La gestione di questa pandemia mostra come di frequente vengano stravolti ruoli, dati, riferimenti scientifici di una realtà messa in discussione più dall’arroganza del potere che non dalle conseguenze dell’infezione. Questa pandemia ha invertito decisamente i ruoli. Parlamentari che diventano costituzionalisti, medici che abdicano al loro tributo alla scienza affermando che il virus è clinicamente morto, per cui, di conseguenza, qualche ex-ministro può trasformarsi in medico, dando consigli su come curare il Covid-19 con l’idrossiclorochina. Alla fine, restano quelli che cercano di tirare avanti.
Sempre più questa seconda ondata ci parla della gravità del momento
Erica Castiglione di Caronno e Anna Latorre, due colleghe impegnate nella ricostruzione storiografica della professione infermieristica, in una pregevole ricerca prodotta all’inizio di questo anno, hanno messo in evidenza l’impatto, un secolo fa, della pandemia spagnola presso il Policlinico Ca’ Granda di Milano.
I documenti analizzati hanno mostrato il peso del lavoro a carico del personale sanitario: turni massacranti, riposi inadeguati, stipendi miseri e assunzioni di personale centellinate. Due informazioni risultano interessanti.
La prima quella relativa ai professionisti colpiti dall’influenza spagnola: 226 infermiere, 43 infermieri e 37 suore; i decessi riguardarono nove infermiere e due suore. L’altra notizia è quella relativa alla rivendicazione dell’agognata messa a riposo, un diritto da esigere dopo… 30 anni di servizio.
Molti degli infermieri attualmente in servizio, sotto gli scafandri, e non solo, appartengono alla generazione dei babyboomer, sicuramente hanno più di trent’anni di servizio ed ancor più sicuramente non andranno in pensione nell’immediato.
Il lavoro storiografico delle due colleghe è stato pubblicato su Professioni infermieristiche, il giornale scientifico indicizzato della CNAI, con il titolo significativo: “Vita al Policlinico di Milano durante l’influenza spagnola. Una storia di corsi e ricorsi”. Mai titolo di articolo fu più appropriato e puntuale nel mostrare la forte somiglianza fra quello che stiamo vivendo oggi e ciò che accadde cento anni fa circa; fatti i dovuti distinguo scaramantici, visto i morti che ci furono allora.
La fase due di una pandemia è sempre oggetto di sottovalutazioni
Almeno così appare sia da come non ci si è preparati oggi, sia dalle informazioni provenienti dal passato. Alberto Lutrario, Direttore dell’Istituto di Sanità Pubblica, nella relazione redatta nel giugno del 1918, tirò in ballo addirittura l’affermazione fatta da un medico francese del XVIII secolo, François Broussais: L’influenza è un’invenzione delle persone senza soldi e dei medici senza clienti i quali non hanno nulla di meglio da fare che divertirsi con questo gingillo
. Sembrano riecheggiare le parole di Trump di qualche settimana fa in merito al Covid-19, supposta invenzione, appunto, dei medici per fare soldi.
La gestione di questa pandemia mostra come di frequente vengano stravolti ruoli, dati, riferimenti scientifici di una realtà messa in discussione più dall’arroganza del potere che non dalle conseguenze dell’infezione.
È di qualche giorno fa l’affermazione fatta alla Camera da un deputato: Signor Presidente lei ha detto che il diritto alla salute è preliminare. Come si permette di fare una scaletta dei valori costituzionali? Se guardiamo gli articoli semmai è al 32esimo posto, il diritto al lavoro invece è al quarto. E l’articolo 1 dice che l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro, non sui Dpcm
.
Esiste forse una gerarchia dei diritti? Secondo l’onorevole così sembrerebbe. Anche secondo un ricco allenatore di calcio, che ha detto che lo sport è un diritto come la scuola e il lavoro, replicando al Ministro della Salute, rispetto ai provvedimenti presi a limitazione degli eventi sportivi.
Sembrerebbe proprio che esista dunque una gerarchia dei diritti: il lavoro prima della salute, e lo sport al pari degli altri. Viene da chiedersi però come si possa lavorare senza salute, specie quando il lavoro è usurante. L’ultimo rapporto dell’INAIL, datato 21 ottobre scorso, parla di un aumento dei contagi da SARS-Cov-2 sul posto di lavoro, arrivato a quota 54.000. I più colpiti? Indovinate.
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