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Def, intesa raggiunta nel Governo: deficit al 2,4%

di Redazione

Dopo un pomeriggio di vertici e incontri e un Consiglio dei ministri iniziato, temporaneamente sospeso e ripreso, è stato approvato nella tarda serata di ieri l’aggiornamento del Def con l'intesa sul deficit al 2,4% per tre anni. Ok alla manovra e niente dimissioni per il ministro all’Economia Giovanni Tria, la cui linea era decisamente più moderata.

Di Maio: Non vince il Governo, vincono i cittadini

I festeggiamenti dal balcone di Palazzo Chigi dopo l'intesa sul Def

Ce l’abbiamo fatta. Noi siamo il cambiamento ha detto il vicepremier Luigi Di Maio ieri sera alla 22.30 affacciandosi al balcone di Palazzo Chigi insieme ai ministri del M5s per esultare verso la folla di parlamentari 5 stelle in piazza Colonna.

E pochi minuti dopo, l’esultanza corre anche su Facebook: Ce l’abbiamo fatta! Abbiamo portato a casa la Manovra Del Popolo! Reddito di Cittadinanza, pensione di cittadinanza, superamento della Fornero, risarcimento ai truffati delle banche. Oggi è cambiata l’Italia! Siate orgogliosi di essere italiani ha scritto in un post il vicepremier e ministro Luigi Di Maio.

Dopo un pomeriggio di vertici e incontri e un Consiglio dei ministri iniziato, temporaneamente sospeso e ripreso, è stata dunque approvata nella tarda serata di ieri l’aggiornamento del Def e intesa sul deficit al 2,4% per tre anni. Ok alla manovra e niente dimissioni per il ministro all’Economia Giovanni Tria, la cui linea era decisamente più moderata.

L’intesa di tutto il Governo sul 2.4 del rapporto deficit/Pil è stata annunciata poco dopo le 21 dai vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini; “È la manovra del cambiamento”. Poi è cominciato il Consiglio dei ministri, terminato intorno alle 22.45 (dopo essere stato brevemente sospeso a un certo punto).

Intanto, fuori da Palazzo Chigi si sono radunati un centinaio di parlamentari del M5s, bandiere alla mano, in attesa che finisse il consiglio dei ministri. In prima fila, tra gli altri, Carlo Sibilia, Federico D’Incà: È un giorno storico, dicono sventolando i vessilli del Movimento. Stefano Patuanelli, capogruppo al Senato, aggiunge: Non temiamo né lo spread né i mercati.

La questione Tria

Giovanni Tria si era affidato al premier Giuseppe Conte. Dopo le pressioni degli ultimi giorni il ministro dell’Economia aveva deciso di concedere uno 0,5% di deficit in più rispetto all’1,6% già concordato con Bruxelles, il livello dal quale non avrebbe mai voluto discostarsi. Prima del vertice delle 16, secondo quanto risulta alla Dire, il numero uno del Tesoro ha incontrato il presidente del Consiglio confidando in una sua mediazione con i vice premier Matteo Salvini e Luigi Di Maio per chiudere con un indebitamento al 2,1, percentuale che lui comunque riteneva complicata da comunicare alla Commissione europea e ai mercati.

Dopo aver riunito i tecnici a via XX Settembre il ministro dell’Economia intorno alle 19.30 è tornato a Palazzo Chigi dove ha trovato davanti a sé un muro: i leader di Lega e Movimento 5 stelle erano irremovibili, non avrebbero mai avallato una cifra inferiore al 2,4%.

L’accordo tra Salvini e Di Maio sul 2,4% era già stato raggiunto qualche ora prima. Ed era stato siglato da un patto di ferro. Al punto che Di Maio aveva convocato un’assemblea plenaria dei parlamentari praticamente in contemporanea con il consiglio dei ministri. Quei parlamentari, sventolando centinaia di bandiere, al termine del cdm avrebbero dovuto festeggiare la ‘manovra del popolo’ sotto il balcone di Chigi.

Poco prima dell’inizio del cdm, Tria ha provato a resistere garantendo le risorse per la flat tax e il reddito di cittadinanza e un superamento soft della Fornero, con una spesa intorno ai 2 miliardi. A quel punto il ministro dell’Economia ha incassato l’ok da Di Maio ma è stato Salvini a pretendere un deficit più alto per ottenere quota 100.

Tria ha tentato anche un’ultima carta, quella del doppio step: rapporto deficit/pil all’1,9 nel def, modificabile al 2,4% nel corso del passaggio parlamentare. Ma a tagliare la discussione è stato Di Maio, a sorpresa in soccorso di Salvini. Rapporto 2,4% già nel Def e relativa modifica della Fornero, non a caso rivendicata da entrambi i leader.

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