Un po’ come recita una canzone di un famoso cantante italiano, mentre il mondo veniva fatto a pezzi dalla forza distruttiva di Covid-19 i sanitari a diversi livelli di competenza, i ricercatori e chiunque avesse un ruolo sensibile “componevano” per il futuro, chi nella cura, chi nella ricerca di un vaccino, lottando contro il tempo e le avversità, fuori dai gettonati salotti dei media badando poco all’apparenza e molto all’”essenziale”: la salute.
Vaccino anti Covid, se minacciare il licenziamento è la strada giusta
Si sono sprecati in merito i complimenti, i riconoscimenti per chi ha gettato “il cuore oltre l’ostacolo” sacrificando la libertà personale, gli affetti e la propria vita. Tuttavia a conti fatti, nulla è cambiato nel contesto socio-politico del nostro meraviglioso paese, a parte qualche riconoscimento di facciata teso più al marketing politico che alla sostanziale riconoscenza.
Oggi, che l’atteso vaccino è finalmente realtà, da illustri rappresentanti del nostro panorama politico e sociale si sono sprecate le diatribe sul presunto obbligo vaccinale, quando invece sarebbe stato opportuno, prima ancora di dividersi in censori e difensori, accertarsi e indagare su risvolti e danni psicologici nonché fisici che si sono materializzati per quel che rimane dei sanitari che incide molto sulle (errate) resistenze a vaccinarsi.
L’aspetto emotivo è stato forse troppo sottovalutato a favore delle interpretazioni “giuridiche” che appaiono in taluni casi beffarde e prive del minimo senso di solidarietà anche se per certi versi esatte nella loro formulazione concettuale, che vede o dovrebbe vedere proprio i sanitari da esempio pratico e vivente di portatori di cultura specifica nonché da educatori tesi alla promozione dell’opportuno e necessario vaccino anti-Covid.
Pietro Ichino - giurista, politico, sindacalista e accademico - si è pronunciato in questi giorni in modo freddo e per certi versi cinico decretando che nel caso in cui il lavoratore dovesse rifiutare la vaccinazione il datore di lavoro sarebbe obbligato ad imporne l’allontanamento temporaneo dal luogo di lavoro, arrivando a licenziarlo se tale rifiuto dovesse mettere a rischio la salute di altre persone
.
Una posizione rivolta soprattutto nei confronti dei sanitari anche se non specificata, ma deducibile per ovvietà. Asserzione, seppur fondata su argomenti diversi, simile alle conclusioni cui era arrivato l’ex magistrato Raffaele Guariniello. Queste due letture hanno fatto molto rumore, per l’autorevolezza dei loro sostenitori e per l’impatto che avrebbe questo tipo di interpretazione, suscitando forti dubbi tra gli esperti.
Sulla stessa lunghezza d’onda la sottosegretaria alla salute Sandra Zampa, che ritiene fermamente di rendere obbligatorio il vaccino come pre-condizione all’idoneità a svolgere la professione sanitaria
. A fare da contraltare le parole certamente più sagge e comprensive della Ministra alla PA Fabiana Dadone, che ha replicato a distanza: non sono grande appassionata dell'obbligo in campo vaccinale, il governo si è raccomandato e penso che una raccomandazione forte sia il modo migliore per raggiungere l'immunità di gregge, un metodo coercitivo è assurdo
, marcando la propria posizione su principi di comunicazione corretta e di sensibilizzazione efficace.
È bene sgomberare il campo da qualunque equivoco: il vaccino è doveroso per chi esercita un ruolo così pregnante di responsabilità verso gli assistiti e si espone riguardo la posizione di garanzia tipica di certe professioni affidandosi alle valutazioni della scienza.
Questa convinzione non deve, tuttavia, indurre a dare letture fuorvianti delle norme: infatti, non è possibile licenziare un dipendente che rifiuta il vaccino anti Covid, nonostante l’opinione formulata dal Prof. Ichino.
