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Strumenti di standardizzazione sanitaria e loro utilizzo

di Elvira La Montagna

L'infermiere è chiamato ad indirizzare la propria pratica verso l'appropriatezza, l'efficacia e l'efficienza, mediante l'organizzazione dell'assistenza secondo modelli gestionali “per processi” multi-professionali. Valutazione, decisione e azione clinica devono essere fondate sulle conoscenze prodotte dalla ricerca e su adeguati indicatori e standard, articolati in strumenti quali linee-guida, raccomandazioni, percorsi clinico-assistenziali, protocolli e procedure.

documentazione sanitaria

La standardizzazione in sanità agevola anche il risparmio

Sono esempi di standard in sanità, per una determinata Unità Operativa, il mancato sviluppo di lesione da pressione (standard di esito); il colloquio infermieristico a scopo anamnestico all'ingresso in reparto (standard di processo); la disponibilità di un'apposita saletta dove eseguire, per esempio, una pratica infermieristica precisa come la tricotomia del paziente (standard di struttura).

I processi e gli strumenti della standardizzazione si propongono di migliorare l'efficacia della gestione delle situazioni cliniche e, quindi, di diminuire la variabilità dei comportamenti.

Procedura Infermieristica

Le procedure rappresentano la forma di standardizzazione più semplice, poiché si riferiscono ad una successione logica di azioni, allo scopo di raccomandare la modalità ottimale di eseguire una tecnica infermieristica semplice o complessa. Il loro essere unità elementare di un determinato processo assistenziale, rende possibile una trasversalità di utilizzo tra differenti unità operative.

Un metodo per identificare l’attività su cui è necessario, o più utile, o più conveniente orientarsi è il cosiddetto incidente critico; monitorando, per un certo periodo di tempo, l’attività di reparto allo scopo di registrare eventuali errori, malpractice e lamentele, si individuando i problemi più gravi o più frequenti di una realtà.

Il problema individuato diviene il punto di partenza per la costruzione delle procedure; il passaggio successivo consiste nel cercare di standardizzare tutte le attività che incidono sul manifestarsi di quel determinato problema. Infine, devono essere codificate e condivise non solo le modalità di applicazione (quando la si applica, in quali situazioni, per quali assistiti, ecc.), ma anche le modalità di aggiornamento continuo e revisione.

Uno schema generale per la costruzione di procedure deve considerare:

  • la definizione di un titolo, descrittivo del campo di applicazione della procedura e dei suoi scopi;
  • la formulazione di un glossario delle sigle e delle definizioni utilizzate nel testo della procedura;
  • la definizione delle responsabilità e delle competenze degli operatori coinvolti nell’esecuzione della procedura;
  • la definizione della sequenza, delle modalità, della tempistica e dell’impiego di risorse e materiali per ciascuna attività che compone la procedura;
  • la segnalazione delle possibili complicanze;
  • le eccezioni alla sua applicazione;
  • la bibliografia di riferimento;
  • l’indicazione degli autori che hanno formulato la procedura;
  • la data della stesura e delle eventuali revisioni.

Linee Guida

Le linee-guida, secondo la classificazione dell'American Institute of Medicine, sono un insieme di raccomandazioni, basate su prove scientifiche, per aiutare vari professionisti a scegliere la più appropriata assistenza sanitaria in specifiche circostanze cliniche. Sono concepite come una sintesi ragionata delle migliori informazioni scientifiche disponibili circa le modalità di diagnosi, cure ed assistenza; hanno lo scopo di facilitare il decision making di un professionista e del paziente stesso. Non è possibile individuare un formato unico per la loro redazione, poiché le linee guida possono variare in relazione all’argomento.

