Quando si parla di prevenzione delle malattie infettive, ricordiamo spesso figure fondamentali come Ignaz Semmelweis per l’igiene delle mani, Joseph Lister, pioniere dell’antisepsi, Louis Pasteur, padre della microbiologia e dell’immunologia e Robert Koch, che ha posto le basi dell’eziologia batterica con i suoi studi sulle malattie infettive. Tuttavia, la storia della medicina non è fatta solo di scoperte e progressi scientifici, ma anche di casi emblematici che hanno contribuito a chiarire i meccanismi di trasmissione delle infezioni. Uno di questi è il caso di Mary Mallon, meglio conosciuta come "Typhoid Mary". La sua vicenda ha rappresentato un punto di svolta nella comprensione del ruolo dei portatori sani nella diffusione delle malattie infettive, in particolare dell’agente eziologico della febbre tifoide. La sua storia, per alcuni tratti rocambolesca, merita di essere raccontata.
Cos’è la febbre tifoide
Illustrazione di Mary la Tifoide
La febbre tifoide è una grave infezione sistemica che colpisce esclusivamente l’uomo e viene causata dal batterio Salmonella Typhi.
Questa malattia si manifesta con sintomi come febbre alta, debolezza, dolori addominali e in alcuni casi può portare a complicazioni gravi se non trattata adeguatamente.
Un'infezione sistemica è una malattia che non si limita a una sola parte del corpo, ma può coinvolgere vari organi e sistemi, spesso causando effetti a livello generale come febbre e affaticamento.
Il batterio Salmonella Typhi, che appartiene alla famiglia delle Enterobacteriaceae e si classifica come Gram-negativo, è il principale responsabile della febbre tifoide.
Serbatoio e modalità di trasmissione
L’unico serbatoio naturale della Salmonella Typhi è l’uomo. La trasmissione avviene principalmente attraverso l’ingestione di cibo o acqua contaminati da feci o urine di individui infetti.
Per questo motivo, la febbre tifoide è strettamente legata a condizioni igienico-sanitarie inadeguate e alla mancanza di accesso a acqua potabile sicura.
Portatori sani: perché esistono?
Dopo l'infezione, la maggior parte delle persone elimina il batterio nell’arco di settimane o mesi. Tuttavia, una piccola percentuale (circa il 3-5%) diventa portatore sano cronico. In questi soggetti, la Salmonella Typhi può persistere nell’organismo, soprattutto nella cistifellea e nel tratto biliare, senza causare sintomi evidenti.
Nonostante l'assenza di malattia, i portatori sani continuano a eliminare il batterio con le feci, contribuendo così alla diffusione dell’infezione, in particolare se lavorano in settori a rischio come la ristorazione o la sanità.
La scoperta del portatore sano: l'arresto e i test clinici di Mary Mallon
Soper, nonostante il rifiuto di Mary, riuscì a ottenere il supporto delle autorità sanitarie pubbliche. Così, Mary venne arrestata nel 1907 e forzata a sottoporsi a esami clinici.
I test rivelarono che Mary era portatrice sana di Salmonella Typhi; pur non manifestando sintomi della malattia, il batterio era presente nel suo intestino e veniva eliminato nelle feci, contaminando il cibo che preparava.
In quel periodo il suo volto debuttò su tutti i giornali e la stampa le affibbiò il nome di Typhoid Mary. Molti articoli originali dell’epoca possono essere rintracciati nelle pagine dedicate della “Library of Congress”.
La quarantena e il ritorno al lavoro sotto falso nome
Dopo essere stata identificata come portatrice sana, Mary Mallon nel 1907 fu isolata e messa in quarantena sull'Isola North Brother, vicino a New York, dove fu tenuta in isolamento forzato.
Nel 1910 le fu permesso di lasciare la quarantena, ma con l'obbligo di non lavorare più come cuoca. Nonostante l'ordine di non lavorare nel settore della ristorazione, Mary violò il divieto e riprese a lavorare come cuoca sotto falso nome di Mary Brown. Nel 1915, Mary causò un'altra epidemia di febbre tifoide provocando nuove infezioni e persino la morte di alcune persone.
Il secondo arresto e gli ultimi anni di vita
Mary fu rintracciata dopo 5 anni e, arrestata per la seconda volte nel 1915, venne messa nuovamente in quarantena.
