Buona parte delle residenze sanitarie assistenziali del Piemonte rischia di restare senza infermieri. Così sarà sempre più arduo fornire un’adeguata assistenza agli ospiti delle strutture. In crisi le strutture piccole (30 posti letto) e medie (60). Confapi e Anaste: La sanità pubblica offre ai lavoratori contratti migliori
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Infermieri in fuga dalle Rsa, è allarme in Piemonte
Carenza di infermieri nelle Rsa del Piemonte. Il grido d’allarme giunge dal vicepresidente di Confapi Sanità, Michele Colaci, che non cela in alcun modo la sua preoccupazione per la possibile mancanza di operatori sanitari all’interno delle residenze sanitarie assistenziali. Buona parte delle Rsa piemontesi corre il rischio di restare senza infermieri. E ciò significa che sarà arduo fornire un’adeguata assistenza agli ospiti accolti dalle strutture
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Coronavirus e Rsa: lasciato alle spalle (perlomeno questo è l’auspicio collettivo) il periodo più buio dei primi mesi del 2020 – quando le Rsa sono finite nell’occhio del ciclone per i numerosi morti provocati dal Covid – ora non si guarda solo al presente, ma anche all’immediato futuro. Osservando i numeri, infatti, sarebbero circa 2mila gli infermieri e gli Oss del Piemonte non immunizzati che lavorano all’interno delle Rsa. E costituiscono circa il 5% dei dipendenti.
Ma facciamo un breve passo indietro. Perché se decine di lettere di sospensione e di licenziamento vedranno destinatari (ovviamente) anche i sanitari no vax operativi all’interno di queste strutture, lo si deve – di riflesso – anche a un’ordinanza del giudice del lavoro di Ivrea, invocato da una operatrice socio sanitaria no vax che era stata sospesa dalla cooperativa per la quale lavorava da oltre un anno presso una Rsa del vercellese. La donna aveva impugnato la lettera mediante un provvedimento d’urgenza ma il giudice le aveva dato torto. Una vicenda che comunque ha fatto scuola.
Prosegue Colaci: Non abbiamo ancora gli elenchi e dunque nessuno è stato sospeso. La Regione Piemonte è in grave ritardo: i nominativi avrebbero dovuto arrivare ad aprile, poi sono sorti problemi legati alla privacy
. Come anche in Friuli, dove lo scorso maggio la privacy ha rallentato il percorso di sospensione dei sanitari no vax. Riprende il vicepresidente della Confederazione italiana della piccola e media industria privata: Rimane il fatto che il personale non vaccinato continua a lavorare. E ciò rappresenta un problema per la sicurezza dei dipendenti e degli ospiti, che sono soggetti fragili e devono essere tutelati
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In qualche modo, dunque, occorre superare la crisi delle Rsa, che non è dettata soltanto dalla crisi pandemica in atto. E su questo Colaci puntualizza: Negli ultimi tempi la sanità pubblica offre contratti vantaggiosi in virtù della particolare situazione emergenziale. Una scelta assolutamente legittima, ma rimangono risorse sottratte all’assistenza sociosanitaria privata
. Tant’è, dunque.
E a fargli eco è il presidente di Anaste, l’Associazione nazionale strutture territoriali e per la terza età, Michele Assandri: Sono circa 1.800 gli infermieri assunti da Aso e Asl senza essere collocati in distacco. E questo pone in difficoltà le nostre strutture
. Il pericolo – che in taluni casi è già realtà – è che le strutture, a lungo andare, non possano accettare nuovi ospiti poiché prive di personale dedicato. Conclude Assandri: La situazione è più critica per le Rsa di medie dimensioni, quelle con circa 60 posti letto. E la definirei drammatica per quelle piccole, che contano circa 30 posti letto. Per un centinaio di strutture della regione si prospetta la cessazione dell’attività a fine 2021
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