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Infermiere ed Oss spiate sotto la doccia da telecamera nascosta

di Giordano Cotichelli

Presso l’ospedale San Giuseppe di Empoli è stata scoperta una telecamera nascosta in una doccia riservata al personale femminile rappresentato in buona parte da Oss ed infermiere, ma usata diverse volte anche da qualche dottoressa e qualche altra lavoratrice. Sembra che siano state più di cento le donne spiate durante la doccia. L’ASL Toscana Centro ha avviato un’indagine interna.

Porci, senza ali

L'episodio si aggiunge ai tanti che marcano il tempo in maniera ignobile. Non passa giorno senza che vi siano notizie di molestie e maltrattamenti.

Al momento sono in corso le indagini da parte dei carabinieri e molto di più non si può dire. “Non una di meno” ha emesso un comunicato di condanna del fatto e il Nursind ha messo a disposizione delle lavoratrici un avvocato penalista.

Il fatto, di per sé è grave, rischia però di essere derubricato nell’immaginario di tutti i giorni a evento di quella cronaca pruriginosa tanto amata dai media spazzatura.

Quanto accaduto non riguarda solo la dimensione intima e privata delle persone coinvolte, ma riporta d’attualità la violazione e la mercificazione delle donne: categorizzate e spiate, trasformate in immagini rubate nella doccia, distorte e sfocate da qualche goccia d’acqua e un po’ appannate dal vapore, per essere poi vendute, forse, sotto la voce: “infermiere sotto la doccia”.

Ennesima testimonianza dello stato di arretratezza di questi nostri tempi che scindono i corpi dalle storie di vita, dal pensiero e dalla personalità dell’individuo, per farne oggetto di lucro, desiderio, morbosità.

L’episodio si aggiunge ai tanti che marcano il tempo in maniera ignobile. Non passa giorno senza che vi siano notizie di molestie e maltrattamenti, femminicidi e abusi, e tante altre testimonianze di una realtà che si mostra come la punta di un iceberg dove la maggioranza degli avvenimenti resta nell’ombra, misconosciuta, negata, dimenticata. Persa.

Quanto successo ad Empoli ha una sua gravità particolare, in cui si coniugano due mondi: quello del lavoro e quello della sfera sessuale, i quali molto spesso si sovrappongono, si mescolano e prendono il sopravvento sulla singola vita. Una sessualità, beninteso, viscida, posticcia, falsa e tossica quanto lo è la vita dei suoi stessi consumatori.

Non è dato sapere se nel caso specifico di Empoli siano coinvolte più persone o il tutto sia opera di un singolo. Certo è che, alla base del tutto, c’è il profitto sessuale appagato, basato appunto sulla mercificazione del corpo femminile, oltraggiato in maniera arrogante; quasi un insulto verso il protagonismo lavorativo delle donne.

La telecamera non solo ha violato la sfera privata delle persone (e delle personalità) coinvolte, ma lo ha fatto sul posto di lavoro, leggendo questo unicamente come luogo altro in cui deturpare la libertà femminile. Torna la donna come oggetto e scompare la donna come soggetto, come lavoratrice.

Un salto indietro nel tempo che va di pari passo con la regressione culturale di chi ciancia di teorie del gender e grida all’omicidio, non tanto quando vengono ammazzati dei bambini vittime delle lobby delle armi – e non solo in Texas, ma anche a Lugansk o a Kiev -, ma parla di omicidio se la donna decide di interrompere una gravidanza non voluta, non cercata.

Il brutto episodio della città toscana ci parla dell’esistenza di un grave e profondo disprezzo verso le lavoratrici, schiave di stereotipi di ruolo, di classe, e di genere. Se il lavoro sessuale, la prostituzione, è la commercializzazione, la compravendita dei corpi - maschili o femminili che siano - la vigliaccheria di cogliere momenti di cura personale di chi ha dedicato un intero turno lavorativo alla cura degli altri, è sicuramente una espressione ulteriore di una sottocultura del dominio, gerarchica ed inequivocabilmente vigliacca

Nel 1976 veniva pubblicato dalla casa editrice Savelli il libro: “Porci con le ali”, testimonianza iconoclasta e matura di una sessualità che voleva essere identità di liberazione personale e strumento di emancipazione sociale allo stesso tempo. Il personale è politico, si diceva allora, e non si poteva mai prescindere dal prendere in considerazione la centralità delle ragioni del lavoro e quelle delle lavoratrici. Mezzo secolo è passato da allora e l’involuzione della società ha tagliato le ali a qualsiasi utopia di riscatto personale e collettivo. Ai sogni di ognuno e di ognuna hanno così tagliato le ali e, per tale ragione, sono rimasti solo i porci.

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