In questi giorni si sta accendendo il dibattito sulle vaccinazioni, argomento che negli ultimi anni è stato trattato ovunque: dagli avventori di un bar al quarto bicchiere ai salotti televisivi, dalle corsie di un reparto alle sale d’attesa degli studi medici. Eppure, in questo delicato e importante ambito, non contano le opinioni: contano i fatti, ovvero ciò che la scienza ha sancito nero su bianco.
Essere professionisti sanitari impone fiducia e comprensione della scienza
Due più due fa cinque, la terra è piatta e i vaccini provocano l’autismo. Cos’hanno in comune queste tre frasi? Sono tutte e tre false e rappresentano qualcosa che non è. Eppure, mentre molti si oppongono alla sicurezza delle vaccinazioni, nessuno protesta contro la lobby delle calcolatrici che fornisce dati inesatti e controllati dal sistema.
Nella scienza, le opinioni contano gran poco. Il parere degli esperti si trova nei bassifondi della piramide delle evidenze e conta solamente qualora l’argomento in discussione non sia stato studiato con studi metodologicamente più strutturati e forti.
E, in tema di vaccinazioni, questi dati ci sono eccome. Anche per quanto riguarda il tanto discusso vaccino contro il Covid.
Mentre è normale che un non cittadino qualsiasi si ponga alcune questioni, per un sanitario non è così. Un professionista sanitario non dovrebbe sollevare il dubbio su sicurezza ed efficacia del vaccino, non dovrebbe affermare prima lo facciano gli altri e poi vediamo cosa succede
, non dovrebbe affermare come la tecnologia mRNA sia pericolosa in quanto inietta materiale genetico virale (affermazione falsa tanto quanto che la terra sia piatta).
Un professionista sanitario, qualora avesse dei dubbi – peraltro più che legittimi in quanto non si può essere esperti in tutto – dovrebbe dissiparli facendo una cosa che per lui dovrebbe essere naturale: studiare
Dovrebbe accendere il pc, collegarsi a PubMed o direttamente alla pagina del New England Journal of Medicine, il quale pubblica costantemente articoli scientifici di libero accesso in tema di Covid-19. In questo modo otterrebbe in qualche minuto tutte le informazioni che smentiscono quanto detto sopra e quanto in questi giorni si dice praticamente ovunque in termini di vaccinazioni.
Anche perché al professionista sanitario non dovrebbe essere spiegato nulla in quanto egli stesso possiede tutti gli strumenti in primo luogo di ricercare fonti autorevoli (sembrerà strano ma no, la pagina Facebook che tratta di scie chimiche non lo è) e successivamente per comprendere quanto scritto nelle evidenze.
Dati, tabelle, testi, intervalli di confidenza, odds ratio: all’università la statistica viene spiegata appunto per questo. Se poi, nonostante la ricchezza dei dati disponibili nella letteratura, il professionista sanitario decide di proseguire nel sostenere e divulgare false informazioni, allora è necessario affrontare la questione con la necessaria durezza.
Perché non si può gridare “al fuoco” in un teatro affollato
Tutti i professionisti sanitari, indipendentemente dal ruolo e dall’esperienza, hanno il dovere deontologico di informare correttamente i cittadini e di comportarsi seguendo i dettami della scienza. Sia sul luogo di lavoro, sia sui social network, passando per il supermercato e i gruppi WhatsApp. Questo in quanto, agli occhi del laico, il sanitario possiede un’autorevolezza in quello che fa e dice.
Se un sanitario afferma che i vaccini causino l’autismo, che il Covid sia un complotto, che il vaccino che fermerà questa pandemia in realtà sia tutta una farsa (tutte cose non vere tanto quanto due più due faccia cinque), qualcuno rischia pure di crederci. Anzi, qualcuno ci ha già creduto e argomenta le sue opinioni sostenendo come molti professionisti della salute le supportino.
E questo è un fatto gravissimo, perché gran parte della colpa del dilagare di tutti questi no-vax e mamme informate (male, a quanto pare) è nostra. Perché negli anni non siamo riusciti ad estirpare questa quota di sanitari a dir poco “alternativi”
Nessuno negherà mai loro il diritto sacrosanto di scrivere, condividere e divulgare le peggiori nefandezze. Ma è giusto che lo facciano al di fuori di un Ordine e delle corsie degli ospedali, lontano dai malati e, per coerenza, togliendosi spontaneamente dall’albo cui sono iscritti, il quale serve per tutelare i cittadini appunto da questi stregoni del terzo millennio.
E, nel caso non lo facciano di loro spontanea volontà, siano gli ordini stessi a tutelare gli altri professionisti e tutti i cittadini che dei professionisti sanitari seri e competenti si fidano.
Che non significa fidarsi di coloro che sanno tutto: significa fidarsi di coloro che credono nella scienza e che in questa trovino il luogo dove ricercare le risposte alle loro lecite domande. Significa fidarsi di un sistema che non permette che a diffondere false informazioni in ambito sanitario siano i professionisti sanitari stessi. Che, nel caso, dovrebbero essere depennati e allontanati senza indugio dai rispettivi albi.
Patrizia 68
3 commenti
Studiare vudireavefeanche opinioni diverse
#4
Cavolo, che articolo democratico, complimenti. La medicina è in contnua evoluzione e cioè che andava bend prima dolo è stato mesdl in dubbio. Uno studia e può avere delke perplessità, non perché fa psrtedi un albo o ordine deve essere una pecora