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Area geriatrica

Infermiere chirurgia ortopedica: gestione frattura del femore

di Rosa Santi

Frattura di Femore

Panoramica di un caso assistenziale, dalle linee guida nazionali alla contestualizzazione nel reparto di area chirurgica della realtà privata polesana.

Quello che vi presento è un caso clinico di fantasia. Cercando di riportare su tastiera un po’ della mia esperienza quotidiana, unita alle più recenti linee guida SIA SIOT, ho realizzato un piano assistenziale che può essere allo stesso tempo realistico e attendibile, così da essere strumento chiaro e utile nella pratica clinica.

Presentazione della patologia associata al tipo di paziente descritto

Una delle conseguenze più gravi delle cadute nelle persone anziane, soprattutto se la caduta comporta un colpo diretto al lato dell’anca, è la frattura del femore. L’incidenza aumenta se tra i fattori annoveriamo osteoporosi, cancro o lesioni da stress, condizioni generalmente comuni in pazienti con più di 70 anni. Generalmente la frattura coinvolge tre aree diverse, tipizzandosi quindi in frattura intracapsulare (collo e testa del femore), pertrocanterica (tra il collo del femore e il piccolo trocantere), sottotrocanterica (nella zona compresa tra i primi centimetri al di sotto del piccolo trocantere), senza sottovalutare i casi in cui possono essere presenti più tipi di fratture allo stesso momento. La regione del collo del femore è la più esposta per la sua conformazione unita al carico di peso corporeo a cui è sottoposta. Il paziente fratturato lamenta dolore all’anca o irradiato fino all’inguine, ha mobilità dell’articolazione ridotta o completamente impedita, e presenta l’arto colpito accorciato ed extraruotato.

Le complicazioni del trattamento sono ovviamente conseguenti alla gravità della frattura e del conseguente metodo di riduzione e alle condizioni di salute preesistenti all’infortunio.

Le più frequenti sono:

  • Scompenso di patologie preesistenti; 
  • Lesioni da decubito; 
  • Tromboflebite ed embolia polmonare; 
  • Infezione/ematoma/spostamento della frattura post trattamento chirurgico; 
  • Ritardo della consolidazione; 
  • Necrosi della testa del femore; 
  • Lesioni a nervi o arterie; 
  • Lussazione di eventuali protesi; 
  • Choc ipotensivo al cemento; 
  • Decesso (25% di decesso entro l’anno nei pazienti con più di 80 anni a prescindere dal trattamento).


Presentazione del caso

Anna, 75 anni, autonoma, vive al piano inferiore di una villetta a due piani occupata da sempre da lei e dal figlio Ivano, sposato e padre di due figli. In una nuvolosa mattina di inizio primavera, Anna, decisa a raccogliere i panni appena stesi, prima dell’arrivo di un temporale che già si faceva sentire non così tanto in lontananza, scivola su una pozza creata dall’umidità delle lenzuola. Dopo aver imprecato contro la centrifuga di una lavatrice che ha ormai l’età del suo nipote più grande, si rende conto di non riuscire più ad alzarsi e decide saggiamente di chiamare aiuto a gran voce. La nuora, accorsa subito, allerta il 118. All’arrivo del personale sanitario Anna descrive l’accaduto e si lamenta del dolore provato poco dopo la caduta, della sensazione strana che le dà il suo piede così improvvisamente storto, e della preoccupazione di essere ancora stesa a terra con il temporale quasi sopra di sé. Trasportata al pronto soccorso le fanno in pochi minuti un antidolorifico, i primi esami del sangue, un rx al torace e al bacino con anche comprese, confermando una diagnosi ormai certa: frattura sottocapitata del femore destro. Ne conseguono l’allerta all’ortopedico che prescrive il posizionamento di una valva di protezione, il posizionamento del catetere vescicale e la chiamata al reparto di destinazione.

