Da un recente studio pubblicato sulla rivista BMC Pubblic Health in collaborazione con la University of Exeter, si evidenzia che fare del volontariato può migliorare in modo significativo la salute mentale e può prolungare i giorni di vita. Sono molti gli operatori sanitari che dedicano tempo della loro vita personale con attività di volontariato. Colleghi che nelle ore libere aiutano in diversi modi le associazioni presenti sul territorio.
Infermieri volontari
Alle volte passano le giornate in ambulanza, oppure negli stand dare consigli sulla salute. Alcune colleghe organizzano visite e giornate di svago nei centri con gli anziani garantendo un supporto professionale oltre che umano.
La notizia può non sembrare nuova, infatti si sente spesso dire che “far del bene, fa bene”. Questa volta è stata fatta una ricerca specifica per valutarne gli effetti.
Una prima serie di studi sono partiti in Inghilterra dall'University medical School di Exeter, dove attraverso una revisione sistematica e una meta-analisi, è stato scoperto che chi praticava il volontariato riferiva livelli più bassi di depressione e un aumento della soddisfazione in diversi aspetti della vita, con il conseguente aumento di benessere.
Recensioni precedenti hanno invece evidenziato benefici come una maggiore longevità, una migliore qualità di vita, riduzione dello stress e dei ricoveri in ospedale. Altri dati provenienti da studi sperimentali e da studi longitudinali di coorte, ancora in attesa di conferma, proverebbero una riduzione di circa il 20% della mortalità tra i volontari rispetto ai non-volontari.
Quali sono le motivazioni che spingono le persone a occuparsi del volontariato? In generale le discipline psicologiche ci parlano di motivazioni altruistiche come “restituire qualcosa” agli altri e alla comunità, oppure l’essere di sostegno ad un attività o ad un’organizzazione di carità che li ha sostenuti in passato. Alle volte il far parte di un gruppo di volontariato può essere anche utilizzato per ampliare le reti sociali o ottenere un’esperienza di lavoro, ma i suoi effetti e le motivazioni possono essere anche molto più profonde.
Alcuni benefici sembrano essere dovuti al fatto di passare più tempo fuori casa e quindi la possibilità di diminuire abitudini negative come la sedentarietà oppure le minori frequenze sociali.
Sempre dalla ricerca è emerso che se la gente svolge il volontariato in maniera eccessiva, dedicandoci troppo tempo e tralasciando gli altri impegni, l’abitudine può diventare un peso, alcune persone infatti possono utilizzare il volontariato per “scappare” da altre problematiche non risolte e quindi si nascondono in questo mondo.
La ricerca comunque prosegue per cercare di capire le vere cause dei benefici e i possibili rischi. Ancora non è chiaro quali siano i fattori che concorrono a predisporre una persona verso il volontariato e soprattutto quali siano quelli che portano i benefici evidenziati. Sembra ci possa essere la concomitanza di fattori biologici e culturali uniti a risorse sociali che sono spesso associate ad una migliore salute e ad una sopravvivenza più lunga.
La cosa che comunque fa molto onore alla nostra professione è la presenza in quantità elevate di infermieri che svolgono tale attività. Molti, chi scrive ne è convinto, non hanno letto prima le ricerche e nemmeno si sono interessati a possibili benefici.
C'è un "qualcosa di innato" che porta le persone a dedicarsi agli altri e nel caso degli infermieri è da menzionare un certo “valore aggiunto”, perché oltre all’altruismo dichiarato vi è la componente della professionalità che non abbandona mai chi l’ha acquisita.
Come indica anche la nostra testata Nurse24, siamo 24h su 24h sempre noi stessi, anche da volontari. Quindi non possiamo che augurare a tutti i volontari infermieri e non, di continuare sempre a spendersi per gli altri, ora anche la scienza ci incoraggia e la ricerca ci conferma che fare del bene fa bene.
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