Il Peripherally Inserted Central Catheters è un catetere venoso centrale esterno non tunnellizzato, a media permanenza (1-3 mesi). È costituito da un tubo flessibile in silicone o in poliuretano ad alta biocompatibilità di grandezza variabile, (monolume, bilume, tritume).
Con l’intento di ottimizzare l’utilizzo dei dispositivi invasivi, e focalizzando l’attenzione sia nella gestione che nella prevenzione delle infezioni, anche l’ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia, nosocomio di riferimento del capoluogo umbro, si è adeguato alla maggioranza degli ospedali di rilievo nazionale attraverso l’istituzione del P.I.C.C. TEAM.
Il P.I.C.C. (Peripherally Inserted Central Catheters) è un catetere venoso centrale esterno non tunnellizzato, a media permanenza (1-3 mesi). È costituito da un tubo flessibile in silicone o in poliuretano ad alta biocompatibilità di grandezza variabile, (monolume, bilume, trilume); il dispositivo può essere a punta aperta o a punta chiusa con valvola di Groshong. Viene definito catetere centrale in quanto la sua punta viene posizionata nel terzo inferiore della vena cava o nella giunzione atrio cavale, ad inserimento periferico percutaneo: grazie all’ausilio di un ecografo e attraverso la tecnica ecoguidata, vengono visualizzate le vene periferiche degli arti superiori vena basilica, vena cefalica, vene brachiali. Per l’inserimento del P.I.C.C. è richiesto il consenso informato e quindi un’informazione dettagliata sia da parte del medico che dell’infermiere.
L’utilizzo del P.I.C.C. è indicato nei casi seguenti:
- Necessità di un accesso venoso centrale per un tempo prolungato;
- Pazienti da trattare anche o esclusivamente in ambiente extraospedaliero;
- Accesso venoso stabile per un tempo superiore a 10 giorni;
- Mancanza di accessi periferici a livello degli avambracci;
- Pazienti piastrinopenici, scoagulati, con un alto rischio di pneumotorace;
- Necessità di infusioni acide, basiche, ipertoniche o con effetto vescicante e irritante sull’endotelio;
- Presenza di alto rischio di complicanze infettive qualora si posizionasse un cvc tradizionale.
Al contrario, il posizionamento è controindicato in quei soggetti che presentano una nota o sospetta batteriemia o hanno manifestato pregressi episodi di trombosi venosa.
Si è riscontrato un notevole aumento nell’impiego del P.I.C.C., grazie alle garanzie che offre nel somministrare per lunghi periodi antibiotici, chemioterapici, nutrizioni parenterali; inoltre, il P.I.C.C. fornisce un valido dispositivo venoso centrale a medio lungo termine e viene posizionato con procedure invasive di minor portata, risultando così più tollerabile ai pazienti.
Il P.I.C.C. TEAM è costituito da una équipe composta da medici ed infermieri, affinché l’impianto e la gestione dello stesso possa rientrare tra le competenze degli infermieri è necessario che venga effettuato un percorso formativo specifico e validato. La gerenza del P.I.C.C. non solo si presenta rilevante ai fini clinici ma lo è anche nei confronti della professione infermieristica stessa: l’infermiere è un professionista laureato ed autonomo il quale, previa formazione mirata può estendere la propria professionalità e competenza, rivalutando il proprio impiego da “generico” a specializzato. Numerose università, come la Cattolica in Roma, propongono un’ampia scelta formativa post laurea, come i master e corsi di alta specializzazione, attraverso i quali il professionista può acquisire competenze e conoscenze peculiari. Per quanto concerne i percorsi formativi sull’inserimento del P.I.C.C., ci sono dei Master sugli “Accessi Vascolari” che hanno lo scopo di approfondire ed ampliare le conoscenze nel campo delle medicazioni, dell’impianto e della gestione degli accessi venosi in tutte le loro implicazioni cliniche ed assistenziali. Sovente si suddividono in due sessioni. Durante la prima sessione, quella teorica, vengono trattate ed approfondite tematiche come: le tecniche d’inserzione e la gestione del presidio, le possibili complicanze precoci e tardive, l’anatomia ecografica dell’arto superiore ed i principi base dell’uso dell’ecografo. La seconda sessione, che coincide con la fase pratica, si articola in delle esemplificazioni e simulazioni con dei manichini per inserzione del P.I.C.C. nei vasi venosi.
Purtroppo tali master ancora non sono riconosciuti dalla legge come titoli preferenziali per un determinato ambito lavorativo, fortunatamente molte aziende sanitarie come quella di Perugia hanno scelto i componenti del team in base alla presenza di specializzazioni specifiche ed appropriate. Solo per quanto riguarda la funzione di coordinatore è richiesto specificatamente il conseguimento del master. A tale proposito, è utile citare la Legge n.43/2006 che tratta chiaramente il concetto di formazione, competenze e quindi responsabilità dei professionisti sanitari; la legge individua quattro figure: i professionisti, i professionisti coordinatori, professionisti dirigenti, la figura dei professionisti specialisti; i professionisti coordinatori per diventare tali hanno l’obbligo di possedere un master di primo livello in Management o per funzioni di coordinamento rilasciato dall’università, quindi per quanto riguarda questa figura professionale i master assumono una connotazione rilevante, anzi indispensabile.
Due anni fa è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale, la legge 190/2014 del 23/12/2014 (la cosiddetta legge di stabilità). In questo atto normativo vi è un comma, il 566 che tratta delle professioni sanitarie infermieristiche e non solo, aprendo in qualche modo la strada al tanto nominato infermiere specialista. Interpellata l'allora Presidente dell’IPASVI (Infermieri Professionali, Assistenti Sanitari e Vigilatrici dell’Infanzia), Annalisa Silvestro, in un articolo sul sito della Federazione Nazionale Collegi Ipasvi e su un'altra rivista commenta la legge appena approvata. Si tratta di una norma importantissima, alla stregua della L. 42/99 che apre la strada, anzi, la delinea senza possibilità di diverse interpretazioni, alla figura dell’infermiere specialista in sei distinte aree di sviluppo, prevedendo per le nuove figure dei percorsi formativi post universitari dedicati. Sicuramente la strada, verso un’affermazione professionale più specialistica è ancora in salita, visto la resistenza culturale verso questo cambiamento che, non è altro che la presa d’atto della realtà. Gli infermieri mettono in atto competenze avanzate. Da molti anni l’infermiere è un professionista autonomo, ha una formazione universitaria e sostiene un esame di stato per l’abilitazione all’esercizio professionale.
Serena Millenni, Infermiera
marta.donatelli
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Salve! Sarebbe possibile avere la bibliografia di questo articolo? Grazie!