È in fase di valutazione lo standard che prevede 1 infermiere di comunità ogni 2.000/2.500 abitanti
, ha spiegato il segretario alla Salute nel suo intervento in Commissione Sanità al Senato. Una figura professionale la cui evoluzione è considerata rilevante dell’assistenza sul territorio, poiché in grado di meglio integrare – in sinergia con il medico di famiglia – i servizi sanitari presenti.
Sileri: Nel Pnrr ruolo di primo piano all’infermiere di famiglia/comunità
All’interno del Piano nazionale di ripresa e resilienza, nella missione 6 (Salute) viene attribuito un ruolo di primo piano all’infermiere di famiglia/comunità, sia negli ambiti delle Case della Comunità sia nello sviluppo del sistema dell’assistenza domiciliare
.
Così il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri – in Commissione Sanità al Senato – nel rispondere all’interrogazione sul tema presentata dalla senatrice Paola Boldrini (Pd). Che sulla figura dell’infermiere di famiglia – richiedente ancora piena implementazione sul territorio nazionale – ha da sempre un’idea ben chiara (si tratta di una figura importate e come le altre professioni rappresenta il futuro dell’assistenza del territorio per migliorare i servizi ai cittadini
).
Alcune settimane fa, Boldrini si era poi espressa con decisione sulle Case della Comunità (alcuni criticano senza neanche sapere di cosa stiamo parlando
). E su questo aspetto lo stesso Sileri ha rimarcato: Rappresentano il primo luogo di cura dei pazienti, un punto di riferimento continuativo per la comunità, attraverso le quali saranno potenziati i servizi offerti sul territorio, migliorandone la qualità, in particolare per i malati cronici, tramite team multidisciplinari di medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, medici specialistici, infermieri di comunità
.
Focus, appunto, su questa figura prendendo il là dallo scorso 2 luglio, quando il gruppo di lavoro sull’assistenza territoriale ha esposto alla cabina di regia del Patto per la Salute la bozza di un documento – “Modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale nel Sistema sanitario nazionale” – che prevede la sostenibilità economico-finanziaria del relativo standard di personale, quantificato in 1 infermiere di comunità ogni 2.000/2.500 abitanti. La questione, ha poi evidenziato Sileri,
è in corso di valutazione del Ministero della Salute e del Ministero dell’Economia e delle Finanze
.
Breve passo indietro: il Patto per la Salute 2019-2021, approvato con intesa in sede di Conferenza Permanente Stato-Regioni il 18 dicembre 2019, ha previsto la definizione di linee di indirizzo per introdurre parametri di riferimento per disciplinare in maniera uniforme nel territorio nazionale la figura professionale dell’infermiere di famiglia/comunità.
Come rimarcato dalla Fnopi, la professione ha fatto un altro passo avanti nel suo cammino, entrando nelle case delle persone, contrastando le disuguaglianze soprattutto nelle aree interne e garantendo un’assistenza territoriale accessibile in particolare modo a una popolazione che invecchia e presenta sempre più cronicità e disabilità, con l’urgenza di soddisfare bisogni di assistenza complessi che gran parte delle famiglie non può affrontare da sola
.
Proprio in quest’ottica – ha spiegato Sileri – si inserisce il Dl 19 maggio 2020, n. 34, all’articolo 1, comma 5, che ha introdotto nell’ordinamento la figura dell’infermiere di famiglia/comunità per rafforzare i servizi infermieristici e per potenziare la presa in carico sul territorio dei soggetti infettati da al Sars-Cov-2 identificati come affetti da Covid-19, anche coadiuvando le unità speciali di continuità assistenziale e i servizi offerti dalle cure primarie
. E proprio il comma 4 del sopracitato art. 1 colloca tale misura in un contesto non solamente emergenziale, ma di ben più ampio respiro
.
Ed è un aspetto più che rilevante, poiché le regioni e le province autonome, per garantire il massimo livello di assistenza compatibile con le esigenze di sanità pubblica e di sicurezza delle cure in favore dei soggetti contagiati identificati attraverso le attività di monitoraggio del rischio sanitario, nonché di tutte le persone fragili la cui condizione risulta aggravata dall’emergenza in corso, qualora non lo abbiano già fatto, incrementano e indirizzano le azioni terapeutiche e assistenziali a livello domiciliare
.