Mary trascorse gli ultimi 23 anni della sua vita in isolamento, incapace di essere reintegrata nella società e nel suo lavoro. Morì nel 1938, all'età di 69 anni, per un ictus. Sebbene fosse ancora portatrice del batterio, non sviluppò mai la malattia.
Come la stampa dell’epoca ha raccontato le vicende di Mary Mallon |
Molti articoli originali dell’epoca possono essere rintracciati nelle pagine dedicate della Library of Congress. Possiamo leggere ben 11 articoli che riguardano Mary Mallon, pubblicati tra il 1907 e il 1915, a testimonianza dell'attenzione costante dei media sulla sua vicenda. ![]() Un'illustrazione di Typhoid Mary al lavoro mentre è intenta a “spaccare teschi” su di una padella. E in basso l’immagine di Mary ricoverata in ospedale. Apparve su "The New York American" pubblicato il 20 giugno 1091 e portava il sottotitolo: "La straordinaria situazione di Mary Mallon, una prigioniera dell'ospedale di quarantena di New York". La stampa dell’epoca giocò un ruolo fondamentale nel plasmare l’opinione pubblica sulla sua storia, alternando toni sensazionalistici a una più profonda riflessione sulle implicazioni sanitarie e legali del caso. Titoli come "Donna fabbrica del tifo tenuta prigioniera" (The Evening World, 1907) e "L'infelice situazione di Mary per il tifo" (The San Francisco Call, 1909) oscillavano tra la rappresentazione di Mary come una minaccia per la salute pubblica e quella di una vittima delle circostanze. Altri articoli, come "Typhoid Mary è stata rilasciata" (The Marion Daily Mirror, 1910) e "Abito per $50.000 di 'Typhoid Mary'" (The Times Dispatch, 1911), documentavano le sue battaglie legali e i suoi tentativi di riottenere la libertà. Nel frattempo, la crescente consapevolezza scientifica sulla trasmissione delle malattie infettive trovava spazio nei giornali. Il New-York Tribune, nel 1909, si interrogava se a "New York ci fossero altre case con i parassiti ambulanti?", suggerendo che il caso di Mary non fosse un’anomalia isolata, ma parte di un problema più ampio. Il Richmond Times-Dispatch, nel 1915, con l’articolo "Portatori di microbi – il pericolo appena scoperto per la salute di tutti – e nessun rimedio per questo", rifletteva invece una nuova paura collettiva: il timore che chiunque potesse essere un pericolo invisibile per la comunità, anche senza mostrare sintomi. Allo stesso tempo, alcuni giornali costruirono attorno a Mary una narrazione quasi mitologica, contribuendo a renderla un personaggio leggendario. Titoli come "L’esilio per tutta la vita potrebbe essere il destino di Typhoid Mary" (The Sun, 1915) e "Strega a New York" (The Tacoma Times, 1915) accentuavano il suo status di figura temuta e incompresa, evocando l'immaginario della caccia alle streghe e suggerendo che il pubblico dell’epoca la percepisse non solo come un pericolo biologico, ma anche come un’anomalia sociale. Ma la vicenda di Mary non fu solo una questione sanitaria: fu anche un caso giudiziario e politico. Articoli come "Abito per $50.000 di 'Typhoid Mary'" e "Typhoid Mary lascia cadere il suo abito" (The Sun, 1912) dimostrano i suoi tentativi di difendersi legalmente, chiedendo un risarcimento per il trattamento subito. Tuttavia, la sua battaglia giudiziaria si scontrò con un sistema che, in nome della salute pubblica, privilegiava la protezione collettiva rispetto ai diritti individuali. |
Il caso di Mary Mallon non fu solo un evento sanitario, ma una storia che coinvolse epidemiologi, funzionari sanitari e giornalisti di primo piano.
L’attenzione mediatica trasformò la sua vicenda in un dibattito pubblico sulla gestione delle epidemie, sui diritti dei malati e sulla responsabilità della stampa nel raccontare la scienza al grande pubblico.
Ancora oggi, la sua storia solleva interrogativi fondamentali sull'equilibrio tra libertà personale e sicurezza sanitaria, dimostrando come la comunicazione e il giornalismo possano contribuire a creare – o distorcere – la percezione di una crisi sanitaria.
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