Il salto mentale che ci viene richiesto è importante. Molto impegnativo, duro da sostenere ma indispensabile. Talvolta esasperante, ma fondamentale: doveroso non solo perché ce lo chiede(rà) il Governo, ma perché in questo preciso periodo si sta “facendo la storia” e la posta in gioco è elevatissima.
Emergenza coronavirus, è il momento della responsabilità
Da 14 giorni l’emergenza Covid-19 si è impossessata delle menti italiane e sta stravolgendo la vita delle persone, con differente entità d’impatto. Wuhan, la Cina, l’Asia; il Basso Lodigiano e Vò, la Zona rossa; poi la gialla, Lombardia, Emilia. Quindi Francia, Germania, Spagna, il resto d’Italia, Regno unito e Stati Uniti.
Epidemia o pandemia? Il “paziente 1” e il “paziente zero”. Le 2 zone rosse italiane. Distanti ma vicine. Estremamente lontane dal vero focolaio... Focolai o solo sfortunate e indecifrabili location di sorprendenti congiunture fattuali? Domande forse inutili.
La verità è che oggi la vita raccontata dalla TV non è più così lontana da quella di ogni spettatore. Parla di noi, di ognuno di noi
Quando il telegiornale descrive la situazione di Wuhan e abito a Codogno, quando riporta la cronaca di Vò e abito in Sicilia. La globalizzazione è anche questo, l’escalation ormai è innescata.
Il governo ci prova, non c’ è una ricetta preconfezionata, naviga a vista in acque sconosciute ed estremamente perigliose. Un decreto segue l’altro nello sforzo di reagire efficacemente all’epidemia, alla nostra quota anticipata di pandemia.
Tuttavia non esiste atto normativo efficace se l’adesione alla regola di comportamento non arriva ‘dal basso’, da ognuno di noi. Ogni singolo cittadino è protagonista, ancorché inconsapevole.
Mai come ora la presa di coscienza deve essere massimale e il più possibile immediata. Siamo noi, ognuno di noi è il paziente zero
Gli operatori sanitari arrancano
Ogni notizia battuta dai mass media descrive il presente di alcuni e l’indesiderato futuro degli altri.
Gli operatori della sanità delle zone colte dall’epidemia arrancano oberati dall’eccessivo carico di lavoro: per rendere onore al sovrumano sforzo dei servizi sanitari e non e rendere possibile il corretto funzionamento serve una pronta assunzione di responsabilità da parte della cittadinanza.
Per ridurre al minimo il numero dei nuovi casi destinati all’ospedalizzazione, i posti letto non bastano. Per proteggere i nostri cari da un possibile contagio. I nostri colleghi. Il prossimo, chiunque esso sia. Il sistema sociale stesso è a rischio, le istituzioni, i servizi e il loro funzionamento sul territorio. Nelle zone rosse quasi tutto è fermo, a causa della diffusione della virosi.
Siamo noi, ognuno di noi è il paziente zero
Mai come prima la parola del Cristo è attuale e pertinente: Ama il prossimo tuo come te stesso
e tutelalo da te stesso. Perché ognuno di noi potrebbe veicolare l’infezione. Così è arrivata in Europa, attraverso soggetti asintomatici.
È anche una questione di rispetto
La nostra vita è stata violentemente modificata e si rende necessaria una variazione del nostro stile nel condurla, seppur temporaneamente ma in modo radicale.
Perché ogni parola che proferiamo può veicolare il virus agli interlocutori: è necessario mantenere una distanza minima dalle altre persone, per l’ordinamento basta un metro, per le linee guida scientifiche due (per i latini, melius abundare quam deficere).
Perché possiamo contaminare l’ambiente circostante con sternuti, colpi di tosse e manipolando gli oggetti dopo essersi toccati bocca naso o occhi. E il Covid-19 sopravvive anche per diversi giorni sulle superfici inerti.
Più frequentemente ci dobbiamo lavare le mani, più accuratamente. È opportuno disinfettare le superfici più esposte lasciando agire per circa un minuto ipoclorito di sodio 1% o acqua ossigenata 0,5% o etanolo 61-72%. Il telefonino in primis.
È essenziale ridurre al minimo i contatti sociali in vivo, azzerando il contatto fisico e mantenendo le distanze di sicurezza. Lo smartphone (come ogni altro device) tanto (ab)usato nella routine ci offre tuttavia enormi potenzialità di relazione decomprimendo il peso dell’isolamento.
Non frequentare i luoghi di lavoro se si presentano sintomi influenzali, se possibile svolgere da casa le proprie mansioni. Ai datori di lavoro è richiesto di favorire l’utilizzo da parte dei dipendenti dei congedi ordinari e delle ferie; sarebbe inoltre opportuna la revisione del piano gestionale, partendo da un aggiornamento del documento programmatico di sicurezza aziendale per la presenza anomala di rischio biologico.
Coloro i quali devono utilizzare le mascherine, sono obbligati alla corretta procedura per indossarle e mantenerle. Anche al di fuori delle situazioni lavorative. Eccetera.
Ormai siamo tutti coinvolti, anche il contagio è figlio dell’era globale; io stesso quale singolo individuo sono chiamato a contribuire attivamente perché il sistema sociale è in crisi.
Anch’io sono in prima linea, non solo i pazienti e il personale sanitario, non solo gli abitanti della zona rossa
Sono anch’io il paziente zero
Il salto mentale che mi viene richiesto è importante. Molto impegnativo, duro da sostenere ma indispensabile. Talvolta esasperante, ma fondamentale: doveroso non solo perché me lo chiede(rà) il Governo, ma perchè in questo preciso periodo si sta “facendo la storia” e la posta in gioco è elevatissima.
L’articolo 32 della Costituzione non a caso parla della salute come bene di interesse individuale e collettivo al contempo, senza la garanzia del quale tutto il resto barcolla e può addirittura crollare.
Ed è mio dovere civico impedire che dal mio corpo, ancorché asintomatico, possa conseguire un contagio. Se davvero qualcosa di concreto posso fare per contribuire alla contenzione della trasmissione è considerarmi radice del contagio stesso.
Perché la zona rossa cinese era lontanissima, sembrava del tutto aliena. Ora la zona rossa è qui sul nostro territorio e può celarsi al confine del mio comune di residenza.
Siamo noi, ognuno di noi è il paziente zero. Anch’io.
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