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Sanità sotto attacco: urgenti misure per proteggere operatori

di Redazione

L'escalation di aggressioni contro gli operatori sanitari, soprattutto infermieri e donne, ha raggiunto livelli allarmanti. Antonio De Palma, Presidente del Nursing Up, ha sottolineato come la situazione richieda un intervento immediato. Durante un incontro tra il Ministro Schillaci e i sindacati, De Palma ha proposto misure concrete come l'implementazione di presidi di polizia attivi 24 ore su 24 negli ospedali e la rimozione del vincolo assunzionale per colmare la carenza di personale. De Palma ha anche richiesto una campagna mediatica per migliorare la percezione dei medici e infermieri tra i cittadini e ha proposto indennizzi risarcitori per gli operatori vittime di violenza. Infine, ha sottolineato l'importanza di riconoscere lo status di pubblico ufficiale ai professionisti sanitari, affinché possano essere meglio tutelati dalla legge.

Aggressioni, sindacati: non militarizzare ma creare cultura del limite

Occorrono nuove assunzioni e una grande campagna di sensibilizzazione verso i cittadini. Così invece lo Smi (Sindacato medici italiano) in una nota sulle aggressioni in sanità durante l'incontro convocato presso il Ministero della Salute che è stato occasione per riportare al ministro Schillaci il punto di vista degli operatori sanitari, che rischiano ogni giorno di essere brutalmente aggrediti nel compiere il proprio dovere, e ragionare insieme a tutte le organizzazioni sindacali per individuare le strategie più adatte con azioni di contrasto agli atti di violenza nei loro confronti allo scopo di realizzare una deterrenza efficace.

In tal senso il ministro Schillaci ha espresso l'esigenza di accelerare sull'arresto degli aggressori, sia in flagranza di reato che in flagranza differita, per il quale servono specifici atti legislativi ad hoc e di mettere in sicurezza ospedali e presidi sanitari dotandoli di sistemi di videosorveglianza e di servizi di custodia e vigilanza nei luoghi più sensibili.

La sequela di aggressioni che stiamo assistendo è rappresentativa di una grave regressione sociale e culturale del nostro Paese - sottolineano i segretari regionali e nazionali della Smi -. La repressione deve servire a bloccare le violenze ma riteniamo che sia necessaria una formazione ed una informazione rivolta ai cittadini e agli utenti che riproponga la cultura del limite, continuano.

La coscienza collettiva dovrebbe rendere consapevoli tutti i cittadini che esiste la morte e la malattia e che la medicina non è infallibile, anche se chi deve prendersi le colpe se le prenda, prosegue la nota riconoscendo che la carenza di medici e del personale sanitario, che ha aggravato le condizioni di lavoro dei professionisti della salute, ha generato altresì enormi disagi ai pazienti.

Secondo lo Smi, per invertire questa allarmante tendenza alla violenza servono investimenti per rilanciare e rafforzare la sanità, sia quella ospedaliera che territoriale, valorizzare pienamente le professionalità e rendere la sicurezza sui luoghi di lavoro uno dei parametri che concorrono al raggiungimento degli obiettivi dei Direttori Generali di Asl ed ospedali.

È intollerabile lavorare in un clima sempre più teso, che vede le persone scagliarsi contro coloro che ci mettono sempre la faccia e che sono loro malgrado i bersagli della frustrazione e della rabbia dei cittadini, esprime in una nota la Fimmg Roma, la Federazione Italiana medici di medicina generale. Tuttavia le aggressioni vanno fermate non militarizzando la sanità ma migliorando l'efficienza del sistema con risposte concrete da parte delle istituzioni.

Secondo la Fimmg bisogna certamente far comprendere ai cittadini quali sono le pene per chi aggredisce gli operatori sanitari nell'esercizio delle loro funzioni ma ritiene non basti. È cruciale piuttosto affrontare la deriva culturale, prima causa di violenza. Serve un cambiamento culturale. Ci si deve muovere con una proposta culturale di richiamo della popolazione al rispetto per il servizio sanitario e per il ruolo di chi è al lavoro ogni giorno per salvare vite e prendersi cura degli altri – esorta -. Gli ultimi fatti di cronaca dimostrano quanto la questione sia grave e per nulla limitata ad ospedali o reparti di emergenza. Si tratta di un fenomeno che ormai coinvolge tutti i setting, continua sottolineando che, tra le tante azioni da mettere in campo, occorre cambiare la narrazione che racconta il pubblico impiego come un sistema di fannulloni. Questa comunicazione è tanto radicata da aver esacerbato l'animo degli utenti verso qualunque servizio pubblico. Occorre proporre pertanto una narrazione ben più aderente alla realtà.

Se da un lato occorre certamente porre un freno efficace alla diffusione dei fenomeni intimidatori e di aggressione, di cui i recenti fatti di cronaca costituiscono solo la punta dell'iceberg, dall'altro si deve tenere conto che senza un concreto ed immediato intervento normativo i sanitari in fuga e quelli che sempre meno desiderano accedere al Ssn saranno in ulteriore aumento, soprattutto se non avranno rapidamente garanzie di sicurezza nei luoghi di lavoro.

Così il sindacato FVM (Federazione Veterinari e Medici) sottolineando come sia d'obbligo per l'amministrazione sanitaria intervenire anche con una efficace gestione del rischio con misure di tutela dei lavoratori attuando una corretta prevenzione e offrendo altresì un completo patrocinio legale rispetto ad ogni necessaria azione di denuncia e ripetizione dei danni, materiali e non (come quelli esistenziali sempre più diffusi), nei confronti di chi abbia in qualunque modo, fisico e non, aggredito il sanitario. Secondo la FVM un mancato intervento legislativo che tenga conto di questi obblighi verso la sicurezza da parte delle amministrazioni non farebbe che aggravare ed accelerare la crisi in atto dando il colpo di grazia ad un sistema già in agonia.

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