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Lesioni cutanee e ruolo del microbiota

di Redazione

Il ruolo del microbiota nel processo di guarigione delle ferite cutanee non è ancora ben definito. Esistono studi incoraggianti che rivelano come microrganismi commensali, simbionti e patogeni presenti sulla cute, giochino un ruolo importante nella risposta infiammatoria e possano rientrare in strategie applicabili nel trattamento delle lesioni cutanee infette e di difficile guarigione. Un ruolo che sarebbe certamente utile ed interessante da indagare, anche in considerazione delle preoccupazioni della comunità scientifica riguardo l’antibioticoresistenza e gli elevati costi delle cure gravanti sui sistemi sanitari nazionali.

Interazione della ferita con la microflora microbica

Dagli studi fin qui condotti, si evince che l’impatto del microbioma sul processo di guarigione delle ferite è multifattoriale e un giusto bilancio tra diversi tipi di organismi (ad esempio tra virus e batteri, Gram- e Gram+, ecc.) è necessario per promuovere la salute della pelle e la sua rigenerazione.

Trattamenti antimicrobici possono coinvolgere e danneggiare anche batteri utili nella rigenerazione e strategie alternative dovrebbero essere prese in considerazione.

Queste fasi a volte si susseguono, a volte si sovrappongono, ma sicuramente dopo la fase iniziale di tamponamento della perdita ematica la prima risposta ad una soluzione di continuità di qualunque origine è quella infiammatoria.

Inoltre, poiché la guarigione di una ferita è intimamente connessa con la risposta infiammatoria e di difesa immunitaria, molte delle informazioni molecolari con effetto su batteri commensali e patogeni sono legate ai segnali dell’infiammazione.

Il processo di guarigione delle ferite è stato ampiamente studiato e caratterizzato da un punto di vista istologico e quindi di risposta dei tessuti coinvolti e questo ha portato ad esaminare il microbioma quasi esclusivamente in termini quantitativi e identificativi dei maggiori phyla e geni rilevati nei vari tipi di ferite.

Uno dei principali fattori che influenzano il processo di guarigione è l'interazione della ferita con la microflora microbica. La comprensione di come la diversità batterica conduca alla disbiosi cutanea potrebbe rivelarsi utile per sfruttarne le potenzialità in termini di cura delle ferite croniche. Il microbiota cutaneo aiuta anche a coordinare le risposte immunitarie innate durante la riparazione delle ferite.

In risposta a stimoli microbici i neutrofili esprimono il fattore CXCL10, che recluta attivamente cellule dendritiche plasmacitoidi (pDC) nei siti di lesione. Queste cellule dendritiche generano Interferone di tipo I (IFN 1) e accelerano la riparazione delle ferite attraverso la stimolazione delle risposte dei fibroblasti e dei fattori di crescita dei macrofagi. Infatti, il reclutamento di cellule presentanti l'antigene (Antigen-Presenting Cell, APC) a livello della pelle è microbiota-dipendente.

Focus sul biofilm

Uno degli elementi più indagati nell’ambito del microbioma per quanto riguarda le ferite croniche di difficile guarigione come quelle relative a piede diabetico, lesioni da pressione, lesioni di origine venosa e/o post-chirurgiche, è senza dubbio il biofilm.

Per biofilm o biopellicola si intende un’aggregazione complessa di microrganismi sulla superficie della lesione, racchiusa in una matrice polimerica extracellulare costituita da polisaccaridi, lipidi e proteine, attraverso la quale i microrganismi sono in grado di proliferare e svolgere le proprie attività metaboliche utilizzando il fenomeno del quorum sensing.

Tutto ciò determina la loro abilità di variare in modo sincrono il proprio comportamento in risposta alla variazione della densità microbica, attraverso la produzione di molecole di segnale organiche.

Da queste considerazioni scaturisce la necessità di agire sul biofilm per superare la fase infiammatoria a favore della ripresa del naturale processo di riparazione.

Nella pratica clinica sono disponibili inibitori di quorum sensing rappresentati da un’ampia gamma di enzimi di origine naturale o sintetica in grado di svolgere proprio questa attività, ma, di contro, il completo azzeramento di S. aureus da parte di agenti antimicrobici non apporta beneficio.

Quest’ultima considerazione riporta al concetto che S. aureus è un normale commensale della flora cutanea umana e, mentre una sovrabbondanza è associata ad elevata incidenza di infezioni cutanee e sistemiche dovute alla produzione di superantigeni (SAg) estremamente dannosi in elevate concentrazioni a livello sistemico, a basse concentrazioni i SAg prodotti da S. aureus possono agire a livello locale con una riduzione di produzione di interleuchine e di conseguenza anche fattori chemiotattici neutrofilici con l’effetto di diminuire la virulenza delle lesioni della pelle e ridurre l’infiammazione.

Anche se il biofilm ricopre un ruolo rilevante nell’ostacolare la guarigione delle lesioni croniche, altri fattori sono altrettanto importanti da considerare in presenza di lesioni infette. Si ipotizza, infatti, che oltre a microrganismi extracellulari, le nicchie microbiche intracellulari contribuiscano a ritardare la guarigione delle ferite.

I cheratinociti rappresentano la prima barriera alle infezioni a livello cutaneo. È stato recentemente dimostrato che, allo stesso modo delle cellule del sistema immunitario innato, i cheratinociti esprimono un’antica proteina (la Perforin-2) localizzata tra le membrane delle vescicole endosomiali, in grado di eliminare una varietà di patogeni Gram+ e Gram-, enfatizzando la risposta innata antimicrobica dell’ospite.

Studi recenti in questo ambito specifico hanno rivelato che colonizzare la ferita con batteri commensali, incluso S. epidermidis, promuove la guarigione e induce l’espressione di diversi antimicrobici come la Perforin-2.

Di contro si è evidenziato che lo S. aureus, uno dei maggiori colonizzatori delle ferite croniche, è in grado di sfuggire all’attività antimicrobica di P-2 con conseguenze negative a carico del processo di guarigione.

La comprensione di questi meccanismi è indispensabile per lo sviluppo di trattamenti combinati, che agiscono sia sull’ospite sia sul microbioma al fine di supportare la guarigione e prevenire o curare le infezioni in ambito di ferite cutanee, pelle in generale e tessuti molli.

  • Articolo a cura di R. Seri, R. Conte, A. Peghetti
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