Nurse24.it
chiedi informazioni

Tra le novità sul Clostridium difficile: l’infusione di feci da donatore

di Nicol Marcatelli

a48f7e83259bb07b7a730fbccb7e8ddc

RIMINI. Clostridium difficile è un batterio anaerobio sporigeno la cui patogenicità è legata alla produzione di tossina A e/o B, è responsabile di quadri clinici diversi, che vanno dalle forme asintomatiche alla diarrea; rappresenta un problema emergente in termini di incidenza, morbosità e mortalità.

 

L’infezione, favorita dalla capacità del Clostridium di sopravvivere nell’ambiente per lunghi periodi sotto forma di spore, può assumere particolare gravità e, occasionalmente, essere mortale. Sono a rischio gli anziani, specie se degenti in strutture per acuti o lungodegenze, affetti da varie patologie, pazienti con recente assunzione di antibiotici o di inibitori della pompa protonica.

 

E’ una delle principali cause di infezione gastrointestinale associata all’assistenza sanitaria e la prevenzione della trasmissione continua a rappresentare una difficile sfida nell’ambito delle infezioni e della sicurezza dei pazienti. Da qualche anno stanno circolando, dapprima in Canada poi negli USA e in Europa, ceppi ipervirulenti. In uno studio di Morandi del 2013 si è riscontrato, attraverso un’analisi dei dati un’incidenza dell’1 per 1000 nella popolazione di età superiore a 65 anni mentre il lavoro di Benelli evidenzia un aumento significativo negli ultimi 13 anni, con un incremento di oltre il 400%, un dato allarmante.

 

Trattandosi di una problematica esistente a livello mondiale, sono state prodotte linee guida. Per l’Italia la Società SIMPIOS ha curato il documento “Prevenzione e controllo delle infezioni da Clostridium difficile”. Da una indagine a cui hanno contribuito 103 ospedali del nostro Paese risulta che le maggiori criticità sono: uso inappropriato di antibiotici, mancanza di strategie diagnostiche per l’identificazione del germe, una insufficiente sorveglianza, un utilizzo non ottimale dei cloro derivati (disinfettanti di prima scelta). 

 

La terapia sta cambiando in modo rilevante. La più grande novità terapeutica degli ultimi anni per il trattamento delle forme gravi è l’infusione duodenale di feci da donatore (Studio di Petrosillo e Di Bella, 2013). Questa tecnica, in realtà di non recente introduzione, sembra permettere, un tasso di successo inaspettatamente elevato.

 

Il trapianto fecale sembra una terapia apparentemente semplice di breve durata e con una elevata percentuale di successo terapeutico. I rischi associati alla procedura risultano, ad oggi, limitati ma ha ancora molti aspetti meritevoli di indagine. Il trapianto ha dimostrato di avere un ruolo in molte patologie anche non infettive: sindrome dell’intestino irritabile, obesità, anoressia nervosa, sclerosi multipla. E’ probabile che nei prossimi mesi molti grandi ospedali si attrezzino per l’infusione duodenale di feci da donatore.

 

Un’altra novità è data dall'utilizzo del perossido di idrogeno (noto come acqua ossigenata) nella disinfezione ambientale "no touch": una interessante metodologia che permetterebbe di ottenere buoni livelli di disinfezione solo però se si integra con un’efficace operazione di pulizia delle superfici. Oltre a questo, sono in corso studi per valutare la vaccinazione: l’insieme di queste nuove strategie renderà probabilmente la gestione di questa infezione più semplice nel prossimo futuro.

Scopri i master in convenzione

Commento (0)