Dopo altri accertamenti che permettono ai sanitari di avere un quadro di partenza sia dal punto di vista ematochimico che cardiaco, Anna e Ivano, che nel frattempo ha raggiunto la madre, arrivano in reparto. Anna scopre di essere in camera con un’altra signora, sua coetanea, che la accoglie con un sorriso che Anna legge più come una soddisfazione di non essere più nelle condizioni della nuova arrivata, che un benvenuto caloroso. Gli infermieri, nonostante le molte domande, cercano di metterla a suo agio. Immediatamente la priorità diventa la preparazione della paziente ad un intervento già stabilito per il giorno successivo e per la seguente permanenza in reparto. Con un indice Norton-Stotts di 12 si allerta la farmacia della necessità di un presidio antidecubito che non permetta la compromissione dell’integrità cutanea di Anna. In preparazione all’intervento vengono poi controllate prescrizioni terapeutiche e cartella: una volta somministrate la profilassi antibiotica ed antitromboembolica, si procede con il completamento degli esami non eseguiti in pronto soccorso così da essere pronti per un’accurata consulenza anestesiologica e per eventuali trasfusioni peri e post operatorie. Ad Anna, frastornata dalla paura provata e dal nuovo ambiente, viene spiegato l’intervento e viene data rassicurazione. Anna, maestra elementare e da sempre grande lettrice di polizieschi, pensa che per quanto un medico si sforzi di parlarle comprensibilmente, riesce sempre a infilare nel discorso termini medichesi, e sorride che tanto “alla fine il consenso lo firmo anche se non me lo spieghi”.

In più poco dopo il clisma di preparazione all’intervento, le è completamente chiaro che anche l’atto quotidiano più basilare dell’andare al bagno, diventerà una preoccupazione, minando la sua orgogliosa autonomia.

In poco tempo e dopo pasti frugali, arriva la notte. Ivano torna dai suoi figli e la stanchezza prende il sopravvento. Ogni tanto nei suoi sogni spuntano mitologiche creature notturne vestite di bianco che la vegliano, pronte ad accorrere per toglierle il dolore provato.

Giorno dell’intervento

Parte la vestizione del guerriero. Anna ha sempre pensato che le donasse il verde, che per fortuna è stesa perché a quanto pare si sono dimenticati di fare il retro del camice, e che per una volta nessuno può dirle nulla sui denti che ha dovuto lasciare sul comodino (un povero lascito dopotutto. Da quanto le hanno chiesto sembra che qui ci sia gente che lascia occhi di vetro e gambe di legno prima di entrare in sala operatoria).

Anna sente già che si cambia aria. Molte più luci, un sacco di tende, sarà un’impressione ma fa anche più freddo in sala. Mentre lei dorme la trattano con un’endoprotesi, sostituendo la testa del femore con una testa metallica della stessa dimensione. Le lasciano in ricordo delle bende elastiche a fasciarle l’intera gamba e un drenaggio in aspirazione per prevenire ematomi in corrispondenza del sito chirurgico. A letto Anna rimane supina, con gli arti inferiori leggermente divaricati e con la gamba operata distesa senza rialzi al di sotto di essa, così da permetterne il centramento ed evitando la lussazione della nuova protesi.

Al rientro in reparto di routine vengono presi i parametri e viene eseguito un emocromo di controllo per comprendere l’entità della perdita ematica durante l’intervento. Per l’indomani vengono prenotati dei raggi di controllo all’anca e al bacino. La giornata di Anna, dopo un periodo di sonno misto a veglia, seguito da veglia mista a nausea mista a sonno, va per concludersi. Nelle ore pomeridiane intanto sono stati somministrati i protocolli antibiotici, le terapie antitrombotiche sottocutanee, e viene controllata la medicazione. Dal drenaggio non esce molto, l’emocromo è nella norma. L’igiene intima viene effettuata mantenendo l’arto operato in asse, in due o tre operatori e con l’aiuto di un cuscino posizionato longitudinalmente tra le gambe. Si somministra una terapia antalgica prima di dormire, con una copertura ulteriore al bisogno già pronta per qualsiasi evenienza.

