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Roma

Neonato morto al Pertini, Pm: è stata sindrome morte in culla

di Redazione

Le infermiere in servizio la notte tra il 7 e l'8 gennaio 2023 e la madre di Carlo Mattia, il neonato deceduto tre giorni dopo la nascita nel reparto di Ginecologia dell'ospedale Pertini, non hanno responsabilità sulla sua morte improvvisa. Lo ha stabilito la Procura di Roma che indagava sul caso per omicidio colposo. Il Pubblico Ministero Maria Sabina Calabretta, titolare del fascicolo, ne ha chiesto l'archiviazione dopo la consulenza medico legale. Come emerge dall'esito dell'autopsia, gli esami istologici hanno accertato che il neonato è spirato per Sudden Infant Death Syndrome (SIDS), la sindrome della “morte in culla”, un decesso inspiegabile che colpisce il lattante al di sotto dell'anno di età.

Archiviato il caso, nessuna responsabilità per mamma e infermiere

Nessuna responsabilità per le infermiere in servizio e la madre per la morte del neonato Carlo Mattia a Roma.

Il neonato era morto nel letto della sua mamma, una donna di 29 anni, la prima a rendersi conto che il suo bambino non respirava più, risvegliandosi dopo essersi addormentata mentre lo allattava al seno.

Dalla ricostruzione dei fatti emerge che le due infermiere erano prontamente accorse nella stanza, richiamate dalle urla disperate, ma il medico in turno non aveva potuto fare altro, alle ore 1.40, che constatarne il decesso.

Gli inquirenti avevano aperto pertanto un'inchiesta per capire chi fosse il personale ospedaliero incaricato della sorveglianza, se vi fossero state delle negligenze da parte delle due infermiere e dell'ostetrica in turno quella tragica notte e come mai non si fosse potuto intervenire tempestivamente per salvarlo. Per fare luce sull'accaduto anche il Ministero della Salute aveva chiesto alla Regione Lazio una relazione dettagliata.

Dalle prime ipotesi investigative era emerso che il bambino potesse essere rimasto schiacciato dal peso della mamma che si era appisolata e fosse pertanto morto per soffocamento dovuto a compressione della piccola cassa toracica.

A conclusione delle indagini è stato riconosciuto che le infermiere del nido del Pertini, individuate dalla magistratura come incaricate della sorveglianza della puerpera e del suo bambino, hanno eseguito i controlli con regolarità, ogni due ore, come stabilisce il protocollo del “Rooming in” che, adottato dal reparto ginecologico dell'ospedale romano, affidava interamente la cura del neonato alla madre.

La pratica del Rooming in è ormai consolidata nel contesto nazionale ed internazionale per sostenere il contatto tra neonato e mamma, sin dalle prime ore dopo la nascita. Tutte le puerpere vengono informate dei rischi connessi alla gestione del bambino venendo peraltro edotte, anche con la sottoscrizione di un modulo, sulle azioni da effettuare per evitare il verificarsi di eventi avversi, aveva fatto sapere in una nota la dirigenza dell'Asl2 assicurando come all'ospedale Pertini venisse garantita un'adeguata presa in carico delle pazienti e respingendo altresì l'accusa che nel reparto ci fossero state carenze di personale in servizio quella notte, come denunciato dalla famiglia del bambino deceduto.

Risulta tuttavia che il 16 gennaio 2023, pochi giorni dopo la morte di Carlo Mattia, la direzione sanitaria dell'ospedale Pertini ha modificato questa practice. Emerge inoltre che la madre ha preferito rivolgersi ad un'altra struttura sanitaria per dare alla luce, una settimana fa, il suo secondogenito.

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