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Testimonianze

Amo la mia azienda. Quanti possono dire lo stesso?

di Sara Di Santo

Quella mano, mentre mettevo quella firma, tremava. Una lacrima in autostrada è scesa. Ma è di gioia. Perché ho puntato in questi due anni a un obiettivo. E io son di coccio. Perché non mi sono piegato. Non mi sono accontentato. Perché ho provato ad essere felice davvero.

Davide Nardini

La storia di Davide, che ha creduto nel suo sogno

Ho iniziato a lavorare presso l'azienda di Rimini nel maggio del 2013. Primo incarico lavorativo presso un’azienda pubblica, dopo quasi due anni dalla laurea, presa all’Università di Pesaro. Prima di arrivare a Rimini ho lavorato tramite partita IVA, come fanno in molti, oggi.

Dopo aver partecipato a diversi avvisi e concorsi in giro per l'Italia sono riuscito ad arrivare non molto lontano da casa, a Rimini. Destinazione: DEA - pronto soccorso.

Qui ho lavorato per quasi due anni in pronto soccorso, dopodiché ho vinto un concorso. Un contratto a tempo determinato, seppur rinnovabile fino ad un massimo di cinque anni - quindi, visto quel che c’è in giro oggi, un buon contratto - non poteva competere con “il posto fisso”, mi sono detto. Così ho lasciato Rimini alla volta di Ancona.

Appena arrivato a Torrette, nonostante la mia esperienza nel pronto soccorso di Rimini, sono stato “spedito” in una cardiologia sub-intensiva. Diciamocelo, la vita da reparto non mi ha mai allettato moltissimo. Mi son sempre visto davanti ad un Triage e a correre nei corridoi del pronto soccorso fin dai tempi dell'università.

Parto. Un po’ demotivato, ma parto. Non mi è mai mancata la voglia di mettermi in gioco e di lavorare sodo. Ho cercato quindi di dare tutto, senza risparmiarmi.

Nel frattempo ho incominciato a frequentare il master in Area Critica presso l'Università di Bologna. Un master che, nel reparto in cui lavoravo, probabilmente mi stava fruttando pochissimo. 

Più di una volta mi sono sentito dire: “stai sprecando tempo e denaro inutilmente!”

Come potevo pensare di rimanere in un contesto simile, dove un giorno sì e l'altro pure, sentivo di essere ritornato ai tempi del mansionario? Io, che arrivavo da un contesto dove praticamente ero autonomo in tutto. Dove avevo incontrato un ambiente giovane. Dove i medici erano i primi a dirmi che non ero io il loro segretario.

Dovevo scappare. Si parla molto in questo periodo di #noisiamo pronti, ma - credetemi - io ho vissuto in una realtà in questi due anni dove c'è veramente poca voglia di evolversi.

Mi sono messo alla ricerca di un cambio compensativo. Un cambio a tre. Probabilmente uno dei più difficili da realizzare. Una mobilità durata più di dieci mesi.

Credo che senza la mia ostinazione e la mia caparbietà di andare ogni giorno, per tutti i mesi, a bussare alle porte di tutte e tre le aziende, forse non ce l’avrei mai fatta. Per non pensare poi che a settembre la nostra domanda era già stata archiviata, da due aziende su tre, nonostante i colloqui positivi.

Quindi sì, ringrazio molto me stesso. Senza la mia tenacia probabilmente non sarei arrivato alla conclusione di questo trasferimento. Inizio il primo dicembre. Riparto da Rimini. Riparto nuovamente dal pronto soccorso.

Ma ringrazio anche l’Ausl Romagna Rimini, perché a me questa azienda, questo dipartimento, in quei due anni, hanno dato la voglia di mettermi sempre in gioco. Hanno investito su di me. Mi hanno fatto crescere come professionista attraverso una marea di corsi (che, vi assicuro, in altre realtà non si fanno assolutamente e, se si fanno, li devi pagare di tasca tua).

Io mi sono sentito valorizzato. Lavorando in quel contesto sono cresciuto professionalmente. E quindi, sì. Amo questa azienda. Amo questo reparto dove sono contento di tornare. In fondo lavorare in pronto soccorso, in emergenza, lavorare in Romagna, è sempre stato un obiettivo per me.

È anche vero che, da tanti punti di vista, tante volte l'azienda ci considera dei numeri. Ma io, che ancora sono giovane, tendo a dimenticare questa cosa e a guardare ciò che hanno fatto e fanno per me da un altro punto di vista.

A quelli come me, vorrei dire: lavorate e lavorate. Impegnatevi e continuate a studiare. Impegnatevi a realizzare i vostri sogni

Davide Nardini, Infermiere

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