Tutto ciò sia con l’obiettivo di assicurare le accresciute attività di monitoraggio e assistenza connesse all'emergenza epidemiologica, sia per rafforzare i servizi di assistenza domiciliare integrata per i pazienti in isolamento domiciliare o sottoposti a quarantena nonché per i soggetti affetti da malattie croniche, disabili, con disturbi mentali, con dipendenze patologiche, non autosufficienti, con bisogni di cure palliative, di terapia del dolore, e in generale per le situazioni di fragilità tutelate
.
In merito alle specificità di ruolo, Sileri ha spiegato che all’infermiere di famiglia/comunità sono attribuite competenze di natura clinico-assistenziale e di ambito comunicativo-relazionale; lo stesso è previsto all’interno dei servizi e delle strutture del distretto e garantisce la sua attività in coerenza con l’organizzazione regionale e territoriale, in base ad uno standard di 8 unità di personale ogni 50.000 abitanti
.
Ma c’è ancora molto da fare e tuttora con l’immissione va a rilento. Infatti, da tali dati risulta che la percentuale di infermieri di famiglia/comunità effettivamente inseriti nei Servizi è di molto inferiore rispetto a quella prevista dalla normativa – circa 1.380 al 25 giugno 2021, rispetto ai 9.552 previsti dal legislatore – con una disomogenea distribuzione sull’intero territorio nazionale.
Certo, l’intento di conseguire una maggiore omogeneità e accessibilità dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria, assicurando l’integrazione con i servizi socio-assistenziali, è ben chiaro già nel Patto per la Salute 2019-2021, con particolare riferimento alla scheda n. 8 (“Sviluppo dei servizi di prevenzione e tutela della salute. Sviluppo delle reti territoriali. Riordino della medicina generale”), che esplicita – quale aspetto prioritario – di definire linee di indirizzo che promuovano il processo di riordino della medicina generale e della pediatria di libera scelta, favorendo l’integrazione con la specialistica ambulatoriale convenzionata interna e con tutte le figure professionali, compresa l'assistenza infermieristica di famiglia/comunità, per garantire la completa presa in carico integrata delle persone
, nonché la valorizzazione delle professioni sanitarie, in particolare quella infermieristica, finalizzato alla copertura dell’incremento dei bisogni di continuità dell’assistenza, di aderenza terapeutica, in particolare per i soggetti più fragili, affetti da multi-morbilità
.
Ma Sileri torna alla stringente attualità, puntualizzando che il Piano Nazionale della Prevenzione 2020-2025, adottato il 6 agosto 2020 con intesa in Conferenza Stato-Regioni, ha fatto riferimento – ed era la prima volta – alla figura dell’infermiere di famiglia/comunità affermando, nelle sezioni sulla visione ed i principi e sulla efficacia degli interventi ed efficienza del modello organizzativo che«per la realizzazione di processi appropriati di prevenzione e promozione della salute è necessario attuare interventi multiprofessionali anche con il coinvolgimento di figure di prossimità, come ad esempio l’infermiere di famiglia e di comunità, ovvero professionisti che abbiano come setting privilegiati gli ambienti di vita della persona e che agiscano in modo proattivo, in rete con tutti i servizi socio sanitari e gli attori sociali del territorio per l’utenza portatrice di bisogni sanitari e sociali inscindibilmente legati tra loro
.
Quindi con il suo excursus, il sottosegretario alla Salute approda al 10 settembre 2020, quando in sede di Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome è stato approvato un documento (“Linee di indirizzo infermiere di famiglia/comunità ex L. 17 luglio 2020 n.77”) nel quale si tratteggiano gli orientamenti organizzativi e formativi in ordine alla figura dell’infermiere di famiglia/comunità. Un’evoluzione rilevante nell’assistenza sul territorio, in grado di meglio integrare – in sinergia con il medico di famiglia – i servizi sanitari e fornire una prima risposta basilare per il corretto svolgimento delle cure. Una figura, appunto, in linea con gli orientamenti europei per quanto riguarda i due ambiti di competenza – famiglia e comunità – ritenuti strategici per la promozione della salute e gestione della cronicità/fragilità sul territorio
.
Commento (0)
Devi fare il login per lasciare un commento. Non sei iscritto ?