Sono una coordinatrice infermieristica in questo ruolo da quattro anni. Lavoro in rianimazione: 18 posti letto di terapia intensiva polivalente: dall’ustionato al politrauma, al tentativo di suicidio a tanto altro.
Oggi o meglio da ieri sta morendo un paziente. Uno dei tanti. Pur riconoscendo la sacralità della vita a tutte le età quando a morire è un giovane la cosa mi colpisce ancora di più. Lui ha tre anni più di me. Ha un mieloma multiplo diagnosticato da due anni ma negli ultimi dieci giorni la situazione è precipitata. Non so altro so solo che a dodici ore dall’ingresso in rianimazione è andato in midriasi e da lì la parabola discendente fino a ieri. Non so niente altro perché gli infermieri sono tanti e ho 4 malattie e dal primo ottobre sarò a meno sei. La mia mente i miei pensieri sono lì: i turni. Quando ogni tanto mi diverto a inviare qualche cavolata nella chat di famiglia i miei figli mi rispondono se proprio non ho nessun turno da fare.
Viaggio con due cellulari: ormai ce l’hanno tutti anche il personale e quindi mi chiamano indistintamente su tutti e due.
Ho sempre fabbri, idraulici, elettricisti da contattare perché la rianimazione è 1600 metri e all’interno c’è un mondo.
Però nonostante tutto oggi voglio fermarmi con questi familiari perché non voglio che la mia vita sia solo turni e perché il mio lavoro di infermiera mi ha sempre dato grandi soddisfazioni e ora le soddisfazioni, poche, sono altre. Quando riesco a far stare un collega con la sua famiglia perché sta arrivando un nuovo figlio e lui mi ringrazia e poi riceviamo molte lettere di ringraziamento e allora mi domando se il merito è anche un po’ mio perché cerco di ascoltarli tutti e sono tanti (67) e perché mi informo sulle loro famiglie, i loro figli, perché se hanno bisogno di fare una visita provo a vedere se posso aiutarli con le mie conoscenze.
Ma oggi no. Oggi a farsi benedire turni ed elettricisti e macchine rotte e computer che si bloccano. Oggi voglio farmi del male e sentire sulla mia pelle quel lutto tutto loro. Voglio sentirne il sapore voglio capire cosa sente un fratello. una moglie una figlia e cosa posso fare per loro. Ogni lutto è diverso, ogni parente è un’isola. Prigioniero in quell’isola può farti entrare nel suo territorio oppure no.
Gli ho portato delle sedie, gli ho messo dei paraventi perché non riesco a farlo spostare in una stanza più riservata. Sono in open: cinque posti letto. Gli chiedo se hanno bisogno di qualcosa. Gli chiedo qualcosa di “lui”. Da quando è iniziata la malattia, che lavoro fa, se è sposato, se ha figli, che lavoro fa. Anche la sorella continua a confondersi fra presente e passato. Sono cinque fratelli. Parlo al presente. Lui è ancora qui e parlo al presente. Ha 50/30 di pressione ma è qui. Da ieri è iniziato un lento inesorabile declino ma lui è qui con noi. Nessuno si siede nelle due sedie che ho preparato. Non se la sentono di stare così vicino. Sono diversi. Alcuni continuano ad accarezzarli altri non riescono a toccarli. Dico alla sorella di avvicinarsi di provare ad accarezzarlo e a parlargli e a dirgli le cose belle che hanno vissuto insieme e le dico che sono certa che lui la sente. Non ce la fa e io non insisto. Mi dice che la figlia le ha telefonato per dire che il padre domani ha una visita ematologica prenotata e non sanno come disdirla. Me ne occupo io. Non ho mai disdetto delle visite a chi sta per morire. Dopo un’ora mi dicono che aveva anche una visita urologica. A questo punto chiedo al cup di disdire tutte le sue visite e scopro anche quella ortopedica. Prima c’era una vita che andava avanti nonostante la malattia. Ora è quasi finita.
Le parlo delle domande che mi faccio sempre lavorando in questo piccolo mondo al confine con la realtà. Mi domando spesso perché a loro e non a me e cosa ho io meglio di loro e lei mi dice che loro quattro fratelli invece avrebbero voluto avere loro la malattia.
Gli chiedo se hanno piacere di avere un’unzione degli infermi e dopo venti minuti un cappellano è qui con noi per una preghiera.
Sono le 17.30. Oggi vado a casa prima del solito perché deve venire un fabbro a casa mia per un preventivo. Quando non ho operai al lavoro li ho a casa.
Uscendo vedo la sorella. La saluto e lei mi ringrazia per tutto. Non è ancora morto. Stamattina mi hanno chiesto quanto tempo sarebbe durata l’agonia e gli ho detto ancora ore perché è giovane e ha un cuore forte. Non possiamo in alcun modo accelerare questo processo. La natura farà il suo corso. E loro mi dicono: “già la natura…” Ogni parola a questo punto è superflua e allora li saluto e mi domando cosa si dice ai familiari di una persona che sta morendo ma non è ancora morta. Condoglianze è troppo presto. Mi viene in mente un “auguri per tutto” ma scappo e faccio solo un cenno di saluto. Io probabilmente mi dimenticherò la loro faccia ma loro probabilmente si ricorderanno la mia per sempre.
Li saluto con questo pensiero in testa ed esco là fuori dove nessuno può nemmeno immaginare come può essere una mia giornata in quel piccolo mondo ai confini con la realtà.
E domani si ritorna a disfare i turni.
Forum : Da voi a noi Oggi è 23 nov 2024 22:11
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- Miki28767
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