La metodologia di costruzione di una linea guida prevede un percorso sintetizzabile in alcune fasi principali:

  • la scelta e la definizione dell’oggetto;
  • la previsione dei possibili benefici clinici, dei vantaggi e degli svantaggi connessi alla sua adozione, sulla base di una rassegna sistematica delle prove scientifiche e del parere di esperti;
  • la considerazione delle implicazioni di carattere anche generale della sua adozione, ad esempio in merito alle risorse disponibili;
  • lo sviluppo di raccomandazioni di pratica clinica;
  • la redazione della linea guida;
  • l’adozione della linea guida.

Le linee guida, che possono riguardare attività preventive, diagnostiche, terapeutiche e di follow-up, prevedono lo sviluppo di specifiche raccomandazioni, ‘'soppesate’' in base al concetto di ”forza”: maggiore è la consistenza delle prove derivate dalla ricerca scientifica (evidence), maggiore sarà l’accordo degli operatori alle raccomandazioni contenute nelle linee guida.

I metodi per lo sviluppo delle linee guida cliniche sono essenzialmente tre:

  • l’opinione dell’esperto;
  • le conferenze di consenso (consensus conferences);
  • le revisioni sistematiche.

L'opinione dell'esperto è ritenuto il meno attendibile, perché è il prodotto di un processo non strutturato e generalmente informale, basato sull’esperienza di un singolo in un determinato campo.

La consensus conference ha lo scopo di verificare il grado di accordo tra esperti circa la gestione di una determinata situazione clinica, partendo dall’analisi dei dati disponibili in letteratura.

Le conferenze tendono a stimare il grado di accordo (misure di consenso) e a risolvere il disaccordo (sviluppo del consenso), secondo sistemi di graduazione riferiti alle prove cliniche.

Il Council of Health Care Technology statunitense suggerisce il seguente:

  • grado I: accordo basato su studi clinici controllati [massimo grado di accordo];
  • grado II-a: accordo basato su studi clinici non controllati;
  • grado II-b: accordo basato su studi di coorte o caso-controllo;
  • grado II-c: accordo basato su studi fondati sull’osservazione di serie temporali, in presenza o assenza di un intervento;
  • grado III: accordo basato su opinioni di esperti fondate essenzialmente sull’esperienza clinica, meno frequentemente su studi descrittivi.

Le revisioni sistematiche sono strumenti generalmente retrospettivi ed osservazionali (poiché si basano su risultati già noti), in grado di sintetizzare in un’unica stima l’insieme delle prove scientifiche a favore o contro un determinato intervento. Quando i risultati degli studi originali sono sintetizzati, ma non statisticamente combinati, si parla di revisione sistematica qualitativa; quando i risultati dei singoli studi sono combinati statisticamente, si parla di revisione sistematica quantitativa o di metanalisi.

L’ordinamento, il costante aggiornamento e la diffusione di tali strumenti è divenuto l’obiettivo di un gruppo sempre più vasto di clinici, metodologi ed utenti, associatisi nella Cochrane Collaboration.

Il processo di produzione delle linee guida ha una durata che varia da un minimo di 6 mesi ad un anno. La prima fase è rappresentata dalla costituzione di un gruppo di ricerca multidisciplinare, il quale individua una priorità; una volta definiti il problema clinico e le pratiche correnti, si passa alla ricerca delle prove disponibili in letteratura.

Le fonti di informazione usate sono molteplici, ma possono essere classificate sostanzialmente in quattro categorie:

  1. le fonti tradizionali (un collega esperto, trattati/libri di testo, revisioni tradizionali);
  2. le banche-dati biomediche, (Medline, Embase e Cinhal, per l’ambito infermieristico);
  3. le pubblicazioni secondarie basate su criteri evidence-based;
  4. le revisioni sistematiche.