Vediamo in dettaglio per quali motivi siamo giunti a questa conclusione:come può il datore di lavoro “sanzionare” il dipendente per la mancata accettazione di un vaccino che non è obbligatorio per legge? Ci sono pochi dubbi sull’impossibilità di applicare una sanzione per una condotta (il rifiuto del vaccino) che, per quanto deprecabile sul piano sociale, non è vietata. Né si può pensare di ricavare l’obbligo di farsi somministrare il vaccino per via analogica o interpretativa: l’assunzione di qualsiasi sostanza per scopi medici non può essere imposta senza una specifica norma di legge come prevede l’art. 32 della Costituzione (“Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”). Legge che oggi ancora non esiste.
Nell’intervista del Prof. Ichino l’obbligo di vaccinazione si fonda sulla norma che impone al datore di lavoro di adottare specifiche misure per tutelare i lavoratori, ovvero art. 2087 del codice civile. È un riferimento molto forzato, perché quella norma non prevede, nemmeno indirettamente, un obbligo di vaccinazione del dipendente, rivolgendosi invece al datore di lavoro; tutt’al più, sulla base di questa disposizione si potrebbe arrivare a ritenere sussistente un obbligo per il datore di lavoro fosse di integrare il sistema di sicurezza, procurando la possibilità della vaccinazione. Ma non si potrà costruire l’ulteriore vincolo per il lavoratore, che potrebbe avere tanti e diversi motivi per rifiutare il vaccino (ragioni mediche, paura, convinzione personale, seppure sbagliata).
Un obbligo legale non si può ritrovare nemmeno nella norma citata dal Dott. Guariniello, l’art. 279, comma 2 del d.lgs. n. 81/2008, che fissa l’obbligo per il datore di mettere a disposizione (…) vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono già immuni all’agente biologico presente nella lavorazione
. Tale disposizione fa riferimento al rischio biologico che nasce nell’ambiente di lavoro, caso diverso dall’epidemia da Covid-19, che ha un’origine e una diffusione di carattere generale (e come tale va considerato un rischio generico).
Insomma, sostenere un obbligo vaccinale “impugnando” la minacciosa arma del licenziamento appare oltre che azzardato anche moralmente scorretto verso categorie di professionisti che meriterebbero comprensione e rispetto in un momento di grande tensione derivante dalle circostanze.
Sarebbe stato auspicabile (e siamo ancora in tempo) fondare la sensibilizzazione alla opportuna e necessaria campagna vaccinale una massiva opera di informazione coinvolgendo i professionisti sanitari a diversi livelli di competenza e responsabilità, nelle strutture intra ed extra ospedaliere tese a dirimere i dubbi sulla natura del vaccino anti Covid spiegando nel dettaglio il perché dei tempi così brevi, sulla stupefacente e affascinante impresa che l’uomo e la scienza abbiano fatto nella storia in così poco tempo approntando un vaccino mRna, diverso rispetto ai tradizionali.
I sanitari stessi sarebbero stati una decisiva leva per i cittadini–utenti ancora incerti. Gli innumerevoli vantaggi di un’immunità di gregge avrebbero fugato ogni incertezza circa gli infondati effetti dannosi tanto reclamizzati dal popolo no Vax che andrebbe combattuto con la cultura di massa e fiducia nella scienza nonché evidenze che da essa nascono, di cui i sanitari devono essere i principali artefici e protagonisti.
Perché il tempo sta per scadere e le forze stanno per finire. Ma possiamo, dobbiamo farcela oltre ogni dubbio e resistenza, perché al di là delle parole quel che conta è “l’essenziale”.
Sostengono gli “eroi”
Se il gioco si fa duro, è da giocare
Beati loro poi
Se scambiano le offese con il bene
Succede anche a noi
Di far la guerra e ambire poi alla pace (M. Mengoni – “L’essenziale”)
- Articolo a cura di Erasmo Spinosa - Infermiere
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