La minaccia di una pandemia rimane alta ed invitiamo i leader internazionali a raggiungere un accordo sul piano pandemico prima che sia troppo tardi
. Così gli autori dell'articolo “What is the pandemic potential of avian influenza A (H5N1)?”, editoriale sulla rivista The Lancet Infectious Diseases pubblicato il 1° maggio. Gli esperti mondiali si stanno interrogando su quale sia il potenziale pandemico dell'influenza aviaria che è passata dagli uccelli ai mammiferi e quale sia il rischio di spillover del virus H5N1 all'uomo. Dopo i due recenti casi di contagio segnalati nel mondo, in circostanze diverse e con esiti diversi, è aumentato il timore per una trasmissione interumana del patogeno, condizione che potrebbe scatenare un'altra emergenza sanitaria globale.
Qual è il potenziale pandemico dell’influenza aviaria A(H5N1)?
Il primo caso di infezione umana da virus dell'influenza aviaria ad alta patogenicità si è verificato lo scorso 25 marzo ed è stato notificato all'Oms da un'autorità nazionale del Vietnam.
È avvenuto in seguito all'esposizione di uccelli infetti ed ha provocato la morte. Il secondo, non correlato a quello vietnamita è stato segnalato, una settimana più tardi, negli Stati Uniti, in Texas il 1° aprile. Riguardava un lavoratore di un'azienda lattiero-casearia commerciale che ha presentato soltanto una malattia lieve, con comparsa di congiuntivite, curata fuori dall'ospedale.
L'analisi genomica condotta dal Center for Disease Control and Prevention americano ha rilevato che il virus contratto dal paziente era strettamente correlato ai virus riscontrati non solo negli uccelli, ma anche nei bovini morti nella stessa fattoria presso cui l'uomo lavorava. Il caso texano si è infatti verificato nel pieno di un'epidemia di aviaria che sta interessando contemporaneamente numerosi allevamenti da latte in diversi Stati americani.
Poiché in entrambi i casi non è stata dimostrata alcuna prova di trasmissione da uomo a uomo, sia il CDC di Atlanta che l'OMS ritengono che il rischio per la salute umana sia ancora basso.
Pur sapendo che la trasmissione da un uccello infetto ad una persona non sia un evento inaudito in quanto se ne sono verificati altri in passato, gli esperti ritengono tuttavia che la diffusione del virus alle mucche con il successivo caso umano correlato rappresenti uno sviluppo preoccupante di questo virus scoperto nel 1996 in Cina, responsabile di aver causato infezioni umane con una mortalità superiore al 50%.
Gli studi evidenziano che H5N1 colpiva inizialmente soltanto gli uccelli acquatici infetti, poi si è evoluto in numerose varianti accumulando mutazioni e riassortimenti genetici con altri tipi di virus dell'influenza aviaria. I virus risultanti da queste combinazioni hanno infettato gli esseri umani in maniera sporadica, con poche manifestazioni sintomatiche.
Sinora non ci sono prove evidenti di trasmissione tra persone che suggeriscano un adattamento umano del virus. Dal 2020 tuttavia il virus ha causato estese epidemie stagionali mortali in più continenti, risparmiando sinora soltanto l'Oceania, sia tra gli uccelli selvatici che allevati.
Oltre ad una maggiore distribuzione geografica, il virus è diventato enzootico, passando dapprima agli uccelli marini riproduttori di colonie e poi ai mammiferi, soprattutto negli allevamenti di animali da pelliccia e nei bovini. Preoccupa il fatto che sono stati segnalati casi di infezione in ben 40 specie di mammiferi.
Gli esperti sollevano forti preoccupazioni quindi sul potenziale pandemico di H5N1, motivate dalla crescente gamma di ospiti, dalla potenziale diffusione tra mammiferi nonché tra un mammifero ed un essere umano, dall'ampia diffusione geografica nonché dalla portata e dalla gravità delle continue epidemie tra gli uccelli che si stanno registrando ovunque senza precedenti.
Gli autori ricordano che per diventare pandemico anche H5N1 necessita, come Sars-CoV2, di due condizioni essenziali: diventare trasmissibile tra gli esseri umani ed essere in grado di replicarsi efficientemente. Solitamente, ciò avviene quando si verifica un riassortimento con virus influenzali umani. H5N1 potrebbe subire invece, in alternativa, un adattamento, processo che richiede tuttavia molto tempo ma che può essere accelerato dalla frequente infezione di mammiferi ed esseri umani.
Alla luce dei timori che arrivano da Oltreoceano per il possibile verificarsi di tali condizioni, il Centro europeo per la prevenzione ed il controllo delle malattie e l'Autorità europea per la sicurezza alimentare hanno preparato una serie di misure di mitigazione del rischio.
In un rapporto presentato lo scorso 3 aprile, dopo il caso americano, sottolineano che per prevenire una pandemia di influenza aviaria è fondamentale migliorare la sorveglianza ed implementare la condivisione dei dati genomici. È necessaria, inoltre, un'attenta pianificazione dell'allevamento di pollame e animali da pelliccia, soprattutto nelle aree con elevata densità di uccelli acquatici, mettendo in atto anche misure di vaccinazione degli animali e delle persone a rischio per contatto a causa dell'attività lavorativa svolta.
Gli autori concludono l'analisi sostenendo che la prossima pandemia è inevitabile e che quasi certamente sarà causata da un virus influenzale, molto probabilmente dall'influenza aviaria. Ritengono che il rischio sia elevato, sebbene il clade del virus H5N1 che ha infettato il paziente texano, preoccupando le autorità sanitarie americane, non abbia allarmato per quanto riguarda invece una trasmissione umana prolungata. Non risulta infatti che in questo specifico caso l'infezione sia passata ad uno dei suoi contatti umani.
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