Nella prima metà del mese di febbraio l'International Committee on Taxonomy of Viruses (ICTV), che si occupa della designazione e della denominazione dei virus, ha assegnato al nuovo coronavirus il nome definitivo di "Sindrome respiratoria acuta grave coronavirus 2" (SARS-CoV-2), responsabile della malattia respiratoria COVID-19. Nell’articolo si analizza come le unità operative NO-COVID si inseriscono in questo contesto pandemico.
Unità operative NO-COVID in Italia
In questo contesto pandemico la vita continua, perché è più grande del coronavirus e di noi. Si fermano le attività produttive e commerciali non essenziali e cambiano le modalità di insegnamento nelle scuole e nelle università. Anche i nostri rapporti interpersonali prendono forme diverse così come il modo di lavorare degli operatori sanitari abituati ai sorrisi per i propri pazienti ora si ritrovano con una maschera anonima, asettica, impersonale anche se gli occhi e il buon cuore non lo sono e possono trasparire oltre la maschera.
Dal 21 febbraio 2020, quando è stato confermato il primo caso autoctono in Italia, un numero schiacciante di infezioni da SARS-CoV-2 viene continuamente rilevato; potrebbe pertanto capitare che un paziente Covid positivo non documentato abbia necessità di cure specifiche (es. paziente con ictus e necessità di trombolisi).
Come sappiamo l’alta specificità della disciplina neurologica non consente la facile gestione del paziente da parte di altre unità operative, ritengo pertanto fondamentale che ogni reparto debba possedere un protocollo di gestione di paziente covid positivo. Il riconoscimento precoce di COVID-19 è fondamentale per isolare i casi confermati e prevenire un'ulteriore trasmissione.
In tutte le unità operative NO-COVID occorre una pianificazione strategica e protezioni adeguate atte a proteggere i pazienti e il personale da una malattia altamente infettiva, consentendo al contempo il normale funzionamento dell’unità stessa.
Infermieri e oss corrono un rischio maggiore di contrarre l'infezione da COVID-19, a causa del contatto diretto con i pazienti. In effetti, la trasmissione di HCoV (coronavirus umani) attraverso la contaminazione ambientale è stata segnalata in ambito sanitario. Comprendere quali sono le superfici potenzialmente contaminate in un ambiente sanitario è fondamentale per proteggere gli operatori sanitari da questo virus che mostra una tendenza esponenziale senza precedenti con un tempo di resistenza di 3,6-4,1 giorni.
A questo proposito, gli studi suggeriscono che le superfici e le sospensioni possono trasportare HCoV, aumentando il rischio di trasmissione del contatto che potrebbe portare a infezioni da HCoV acquisite in ospedale. Otter et al. hanno scoperto che altri coronavirus (SARS-CoV, MERS-CoV) possono essere trovati su plastica, metallo e tessuti fino a 6 giorni. Pertanto, il monitoraggio della contaminazione ambientale di SARS-CoV-2 può supportare lo studio dell'attuale epidemia e favorire la gestione dell'infezione da COVID-19.
Inoltre, può aiutare a valutare l'efficacia delle procedure di disinfezione e la sicurezza dei dispositivi di protezione individuale (DPI), nel nostro caso di quelli utilizzati nelle unità operative NO-COVID.
Nel reparto è necessario che le stanze dedicate dispongano di una zona cuscinetto per consentire la vestizione/svestizione e lo smaltimento in sicurezza dei DPI.
Dispositivi di protezione individuali per operatori
Gli operatori sanitari coinvolti nella cura diretta dei pazienti devono utilizzare i seguenti DPI:
- Abiti repellenti ai liquidi
- Guanti doppi
- Un respiratore con filtro facciale di classe 2 (FFP2)
- Protezione per gli occhi (occhiali protettivi o visiera)
Si rende necessaria la separazione dei percorsi intra-Ospedalieri o percorso sporco – casi sospetti o percorso pulito – altri pazienti. Poiché i criteri di individuazione dei casi sospetti non possono essere sensibili e specifici al 100%: privilegiando la sensibilità saranno avviati al percorso sporco molti più pazienti e soprattutto molti pazienti non infetti; privilegiando la specificità, potrebbero aumentare i pazienti infetti avviati al percorso pulito. I criteri sono da modulare in base ai dati epidemiologici regionali/locali, considerando anche i casi sentinella.
Organizzazione assistenziale
Inoltre, bisogna assicurarsi che:
- Sia limitato al minimo il numero di operatori esposti, dei quali vanno registrate le generalità
- Siano limitate al minimo le manovre sul paziente
- La cartella clinica del paziente sia lasciata fuori dalla stanza di isolamento
- I parametri siano appuntati su fogli che saranno eliminati con i rifiuti all’interno della stanza di isolamento
- Sia utilizzato per il paziente lo strumentario essenziale dedicato, che va sanificato e lasciato in loco
- Il paziente indossi la mascherina chirurgica e che la cambi almeno ogni 4 ore
- Sia rispettato l’utilizzo della zona filtro, di un filtro funzionale per la vestizione (zona pulita) e la svestizione (zona sporca) e che i percorsi pulito e sporco siano visivamente identificati
- Che la stanza adiacente a quella di isolamento sia tenuta libera
- Che vi siano ampie scorte di DPI per il personale e per i pazienti
- Che vi siano ampie scorte di O2 e dispositivi per erogazione (Venturi e Reservoir)
- Disponibilità adeguata di barelle dedicate
- Disponibilità di emogasometro
- Gli spostamenti per motivi diagnostici devono essere fluidi, immediati e privi di soste non necessarie
È importante:
- Stabilire, per ciascuna categoria di caso, la sequenza temporale e spaziale delle azioni da intraprendere per la gestione clinico-assistenziale e logistica, specificando la matrice di responsabilità (chi fa cosa, quando e dove)
- Garantire la stretta applicazione delle misure di prevenzione e controllo delle infezioni (precauzioni standard, via aerea, da droplets e da contatto)
- Assicurare la razionale dotazione di DPI a tutti gli operatori potenzialmente coinvolti nella gestione dei casi in tutta la filiera assistenziale e disciplinarne le modalità di approvvigionamento e fornitura nonché le corrette procedure di vestizione/svestizione
- Assicurare la corretta applicazione delle procedure di sanificazione e di gestione dei rifiuti e assicurare, una volta posta la diagnosi di caso sospetto o accertato, che gli ambienti in cui il caso ha soggiornato restino chiusi e interdetti fino alla avvenuta sanificazione
Le procedure di pulizia devono essere standardizzate, in particolare le superfici dei reparti devono essere pulite con ipocloruro di sodio alla concentrazione di 1.000 ppm di cloro libero (0,1%) al giorno e 5.000 ppm di cloro libero (0,5%) nella sanificazione terminale.
Queste sopraindicate sono infatti le strategie studiate e pubblicate dalla Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia, che ha mostrato in un recente studio che le anticamere, i corridoi e i campioni post-pulizia erano negativi per l'RNA SARS-CoV-2, suggerendo quindi che tali procedure di protezione e decontaminazione sono sufficienti.
Elenco di oggetti e superfici contrassegnati per SARS-CoV-2 RNA
Elevato rischio | Superfici inanimate |
Zona tampone nella stanza dei pazienti |
Maniglie Coperchi del contenitore dei rifiuti Maniglie per lavello Superfici murali |
Infermeria |
Tavolo da cucina e lavandino Banchi Keyboard del computer Schede mediche e schede dei parametri Maniglie Carrelli per terapia |
Effetti personali degli operatori | Cellulari |
- Articolo a cura di Stefania Marturano, Infermiera
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