Nell'area metropolitana di Milano sarebbero stati assunti soltanto un centinaio di infermieri da destinare all'assistenza sanitaria territoriale, la cui carenza sia in termini di risorse che di strutture era stata drammaticamente evidenziata durante la pandemia. Ne sarebbero previsti invece circa 900, in ottemperanza ai nuovi parametri europei sulla sanità, recepiti dal Pnrr del 2022, che stabiliscono la necessità di assicurare un infermiere ogni 2-3 mila abitanti. In tutta la Lombardia, secondo le stime dell'Ordine degli infermieri, mancherebbero circa 9mila professionisti per riempire e far funzionare le infrastrutture extraospedaliere, garantendo un'assistenza adeguata.
Pochi infermieri e servizi carenti: nel milanese Case di Comunità in ritardo
Attualmente in Lombardia soltanto sette Case di Comunità rispettano i requisiti minimi ministeriali con un'offerta completa.
La realizzazione delle Case di Comunità starebbe altresì andando a rilento, soprattutto nel milanese.
Secondo gli obiettivi regionali, entro la fine del 2026 in tutta la Lombardia è prevista l'apertura di 187 case di comunità e 60 ospedali di comunità con un investimento di 3 miliardi, di cui 486 milioni provenienti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Sinora sono stati aperti 23 ospedali e 130 case, di cui 117 definitive e 13 provvisorie. Alcune di queste, costruite o ristrutturate a Milano, stanno incominciando ad essere operative ma molte risultano ancora ferme. La difficoltà è tenerle tutte aperte per tutto il giorno, sette giorni su sette, garantendo sempre la presenza medica 24 ore su 24 e una presenza infermieristica di 12 ore.
A causa della carenza di personale, attualmente l'operatività risulta ancora fortemente ridotta. Su 130 Case di Comunità realizzate, ben 94 sono prive di una presenza medica stabile per 24 ore e in 112 mancano anche i pediatri di libera scelta. Attualmente soltanto 37 strutture, considerate Hub, offrono un servizio h24 ed altre 26 sono state accreditate come spoke in quanto funzionano soltanto per 12 ore.
A livello di attività settimanale, 67 sono aperte sette giorni su sette, 19 per sei giorni e 31 per meno di sei giorni. La criticità maggiore si registra nel capoluogo lombardo. Qui, dove si concentra la maggioranza degli utenti, dovrebbero realizzarsi un terzo di tutte le strutture regionali per coprire il fabbisogno ma sinora ne sono state aperte soltanto due su tre. Inoltre gli orari di apertura sono ancora ridotti, sebbene si sia cercato di ampliare l'offerta integrando i servizi sociosanitari del Comune. La popolazione sembra inoltre non essersi ancora abituata a percepire la Case come valide alternative ai Pronto soccorso.
La particolare situazione della Lombardia nel complicato scenario nazionale di attuazione del Pnnr era già stata segnalata dalla Corte dei Conti, che sta monitorando lo stato di avanzamento dell'assistenza sanitaria territoriale delle regioni, sia nel report del 2023 sia in quello del 2024: pur rilevando un incremento delle strutture aperte, si era riscontrata una sostanziale difficoltà a renderle operative.
Attualmente in Lombardia soltanto sette strutture rispettano i requisiti minimi ministeriali con un'offerta completa, intesa soprattutto come presenza medica tutto il giorno ed infermieristica per 12 ore, specialistica ambulatoriale, presenza di un Cup, servizi sociali e continuità assistenziale. Sono la Casa di Comunità di Saronno, Borgo Palazzo, Sant'Omobono Terme, Zogno, Villa D'Almè, Varese, Arcisate.
In Lombardia, la regione più popolosa d'Italia, il percorso stabilito dal decreto77/2022 risulta pertanto avviato ma, rispetto ad altre regioni come l'Emilia Romagna e la Toscana, appare ancora lungo. Si ritiene che ciò possa essere dovuto all'assenza di un modello già organizzato di assistenza territoriale e alla mancanza di un'analisi del fabbisogno, oltre che dalla cronica carenza di personale sanitario che si prevede peggiorerà nei prossimi anni.
Dei circa 25mila medici di medicina generale e pediatri che mancheranno in Italia entro il 2030, si stima infatti che 6mila ne mancheranno in Lombardia.
La carenza di infermieri, poi, è drammatica. Ad oggi ne mancano 65mila, il 45% dei quali al Nord e si stima che entro il 2033 ne andranno in pensione ben 113mila.
Inoltre, in Lombardia la scarsa attrattività della professione infermieristica sembra peggiore che altrove: in quasi tutte le università lombarde le domande di iscrizione al corso di laurea sono state inferiori rispetto ai posti messi a bando anche nel 2024-2025, ancora in calo rispetto ai precedenti anni accademici E sono stati pochi anche i bandi assegnati per la laurea magistrale indispensabile per la carriera, solo 204.
Ancora oggi la figura dell'infermiere non è valorizzata e non esistono percorsi di carriera attrattivi
, sottolinea Carmela Pozza, consigliera regionale del Partito Democratico commentando la situazione che vede la Lombardia tra le regioni peggiori nel quadro nazionale di attuazione dell'assistenza sanitaria territoriale.
È certamente necessaria una migliore valorizzazione della figura dell'infermiere assicurandogli altresì maggiori possibilità di carriera
. Altrimenti, avverte: I giovani potrebbero preferire il percorso di studio da assistente infermiere, più breve e meno impegnativo, non ravvisando una sostanziale differenza con la figura dell'infermiere laureato. Nemmeno stipendiale, visto che c'è uno scarto di soli 50 euro
, conclude.
Commento (0)
Devi fare il login per lasciare un commento. Non sei iscritto ?