i mesi e gli anni passati studiando, con attese bibliche per i vari gradi di selezione e con tempi infinitesimali per dare una risposta, in caso di vittoria.

Una sorta di “palestra” per prepararlo a quella vita professionale che non sarà certo una passeggiata, ma sulla quale l’Università, vista la situazione attuale, potrebbe aggiungere qualcosa in più relativamente alla preparazione degli studenti nella ricerca del lavoro e nell’approccio ai concorsi di selezione.

Vero è che la conoscenza non si sviluppa se non parallelamente all’evolversi della propria storia di persona e della propria forma mentis; bisogna quindi che il neolaureato si adoperi in prima persona e impari a “cavarsela da solo”.

È altrettanto vero, però, che è necessario che anche il contesto nel quale il neolaureato vive e cresce subisca un’inversione di tendenza. Ecco allora che, a difesa del futuro, bisognerebbe riformare (concetto quasi inflazionato nel nostro Paese, oggi) il punto di vista dal quale si osserva il mondo della sanità.

È un mondo le cui lacune sono innegabili, ma prima di contribuire a perpetuare un clima di polemica e scetticismo sarebbe opportuno immaginare di indossare quella casacca da Infermiere, neolaureato o no che sia, e notare come ogni pietra scagliata contro un sistema che non funziona, vada comunque a posarsi anche sulla divisa di chi, nonostante tutto, ha scelto e continua a scegliere di aver cura dell’altro, incrementando notevolmente il peso di una stoffa che dovrebbe invece essere “immateriale”, come lo è quella parte della cura che non riduce la complessità di un’esistenza a qualcosa di generalizzabile e che fa dell’Infermiere un professionista a tutto tondo.

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