C’è anche un infermiere tra i tre condannati dal tribunale di Busto Arsizio per circonvenzione d'incapace. Il professionista sanitario, un 54enne che esercitava in alcune Rsa in provincia di Varese, è stato condannato in primo grado alla pena detentiva di cinque anni e mezzo per aver circuito e truffato, assieme a due complici, due donne fragili e con problemi di salute. A favore delle due donne raggirate il giudice monocratico ha disposto il risarcimento di 423 mila e 250 mila euro per il danno subito.
Infermiere e due complici condannati per circonvenzione d'incapace e truffa
Dal quadro allarmante emerso dalle indagini, condotte dal 2018 al 2023, risulta che l'infermiere ha dapprima ingaggiato le sue vittime, due ricche ereditiere, entrando nelle loro vite come tuttofare e poi facendole invaghire. Fidandosi per la sua affabilità e gentilezza, le due signore gli avevano affidato la gestione dei patrimoni.
Mettendo in atto contemporaneamente la truffa romantica, l'infermiere era così riuscito a dissiparne in breve tempo la sostanza, intascando milioni di euro. I soldi venivano fatti sparire dai conti bancari delle donne, a favore dell'infermiere, attraverso false compravendite immobiliari e costosi lavori di ristrutturazione mai documentati.
La doppia truffa è stata messa in atto con la complicità di un architetto 34enne varesotto e di un 47enne di Pescara che si fingeva agente immobiliare. Entrambi sono stati condannati alla pena di due anni e 5 mesi. Nel caso risultano coinvolti anche alcuni imprenditori edili vicini all'architetto.
L'inchiesta del sostituto procuratore era partita da una segnalazione alla Guardia di Finanza per una operazione immobiliare sospetta che riguardava l'acquisto di una casa da parte del padre di uno degli imputati. Una delle due donne, che soffriva di depressione e si era poi ammalata di tumore, era arrivata persino a vendere una porzione di una ex azienda e la casa della madre. Si era rovinata a tal punto da finire a vivere in un appartamento popolare con una misera pensione.
L'altra signora sola, che aveva ingaggiato l'infermiere per l'assistenza alla madre, si era lasciata dapprima convincere ad effettuare importanti lavori di ristrutturazione in casa e poi gli aveva prestato 200mila euro. Si era talmente invaghita dell'infermiere che stava anche provvedendo a sbloccare una polizza assicurativa e si era detta disposta ad investire altri ingenti capitali per aprirgli un ambulatorio infermieristico. Come ammesso dagli imputati durante il dibattimento processuale, i soldi così estorti sarebbero serviti a pagare ingenti debiti di gioco dell'infermiere e in parte anche dell'architetto, inserito nel mondo delle corse dei cavalli.
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