Statine e miopatia
Miopatia associata a statine
Il meccanismo d’azione delle statine consiste nel bloccare un enzima (idrossi-metilglutaril-coenzima A reduttasi) indispensabile per il processo di produzione del colesterolo da parte dell’organismo, riducendo così i livelli del colesterolo LDL (Low Density Lipoproteins, lipoproteine a bassa densità).
L’assunzione di statine può ridurre del 30-40% il valore del colesterolo totale, rappresentato dalla somma di LDL e HDL (High Density Lipoproteins, lipoproteine ad alta densità), agendo sulla quantità del colesterolo LDL con una diminuzione anche del 50-60%, mentre i livelli del colesterolo HDL rimangono invariati o possono addirittura aumentare.
I comuni integratori utilizzati spesso come prima arma per abbassare i livelli di colesterolo nel sangue, come ad esempio gli steroli vegetali, agiscono limitando l’assorbimento di colesterolo dal cibo, e quindi possono agire solamente sulla quota di colesterolo che dipende dagli alimenti assunti. Le statine , inoltre, agiscono anche sui livelli dei trigliceridi , con un effetto modesto, circa il 10-15%.
L’efficacia di tali farmaci è ormai del tutto nota visti i numerosi studi effettuati nel dimostrare i benefici correlati all’assunzione, che non è esente però da effetti collaterali. È noto che il trattamento con statine comporta un rischio basso ma definito in letteratura “dose-dipendente” di miopatia .
La miopatia rappresenta una sindrome il cui contesto clinico è dominato da alterazioni in senso anatomo-patologico, fisiologico o biochimico delle cellule che compongono il muscolo volontario. Il meccanismo attraverso cui le statine possono indurre danno muscolare rimane ad oggi in larga parte da chiarire.
Una delle ipotesi più accreditata è che questi farmaci inibiscano la formazione di composti derivanti dal processo di sintesi del colesterolo portando così ad un deficit di ubichinone (componente energetico intracellulare), alterando la normale respirazione cellulare; è stato inoltre dimostrato che l’attività fisica in pazienti trattati con lovastatina produce aumenti maggiori della CK (creatina chinasi), di quelli osservati con la sola attività fisica, suggerendo che le statine possono accentuare il danno al muscolo scheletrico indotto dall’attività.
La mialgia, solitamente non associata ad aumenti sostanziali della CK, è la manifestazione di danno muscolare che si riscontra con maggior frequenza nei pazienti in trattamento con statine (1-5% dei pazienti). In altri casi si possono manifestare aumenti lievi-moderati della CK (da 3 a 10 volte il limite massimo di normalità), mentre un evento raro è la miosite grave, caratterizzata da dolori, indolenzimento e debolezza muscolare associati al riscontro di elevati valori di CK, in genere 10 volte il limite normale. Ancor più raro è il caso in cui si assiste ad elevati livelli di CK non accompagnati da sintomatologia.
La miosite grave rappresenta l’evento più temibile poiché può condurre, se non adeguatamente riconosciuta e trattata, a rabdomiolisi (i processi di scambio elettrolitico che sono alla base del funzionamento muscolare vengono interrotti con conseguente danno muscolare, e rilascio di componenti come la CK e la mioglobina), con mioglobinuria e necrosi renale acuta.
Cosa fare?
La tossicità muscolare associata al farmaco può presentarsi in qualsiasi momento, per tale motivo - soprattutto nei pazienti che presentano un rischio elevato di sviluppare una miopatia - può ritornare utile controllare i livelli di CK contestualmente alla determinazione del profilo lipidico.
Le linee guida relative agli studi su questa tipologia di farmaci suggeriscono che se il paziente riferisce sintomatologia, dovrà eseguire una determinazione costante dei livelli dell’enzima, se non si dovesse riscontrare alcun aumento o l’aumento della CK è di moderata entità e se il dolore risulta tollerabile, si può proseguire il trattamento, verificando costantemente l’andamento della sintomatologia e i livelli dell’enzima ogni 7-10 giorni.
Qualora i sintomi risultassero progressivamente ingravescenti e in presenza di aumento sostanziale della CK negli esami seriati, è prudente sospendere la terapia temporaneamente. Si potrà riprendere il trattamento in un secondo momento, quando il paziente sarà asintomatico e impiegando un’altra statina.
In caso di rivalutazione del paziente e modifica del trattamento, teniamo sempre presente che qualsiasi dose di statina è comunque meglio di niente, in alternativa possiamo utilizzare l’ezetimibe preferibilmente in associazione o da sola (la miopatia da ezetimibe è improbabile), anche il fenofibrato riduce il colesterolo-LDL del 15-20%, oppure valutare l’assunzione di rosuvastatina a giorni alterni.
Il trattamento deve sempre essere sospeso sotto controllo medico ed è sempre necessario interromperlo quando si riscontrano livelli di CK 10 volte superiori ai limiti normali, indipendentemente dal fatto che il paziente presenti o meno sintomi.
Oggi si stanno utilizzando nuovi farmaci per combattere l’ipercolesterolemia o displidemia mista, sia in combinazione alle statine che in forma unica in pazienti colpiti da miopatia; uno tra questi è rappresentato dall’Inclisiran (somministrazione sottocutanea semestrale) che si è dimostrato efficace nell’abbassare i livelli di colesterolo LDL nei pazienti con malattia cardiovascolare aterosclerotica.
Poter disporre di questi farmaci, altamente innovativi, segna un importante progresso nella cura dei pazienti con malattia cardiovascolare ad alto rischio non trattabili con statine.
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