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COVID-19

Italia verso scenario 4, sistema sanitario rischia collasso

di Redazione

L'indice Rt che raddoppia ogni settimana proietta l’Italia verso lo scenario 4 dell'emergenza Covid-19, il più grave previsto nel documento redatto dall’Iss e cioè quello che identifica una situazione di trasmissibilità non controllata con criticità nella tenuta del sistema sanitario nel breve periodo. In attesa di vedere se l'ultimo Dpcm riesce ad invertire la rotta, il Cts comunque non esclude un nuovo lockdown. Intanto l'Italia si scopre - nuovamente - in carenza di infermieri, da nord a sud.

Covid-19, il piano dell’Iss con misure di contenimento molto aggressive

Un aumento dei casi così forte da rendere impossibile le attività di tracciamento e il rischio che le terapie intensive non riescano a reggere. È questo lo scenario 4 verso il quale l'Italia sembra essere proiettata, alla luce dell'aumento dell'indice di trasmissibilità (Rt) che potrebbe superare presto la soglia del 1,5. Se così fosse, si delineerebbe lo scenario più grave dell’epidemia previsto nel documento Prevenzione e risposta a Covid-19 redatto dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss).

Valori di Rt regionali prevalentemente e significativamente maggiori di 1,5 (ovvero con stime dell’IC95% di Rt maggiore di 1,5) - scrive l'Iss - potrebbe portare rapidamente a una numerosità di casi elevata e chiari segnali di sovraccarico dei servizi assistenziali, senza la possibilità di tracciare l’origine dei nuovi casi. La crescita del numero di casi potrebbe comportare un sovraccarico dei servizi assistenziali entro 1-1,5 mesi, a meno che l’epidemia non si diffonda prevalentemente tra le classi di età più giovani, come osservato nel periodo luglio-agosto 2020, e si riuscisse a proteggere le categorie più fragili (es. gli anziani). A questo proposito, si rimarca che appare piuttosto improbabile riuscire a proteggere le categorie più fragili in presenza di un’epidemia caratterizzata da questi valori di trasmissibilità.

Italia a rischio di secondo lockdown

In uno scenario nazionale di questo tipo è presumibile che molte Regioni/PA siano classificate a rischio alto e, vista la velocità di diffusione e l’interconnessione tra le varie Regioni/PA, è improbabile che vi siano situazioni di rischio inferiore al moderato. Se la situazione di rischio alto dovesse persistere per un periodo di più di tre settimane - continua il documento Iss - si rendono molto probabilmente necessarie misure di contenimento molto aggressive.

È un altro mondo rispetto a marzo, ma l'indice Rt raddoppia ogni settimana - ha commentato il commissario all'emergenza coronavirus Domenico Arcuri - Se non si raffredda la curva dei contagi, nessun sistema sanitario sarebbe capace di reggere. Se anche l'1% dei contagiati ogni giorno finisse in terapia intensiva, e i contagiati quel giorno fossero 50.000, ci sarebbero quotidianamente 500 nuovi posti occupati. Serve dunque un nuovo patto di responsabilità ritrovata con i cittadini perché se è vero che l'80% dei contagi avviene in famiglia, qualcuno il virus all'interno delle case lo porta.

La piaga della carenza di infermieri

Per Arcuri, al 29 ottobre, non è stato ancora raggiunto il livello di emergenza nelle rianimazioni: Complessivamente i posti letto in terapia intensiva già attivati o attivabili in pochi giorni sono 10.337, poco meno dei 10.700 che avrebbero dovuto essere pronti alla fine dell'operazione di rafforzamento degli ospedali Covid. All'inizio dell'emergenza i posti letto in terapia intensiva erano 5.179: da allora ho inviato alle Regioni 3.303 ventilatori, cui da domani se ne aggiungeranno altri 1.849.

Una piaga che invece di sanarsi si sta riaprendo, però, è quella della carenza di infermieri. Una ferita sulla quale la prima ondata aveva puntato i riflettori e sulla quale, si pensava, le amministrazioni stessero intervenendo.

Se da un lato la Protezione Civile si è mossa per potenziare i servizi territoriali di contact tracing, tra le corsie degli ospedali (e delle RSA) i problemi sono quelli di mesi fa, con l'aggravante che i "buchi" fino ad oggi sono stati coperti con il precariato, straordinari, turni massacranti, spostamenti da un reparto e da un ospedale all’altro.

La classifica delle regioni messe peggio l’ha fatta il Presidente Nazionale del sindacato Nursing Up, Antonio De Palma, secondo il quale la Campania è al primo posto assoluto per carenza di infermieri per fronteggiare l’emergenza pandemia. Tra le 10 e le 12 mila unità di professionisti della sanità mancano all’appello per fronteggiare il “nemico”. Al secondo posto la disastrata Lombardia. Segue il Piemonte.

Quarantena extra-lavorativa per gli infermieri in Lombardia

Non solo carenza di personale, in Lombardia. La regione ha introdotto per i lavoratori della sanità la 'quarantena part-time'. Vuol dire che se un lavoratore della sanità è venuto a contatto con una persona positiva al Covid-19 è tenuto a stare in quarantena durante il suo tempo libero, quando torna a casa, ma può e deve recarsi al lavoro.

Tenuto conto della normativa vigente gli operatori individuati quali contatti asintomatici di caso (verosimilmente, di norma casi extraospedalieri), anche in considerazione dell’attuale contesto emergenziale, non sospendono l’attività - si legge in uno dei passaggi della circolare datata 26 ottobre a firma Marco Trivelli, Dg del welfare lombardo - e vengono sottoposti ad un rigoroso monitoraggio attivo caratterizzato da rilevazione anamnestica sintomi suggestivi per Covid-19 a cadenza quotidiana, effettuazione di tampone nasofaringeo per ricerca di antigene virale al giorno 0 e giorno 5 + test molecolare al giorno 10 per conclusione del periodo di quarantena. I medesimi operatori sospendono l'attività nel caso di sintomatologia respiratoria o esito positivo.

Si precisa che gli operatori sanitari durante il periodo di sorveglianza attiva, che coincide con il tempo della quarantena, sono tenuti a rispettare la quarantena nelle restanti parti della giornata, ovvero nel tempo extra lavorativo.

Una situazione gravissima, denunciata dal sindacato Fials Milano Area Metropolitana: Gli 'infermieri schiavi' servono a tempo pieno e sembra non importi di chi sia la colpa di questa mancata organizzazione per la lotta a una seconda ondata pandemica, fatto sta che è ancora una volta è il personale sanitario a pagarne le conseguenze afferma Mimma Sternativo, Segretario Generale. Siamo stati prima eroi, poi untori e alla fine vittime di un sistema e di una politica oramai allo sbando. Mentre il mondo fuori reclama la libertà, oggi al personale sanitario viene negato qualunque diritto, anche quello alla salute.

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