Il riferimento storico in questa giornata, 12 dicembre, è utile per conservare la memoria funzionale a leggere una visione stragista che oggi non ha più bisogno di mettere bombe in giro per il paese – almeno per il momento – ma si accontenta di produrre paura, sconforto, lutti, giorno dopo giorno.
Ricordare per fermare ogni contabilità di morte fra stragi di esseri umani
Nella mattina del 9 dicembre 2024 è avvenuta un'esplosione all'interno della raffineria Eni a Calenzano.
Qualche giorno fa c’è stata una tremenda esplosione al deposito ENI di Calenzano . Il tragico bilancio, al momento in cui si scrive, è di 5 morti e 26 feriti.
All’interno di una drammatica contabilità fatta di numeri e lettere, decine di famiglie precipitano nello sconforto e nella tragedia che segneranno per sempre il loro tempo futuro.
Un tempo troppo spesso stracciato, accartocciato, negato e violentato a scapito dei cari di chi perde la vita per guadagnarsi… da vivere.
Può sembrare un brutto gioco di parole, tipico di questo paese fatto di slogan politici che torcono le viscere e di leggi fatte a proprio piacimento. Invece è la realtà, quella che ogni tanto riesce ad essere peggiore della narrazione dei signori del Palazzo.
Le cinque vittime si chiamavano: Vincenzo Martinelli, 53 anni, originario di Napoli, Carmelo Corso, 57 anni di Catania, Gerardo Pepe, 45 anni di Sasso di Castalda (PT), Franco Cirelli, 50 anni di Cirigliano (MT) e Davide Baronti, 49 anni di Livorno.
Se è vero che i morti sono tutti uguali, qualcuno è meno uguale degli altri per età e per provenienza, figli di questa Italia che disprezza il crescere del peso degli anni sulla classe lavoratrice, costretta a rimanere incatenata al lavoro fino alla fine, a causa di salari da fame e pensioni peggiori . E poi c’è anche tanta storia meridionale, di lavoratori di quel Sud, eterno cuore d’Italia violato dall’emigrazione e dal malaffare.
La contabilità di questa democrazia malata ci parla di 890 morti sul lavoro nei primi dieci mesi del 2024 . Un aumento del 2,5% rispetto al 2023. Nei giorni scorsi già il 58° Rapporto Censis ha mostrato le cifre brutte di questo paese affetto di meschina medietà, di un classismo dominante e di una eterna aporafobia (odio per i poveri) da parte delle classi al potere.
E mentre nei salotti televisivi si disquisisce di tutto e di niente, le stragi continuano , investendo ogni settore fragile del paese. I femminicidi a tutt’oggi sono stati 32, computati in termini giuridici, ma in totale le donne ammazzate in Italia sono state 102, a fronte di una criminalità e di reati per omicidio in calo generalmente, come già ha ricordato il Censis.
Eppure, il numero di lavoratori morti e di donne vittime della violenza patriarcale possono non bastare per una rappresentazione di questo paese che necessita di un radicale cambiamento della sua governance nei confronti delle fasce più deboli.
Si potrebbero aggiungere quindi all’elenco delle stragi italiane il tasso di suicidi in carcere e quello dei morti fra gli adolescenti? Certamente. E qualcuno forse vorrebbe anche aggiungere il numero di morti evitabili, a causa del cattivo funzionamento dei servizi? Non è una cattiva idea.
E fin qui si è parlato solo dei nostri cari morti italianissimi, senza guardare a coloro che muoiono in guerra a causa delle armi italiane, o periscono in mezzo al mare per i mancati soccorsi e la chiusura delle frontiere, oppure… nelle stragi politiche. No, queste per fortuna, al momento non possono essere registrate come in passato, come negli anni di piombo, come nella strategia della tensione.
Però anche le vittime di una cattiva politica e di una cattiva amministrazione possono essere considerate vittime di stragi politiche . Di conseguenza è giusto che le stragi di oggi ci riportino indietro a quelle del passato. In primo luogo, a quella del 12 dicembre del 1969 , quando alla Banca Nazionale dell’Agricoltura, in Piazza Fontana a Milano , esplose una bomba messa dai fascisti e commissionata da apparati deviati e manipolati, al fine di gettare il paese nel caos, fermare le rivendicazioni di lavoratori e studenti e riportare indietro le lancette della storia, bloccando le riforme che premevano per modernizzare in senso egualitario il paese.
L’attentato causò 17 morti, 88 feriti e diede il via alla strategia della tensione. Partì la “caccia all’anarchico”, quale capo espiatorio da servire ai cannibali affamati di giustizia mediatica. Ci fu la colpevolizzazione di Pietro Valpreda e la morte, durante un interrogatorio, del ferroviere Giuseppe Pinelli, “volato” giù dal quarto piano della Questura di Milano.
La violenza stragista continuò per molti anni ancora, sempre per mano fascista e sempre sostenuta da chi voleva una involuzione democratica del paese. Ci furono le stragi di Piazza della Loggia a Brescia , del treno Italicus , di Bologna , della galleria ferroviaria di San Benedetto Val di Sambro e delle centinaia di ammazzamenti in un crescendo di violenza politica che non riuscì però a fermare la conquista delle libertà in questo paese.
Ecco, il riferimento storico in questa giornata, di cui certi media non parleranno, e certi altri diranno poco e male, è utile per conservare la memoria funzionale a leggere una visione stragista che oggi non ha più bisogno di mettere bombe in giro per il paese – almeno per il momento – ma si accontenta di produrre paura, sconforto, lutti, giorno dopo giorno, come una continua ed inarrestabile emorragia delle migliori risorse umane e sociali al fine di mantenere lo status quo e ricordare, nella miseria e nella sofferenza, chi comanda QUI.
Ecco, forse bisogna pensare proprio a tutto questo, oggi, nel giorno delle stragi italiane. Per fermare ogni contabilità di morte fra stragi di esseri umani.
Commento (0)
Devi fare il login per lasciare un commento. Non sei iscritto ?