Secondo l’Agency for Health Care Policy and Research, i requisiti a cui devono rispondere le linee guida sono i seguenti:

  • validità: produzione di un miglioramento in termini di salute e di economicità;
  • riproducibilità: gruppi diversi, partendo dalle medesime prove, devono essere in grado di produrre le medesime raccomandazioni;
  • rappresentatività: produzione da parte di gruppi multidisciplinari;
  • attendibilità: tutti gli operatori, nelle medesime circostanze cliniche, interpretano ed applicano in modo sostanzialmente sovrapponibile le raccomandazioni;
  • applicabilità: riferimento a coorti di pazienti con caratteristiche definite;
  • flessibilità: le linee guida devono prevedere quali situazioni debbano considerarsi eccezioni e quali, tra le indicazioni di preferenza dei pazienti, possano essere prese in considerazione;
  • chiarezza: utilizzo di un formato consono all’uso nella pratica clinica, non ambiguo;
  • concretezza: raccomandazioni ad azioni specifiche;
  • documentabilità: devono essere riportati i nomi dei partecipanti, la metodologia utilizzata e le prove scientifiche su cui sono basate;
  • aggiornabilità: le linee guida devono prevedere in quali circostanze esse stesse debbano essere aggiornate rispetto alle prove scientifiche di riferimento.

Percorsi clinico-assistenziali (clinical pathway)

Il percorso clinico-assistenziale, chiamato anche protocollo, prestabilisce un determinato corso d’azione, un determinato iter diagnostico, terapeutico ed assistenziale da attivare a fronte di una situazione clinica tipica; riguarda il controllo sia della qualità che dell’appropriatezza di un insieme di attività, a volte maggiormente legate alla diagnosi e alla cura della malattia o, in altri casi, concernenti la sfera autonoma dell’assistenza infermieristica.

Poiché spesso non è possibile separare nettamente la competenza medica da quella infermieristica, un'efficace strategia per la costruzione dei clinical pathway è rappresentata dall’approccio interdisciplinare.

Il percorso metodologico è incentrato sui seguenti aspetti principali:

  1. la definizione delle caratteristiche cliniche del paziente a cui si riferisce il protocollo;
  2. la specificazione delle azioni diagnostiche, terapeutiche ed assistenziali e la loro sequenza;
  3. la definizione degli esiti di salute, in termini di promozione, miglioramento o mantenimento della situazione clinica presente.

La concezione del percorso clinico-assistenziale come strumento metodologico di pianificazione dell’assistenza infermieristica, impone l’esame delle condizioni operative che ne rendono possibile la costruzione e l’applicazione a specifiche situazioni cliniche. Occorre individuare correttamente le circostanze in presenza delle quali è possibile definire un profilo di assistenza infermieristica standardizzato.

Le situazioni cliniche devono essere prevedibili, delineate dalla manifestazione di uno o più bisogni di assistenza infermieristica, con la relativa possibilità di esplicitare uno o più esiti finali e di scegliere ed indicare atti da eseguire e da rispettare, specificando modalità, tempi, repertorio di risorse, ecc.; devono essere definiti criteri (indicatori e standard) per valutare l’efficacia dell’intervento professionale e mantenere la possibilità di personalizzare il protocollo, cioè di realizzare la flessibilità, modificando alcune sue parti, affinché si adatti meglio alle particolari esigenze manifestate dalla persona assistita.

L’adozione dei clinical pathway rappresenta una fondamentale strategia per governare il sistema organizzativo ed informativo di una determinata unità operativa, poiché orienta la prassi in funzione del controllo dei risultati degli esiti assistenziali e, quindi, della qualità delle prestazioni. Inoltre, la diffusione di tali strumenti potenzia e favorisce l’integrazione interdisciplinare ed il ruolo degli infermieri nell’organizzazione dell’assistenza e nel controllo della qualità.

Tali strumenti rappresentano un valido aiuto per garantire la qualità dell'assistenza erogata dall'infermiere, per l'aggiornamento e per l'educazione permanente. Tuttavia, una scelta diversa da quella suggerita, per esempio, dalle linee guida, motivata e riportata sulla documentazione, non deve essere interpretata necessariamente come malpractice, in virtù dei principi della libertà di cura e della personalizzazione dell'assistenza.

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