Prima giornata

Anna pensa che dopo aver maledetto per anni il gatto che vuole uscire alle 7, ne sente la mancanza. Ancora prelievi? Viene eseguita una miniroutine ematica di controllo, e dopo una colazione leggera viene fatta la radiografia. Protesi in sede, carico concesso. Dal giro visita parte poi una richiesta di valutazione fisiatrica. Ad Anna risulta tutto un po’ più chiaro quando l’infermiere che a metà mattina le sta togliendo il drenaggio, la sta medicando e le sta mettendo delle calze così ostiche da far venire il dubbio di essere ingrassati, le spiega che verrà mano a mano seduta a letto e poi accompagnata nei pomeriggi successivi a far palestra in attesa di un posto nel reparto di riabilitazione. La precoce verticalizzazione dell’anziano operato di frattura di femore è fondamentale nel recupero complessivo rapido dell’autonomia.
A cena Anna è seduta a letto, con un pasto da 1000 kcal, che “neanche in quaresima” pensa fra sé e sè.

Seconda giornata

Altro emocromo di controllo. Gli esami vanno bene e anche i pasti sembrano più sostanziosi. Una volta tolto il catetere sembra che il recupero sia sempre più vicino. Previa rivalutazione Norton, il MAD viene tolto. La vicina di letto non sta recuperando come vorrebbe, ma il personale rimane sempre a disposizione per incoraggiamenti e risposte ai mille dubbi posti. Dopo i raggi le è stato prescritto carico parziale sull’arto operato, ed è costretta a muoversi, negli spazi ristretti di una camera condivisa, con un deambulatore e accompagnata da un operatore.

Terza giornata

L’emocromo va bene, addirittura si recuperano i pochi decimali di emoglobina persi dall’intervento. Una volta medicata Anna viene alzata e seduta a tavola. Nel pomeriggio comincerà ad andare in palestra accompagnata dai fisioterapisti a fare i primi esercizi. Ivano porta dei cioccolatini e i nipoti.

Quarta giornata

L’infermiere promette che è l’ultimo prelievo! Una miniroutine di paragone con le precedenti che chiude il quadro clinico di degenza di Anna dopo l’intervento. Si fanno i primi passi, e si incontra il fisiatra che la accoglierà il giorno successivo nel reparto di riabilitazione. Ogni tanto qualche dolore si presenta e la medicazione a piatto si sporca dove prima c’era il drenaggio, soprattutto dopo gli esercizi in palestra.

Quinta giornata

La sveglia è più serena. Anna è tecnologica e da casa arriva una foto del gatto perfettamente in salute. Dopo colazione l’ultima medicazione di reparto e i saluti. Subito dopo pranzo si cambia reparto. Anna saluta, ringrazia e parte. Nel nuovo reparto gli spazi sono più grandi e i suoi compagni di percorso sembrano tutti più sani. Le viene spiegato che il suo percorso durerà tra le due e le tre settimane, così da renderla abile a stendere ancora i panni. Nella lettera di dimissione dall’ortopedia è previsto il depuntamento della ferita dopo 15 giorni dall’intervento, i controlli in ambulatorio dopo 45 giorni e un rx di controllo a distanza di tre mesi. Le viene illustrato il programma, palestra mattina e sera. Ivano porta un’orchidea nella nuova stanza e Anna ha l’impressione sia tornata la primavera dopo il passaggio di un violento temporale.

Conclusione

Ho cercato di romanzare il ricovero di Anna per alleggerire un problema che con l’incremento dell’aspettativa di vita, aumenta giorno dopo giorno. La prevenzione sulle cause resta il miglior trattamento. L’osteoporosi si sviluppa più spesso nelle donne in menopausa e negli uomini di età avanzata, o in soggetti con predisposizione ereditaria. Non potendo cambiare i nostri geni e la nostra fragilità, non ci resta che controllare la nostra alimentazione e il nostri livello di attività, così da rinforzare le strutture articolari e ossee. La dieta dovrebbe comprendere Calcio e Vitamina D, lo stile di vita non dovrebbe comprendere fumo e alcool, ma esercizio fisico. Non da meno la sicurezza in casa; tappeti, disordine, una luce inadeguata, calzature non idonee, aree bagnate e l’assenza di maniglie o corrimani per le scale sono fattori di rischio.

Come nella maggior parte dei casi l’assistenza infermieristica e fisioterapica diventano fondamentali per il recupero funzionale e veloce del paziente operato.

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