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Operatori Socio Sanitari

Autonomia differenziata, no a Oss di serie A e serie B

di Redazione

Non possiamo permetterci un Paese spaccato in due e 21 diverse qualifiche di Oss con diversi valori di retribuzione. Non vogliamo e non possiamo accettare che il Paese venga diviso in 21 regioni con 21 sanità differenti. Così Angelo Minghetti (Federazione Migep Oss) e Gennaro Sorrentino (Stati Generali Oss) esprimono preoccupazione dopo l'approvazione della riforma sull'Autonomia differenziata. Ritengono che la norma possa avere anche pesanti ripercussioni sulla professione già fragile degli operatori socio sanitari, soprattutto per quanto riguarda la loro formazione specifica, creando Oss di “serie A” ed altri di “serie B” e comportando altresì gravi mancanze di uniformità ed equità nei confronti dei cittadini e sugli stipendi.

Preoccupazioni Migep-Stati Generali oss sull'autonomia differenziata

lenzuola

Migep e Stati Generali esprimono preoccupazione riguardo gli effetti che potrà avere sugli Oss italiani la riforma sull'Autonomia differenziata.

Il paese deve offrire ai cittadini e ai suoi professionisti, da nord a sud, la medesima possibilità nelle cure e nella formazione dei suoi Oss, senza distinzione, perché essi rappresentano una risorsa enorme su cui si deve contare, rimarcano in una nota congiunta invitando gli operatori ad essere maggiormente coesi, unendosi agli Stati Generali, sia per avere più forza e considerazione come categoria con l'istituzione del Registro Unico Nazionale, sia per combattere l'autonomia differenziata.

C'è il rischio, spiegano, che essa possa ulteriormente rafforzare i notevoli squilibri di competenze di cui già soffre la professione, anche a causa della carenza di personale infermieristico, nonché minare il diritto di tutela professionale e il diritto della salute dei cittadini.

Tale provvedimento priverà le regioni che non saranno al passo con quelle più ricche delle garanzie sociali e dei servizi essenziali per l'assistenza, rappresentando così l'ennesimo ostacolo contro la povertà e la disuguaglianza, spiegano.

Ritengono che il divario, che già esiste tra il Nord e il Sud del Paese, aumenterà in maniera irrecuperabile a causa della mancanza di gettito fiscale da parte delle regioni più ricche. Temono che tale disparità possa allargarsi anche alla formazione professionale, alle graduatorie concorsuali, agli stipendi del personale nonché ai contratti di lavoro.

Si realizzerà in tal modo una secessione che infrangerà la Costituzione e la coesione sociale ed azzopperà la qualità della sanità a causa di un'anomala geografia sanitaria – denunciano -. Sarà molto difficile intervenire poi per colmare le differenze dell'assistenza sanitaria a causa delle ataviche difficoltà economiche delle regioni meridionali che si vedranno costrette ad aumentare i costi per assicurare gli standard minimi e garantire i nuovi Lep, i livelli essenziali di prestazione, precisano.

Saremo pertanto in prima linea nella difesa di una sanità accessibile a tutti, di un sistema sanitario sempre più specializzato e di una formazione equa per gli operatori, annunciano sottolineando quanto si debba piuttosto costruire un'Italia forte ed una sanità che garantisca per tutti gli stessi livelli qualitativi assistenziali. Abbiamo bisogno di una politica sanitaria concreta che sia capace di dettare linee guida a tutela della salute dei cittadini più fragili, concludono.

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