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Ucraina

Sanitari ucraini in Italia, oltre mille richieste dalle regioni

di Redazione Roma

Dalla data di pubblicazione del Decreto in Gazzetta Ufficiale, sono oltre mille le richieste che stanno giungendo, da tutt’Italia, per i sanitari ucraini in fuga dalla guerra. Le maggiori necessità riguardano il Veneto (250), la Lombardia (130) e il Piemonte (90) ma anche in Sicilia la richiesta espressa per infermieri e medici è tutt’altro che esigua, con 80 risorse già richieste, rendono noto l’Associazione medici di origine straniera in Italia e l’Unione medica euro mediterraneo.

Più di 2.000 i sanitari in fuga dall’Ucraina giunti in Italia

Oltre mille le richieste che stanno giungendo in Italia per i sanitari dall'Ucraina

Ad oggi sono circa 2.200 i sanitari giunti in Italia dall’Ucraina (nel 95% dei casi si tratta di donne), in particolar modo infermieri, medici di medicina generale e psicologi. In parallelo, le richieste nei loro confronti, arrivate sia da strutture pubbliche sia private di ogni regione, non ultime da Rsa, superano già quota 1.000. A renderlo noto è l’Associazione medici di origine straniera in Italia (Amsi) e l’Unione medica euro mediterraneo (Umem), che tratteggiano un primo bilancio a circa due settimane dal decreto “Misure urgenti per l’Ucraina” pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 21 marzo e divenuto operativo 24 ore dopo. Il decreto permette l’esercizio temporaneo delle qualifiche professionali sanitarie e della qualifica di operatore socio-sanitario, come riporta l’articolo 34, ai professionisti cittadini ucraini residenti in Ucraina prima del 24 febbraio 2022, che intendono esercitare nel territorio nazionale, presso strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche o private, una professione sanitaria o la professione di operatore socio-sanitario, in base a una qualifica professionale conseguita all’estero.

Con il decreto Cura Italia, solidarietà per l’Italia e l’Ucraina

Allo stato attuale, le regioni da cui sono arrivate più richieste di professionisti sanitari ucraini in fuga dalla guerra, puntualizzano Amsi e Umem, sono Veneto (250), Lombardia (130) e Piemonte (90). Ancora: Sicilia (80), Emilia Romagna e Liguria (70 ciascuna), Piemonte e Lazio (60 ciascuna), Campania (40), Umbria e Sardegna (35 ciascuna), Friuli Venezia Giulia (20), Toscana (25), Calabria (15), Trento e Abruzzo (10 ciascuna). Il presidente Amsi e Umem – nonché membro del registro esperti e del Gdl Salute Globale presso la Fnomceo – Foad Aodi, ammette: Siamo dispiaciuti per le numerose polemiche che hanno fatto seguito a questo decreto, che assomiglia a quanto prevedeva lo stesso decreto Cura Italia.

Il Consiglio dei ministri, infatti, ha approvato il decreto Cura Italia (pubblicato in GU n.70 del 17-3-2020), contenente le misure economiche per rispondere all’emergenza sanitaria del coronavirus. Con il Dl 17 marzo 2020, n. 18 – “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da Covid-19” – che ha nell’articolo 13 la “Deroga delle norme in materia di riconoscimento delle qualifiche professionali sanitarie”. Entrambi, dunque, hanno finalità di solidarietà.

Il primo nei confronti dell’Italia, il secondo nei confronti dell’Ucraina – puntualizza Foad Aodi – e in entrambi i casi per un periodo di tempo determinato. Chi deciderà di restare in Italia, integra, dovrà fare la stessa pratica come hanno fatto i numerosi medici e infermieri stranieri, per far riconoscere il loro titolo di laurea in Italia e l’esame in lingua italiana per iscriversi all’Ordine professionale. Parole, queste, che rimandano a quanto già espresso dalla Fnopi, che ha manifestato la massima disponibilità a condividere un percorso che può rivelarsi sia umanitario sia funzionale, anche se non certo nelle vesti di logiche sostitutive, quanto di logiche di affiancamento. Dicendo comunque di no a qualsivoglia sanatoria futura (Per un’eventuale stabilizzazione è imprescindibile verificare la qualità della formazione professionale di chiunque provenga dall’estero, puntualizza la Federazione nazionale Ordini infermieri).

Fials: sì agli infermieri ucraini in Italia. Nursing up perplesso

Sì agli infermieri ucraini in Italia anche da parte della Fials. Secondo il segretario nazionale, Giuseppe Carbone, questo è il momento di mostrare solidarietà al popolo ucraino, non di fare demagogia. Alcune posizioni politiche mirano a fare rumore parlando di ingiustizie verso i sanitari italiani, ma dimenticano che anche noi viviamo un’emergenza ed è quella di carenza di personale sanitario. Mentre il Nursing Up, attraverso il presidente nazionale Antonio De Palma, è titubante in merito (pur esprimendo piena e sincera solidarietà per quanto sta avvenendo). Esprimendosi così: Quanto veicolato dal comunicato stampa del Consiglio dei Ministri n. 68 del 18 marzo 2022, annunciando la deroga temporanea alla disciplina del riconoscimento delle qualifiche professionali sanitarie per i medici e gli infermieri ucraini, riflette una situazione alquanto paradossale, non certo una novità nel nostro singolare sistema. Tante le voci che si sono levate, tra cui molte chiedono perché questo trattamento riguardi soli i professionisti dell’Ucraina e non sia stato fatto per altri paesi. A questo, però, deve rispondere il governo Draghi, conclude Foad Aodi.

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