Guardarsi negli occhi, vedere il viso nella sua interezza fa la differenza, non solo nella vita quotidiana ma anche nel rapporto clinico sanitario-paziente. Conosciamo bene la potenza della comunicazione e quanto questa incida nella relazione con il paziente, producendo esiti clinici positivi. L’avvento della pandemia e le disposizioni Covid correlate hanno richiesto, a tutela della salute pubblica, l’uso ubiquitario e quotidiano delle mascherine, lasciando libertà di espressione ai nostri occhi ma celando la restante parte del viso. Questi aspetti non sono passati inosservati a molti ricercatori che hanno deciso di indagare quanto e come questa privazione venga percepita dai pazienti assistiti.
Vantaggi della mascherina trasparente nella relazione con l'assistito
La comunicazione verbale e quella non verbale sono intrinseche alla vita quotidiana e risiedono nei nostri gesti. Le espressioni facciali rappresentano “il primo impatto” che diamo di noi stessi agli altri. Il Covid ha in qualche modo nascosto una parte di noi e del nostro modo di comunicare con gli altri, ponendo una barriera “protettiva” ma “distante” tra noi e gli altri.
L’utilizzo di mascherine trasparenti potrebbe però essere un mezzo alternativo e di supporto alla comunicazione con i propri pazienti e uno studio randomizzato controllato condotto in North Carolina lo ha dimostrato. 15 chirurghi hanno infatti indossato o la mascherina chirurgica o quella trasparente; quest’ultima con un’efficacia equivalente a quella chirurgica.
I 200 pazienti che hanno partecipato allo studio e che sono stati intervistati al termine della visita medica hanno dichiarato che i chirurghi che indossavano la mascherina trasparente fornivano delle informazioni più chiare, conoscevano meglio la loro storia clinica e dimostravano maggiore empatia nei loro confronti.
L’uso della mascherina trasparente non ha influito però solo sulla comprensione del paziente e sulla ricezione dello stile comunicativo ma anche nella capacità di trasmettere fiducia, che è stata maggiore. L’informazione viene quindi recepita dal paziente in modo diverso, se il sanitario indossa una mascherina chirurgica convenzionale o trasparente, nonostante il messaggio trasmesso sia il medesimo.
La ragione di questa differenza potrebbe essere spiegata dalla maggiore visibilità del viso del chirurgo e della sua espressività, nonché della comunicazione non verbale e paraverbale che, non essendo pienamente visibile, può essere solo immaginata con una mascherina chirurgica che copre quasi metà del viso. Numerosi studi hanno già dimostrato in passato come l’empatia trasmessa dall’operatore sanitario sia strettamente collegata al grado di soddisfazione delle cure riportato dal paziente, facendo emergere ancora una volta la crucialità e l’importanza del ruolo della comunicazione e della relazione sanitario-paziente.
Da questo recente studio randomizzato controllato, pubblicato sulla rivista JAMA, è emerso però che solo la metà dei chirurghi coinvolti sarebbero stati disponibili a cambiare la scelta del presidio di protezione individuale prediligendo una mascherina trasparente rispetto a quella chirurgica, dimostrando mancanza di fiducia in questa tipologia di mascherina, nonostante fosse stata dichiarata equivalente alla chirurgica in termini di protezione.
I medesimi risultati sono stati raggiunti anche da un altro studio, di tipo cross sectional, che ha invece osservato quale effetto potesse suscitare nei pazienti l’indossare sul camice una foto di sé stessi sorridente. Anche in questo caso i risultati sono stati estremamente positivi, poiché i pazienti hanno percepito una maggiore cordialità, qualità delle cure e dell’assistenza ricevuta.
Il volto, le parole hanno un effetto superiore a quello che si possa pensare. La visibilità della comunicazione del sorriso, contribuiscono in modo sostanziale al processo di cura. Possiamo ignorare o sottovalutare un concetto così semplice e al contempo così efficace e con pochissimi costi?
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