L’università è già di per sé una palestra di vita; il tirocinio infermieristico lo è al quadrato, essendo anche una “palestra di professione”. Affrontalo con tutta l’energia di cui sei dotato, pensa sempre a lungo termine e tieni bene a mente che quando ti inserisci in un contesto per te nuovo, hai qualcosa da imparare da tutti: infermieri, medici, operatori socio sanitari e altre figure tecniche, pazienti, familiari e… anche da te stesso.
Vivere il tirocinio al massimo delle sue potenzialità formative
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Il tirocinio clinico è una parte fondamentale del percorso di studi per diventare infermiere
Il tirocinio clinico rappresenta una fetta fondamentale dell’intero panorama formativo della Laurea in Infermieristica. Come superare i problemi che si presentano durante questa esperienza? Ci sono cose da pretendere, ma ricorda: prima di pretendere, bisogna dare!
Il tirocinio curriculare è l’unica via attraverso la quale lo studente infermiere prende contatto con il mondo sanitario reale, con la persona che soffre tangibilmente e con i propri personalissimi ostacoli da superare.
Costituisce un periodo di crescita professionale e umana impareggiabile, poiché integra le conoscenze teoriche con le prassi operative ed organizzative, il pensiero critico con le competenze umane, la sperimentazione con i contesti assistenziali concreti.
Attraverso il tirocinio, lo studente:
- sviluppa le competenze professionali
- sviluppa la consapevolezza del ruolo dell’Infermiere e delle sue implicazioni etico-deontologiche
- conosce le varie dimensioni (organizzativa, relazionale, interdisciplinare) del contesto lavorativo.
Tutto questo avviene sotto la supervisione di un docente in possesso di Laurea Magistrale in Scienze Infermieristiche e Ostetriche e sotto la guida di un tutor clinico, solitamente un infermiere esperto del reparto in cui opera e che abbia seguito un corso di formazione abilitante alla formazione dello studente.
Le università si organizzano in maniera autonoma, per cui ci sono studenti che sono seguiti in rapporto 1:1 da un tutor clinico per tutto il periodo di permanenza in un determinato setting assistenziale, mentre altri devono dividere più figure tutoriali con altri colleghi.
Quale fra questi due metodi è il migliore? La risposta giusta in senso assoluto non esiste e, piuttosto che arrampicarsi alla ricerca di una tesi da spalleggiare o di una da confutare, sarebbe bene ricordare che il tirocinio è e deve essere un periodo formativo.
Bando, dunque, a tutto ciò che non ha valore educativo, sia dal punto di vista professionale che da quello umano, a cominciare dall’atteggiamento polemico (cose che devono valere da ambo le parti).
Creare un buon rapporto con il tutor di riferimento è fondamentale per lo studente infermiere, ma a volte può essere difficile per i motivi più disparati. La prima mossa da fare è senz’altro quella di presentarsi al tutor in maniera educata e rispettosa e, in generale, di avere un approccio al tirocinio propositivo, attento e ragionato.
L’università è già di per sé una palestra di vita; il tirocinio infermieristico lo è al quadrato, essendo anche una “palestra di professione”.
Affrontalo con tutta l’energia di cui sei dotato, pensa sempre a lungo termine e tieni bene a mente che quando ti inserisci in un contesto per te nuovo, hai qualcosa da imparare da tutti: infermieri, medici, operatori socio sanitari e altre figure tecniche, pazienti, familiari e… anche da te stesso!
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