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Infermieri in Inghilterra

A Cambridge si sta bene, ma io sogno l'Italia e tornerò

di Redazione

Gli infermieri italiani in Inghilterra trovano spesso terreno fertile per la propria professionalità, riconosciuta e molto apprezzata. È il caso di Valentina, che lavora a Cambridge con estrema soddisfazione. Ma anche con tanta, tanta nostalgia dell’Italia e, contrariamente a molti altri, lei è convinta: il mio futuro deve essere l’Italia, tornerò!

Lavorare come infermiere in Inghilterra, la decisione di partire

Uno scorcio di Cambridge

Ho sempre voluto fare un'esperienza all'estero, già dai primi anni di università quando a lezione si parlava di progetti erasmus.

Durante il secondo anno di corso ci è stata offerta la possibilità di partecipare a un bando per vincere un’esperienza in Norvegia all'interno di un ospedale per tre mesi, ma purtroppo sono risultata seconda in graduatoria e ho perso questa possibilità. Da lì mi è sempre rimasta radicata dentro la curiosità di partire, di migliorarmi, di conoscere la realtà infermieristica e ospedaliera di un altro paese, di fare esperienze fuori dall'Italia. 

Mentre scrivevo la tesi, durante l'ultimo anno, ho cominciato ad informarmi per l'Inghilterra e a novembre 2015 ho fatto il primo colloquio con l'ospedale Addenbrooke's di Cambridge. Ho avuto la possibilità di fare questo colloquio grazie a un'agenzia irlandese che si occupa di reclutamento di personale e che mi ha messo in contatto con l'ospedale e con la responsabile del reparto in cui ora lavoro.

Il colloquio è stato sia motivazionale sia conoscitivo. Mi sono state fatte domande su dosaggi, calcoli su farmaci, anatomia e mi è stato chiesto di risolvere alcuni scenari che mi venivano presentati: come mi sarei comportata se fosse successa quella cosa, cosa avrei fatto se avessi avuto un paziente con una determinata patologia e così via. Tutto questo, ovviamente, in lingua inglese. 

Dopo pochi giorni la risposta positiva è arrivata e ho cominciato a preparare tutti i documenti per la partenza.

Partire per un altro paese non è semplice; mi ha richiesto molto tempo e molte carte burocratiche da compilare. Innanzitutto bisogna essere iscritti all'NMC, che è come il nostro Ipasvi italiano: si richiede direttamente online un plico di fogli da compilare che vanno poi rispediti allo stesso indirizzo.

L'NMC richiede i propri dati personali, il timbro del collegio italiano a cui si è iscritti, che serve da prova e da certificazione della professione, una visita medica dal proprio medico di base, una copia della pergamena di laurea e il certificato finale con tutti i voti universitari, tutto tradotto in inglese con tanto di traduzione giurata dei documenti, che viene fatta in tribunale.

Le tempistiche sono lunghe e bisogna stare attenti a spedire tutto il necessario e le cose corrette. Gli inglesi sono molto scrupolosi e precisi, anche per piccolezze possono ritardare il processo di mesi e mesi. Dopo aver compilato queste carte a marzo 2016 sono partita.

Infermiera italiana a Cambridge, un anno dopo

La mia esperienza in Inghilterra è estremamente positiva; lavoro in un reparto di riabilitazione con persone colpite da ictus e lavoro in stretta collaborazione con fisioterapisti, terapisti occupazionali e logopedisti.

Il modello di lavorare inglese è estremamente diverso da quello italiano: noi infermieri siamo divisi per team, ad ogni team è assegnato un Oss e c’è sempre una coordinatrice del turno, che non corrisponde all’infermiere coordinatore italiano.

I primi tempi sono stati difficili, perché qui in Inghilterra la burocrazia è tantissima e all’inizio è tutto un po’ frustrante, perché nonostante si venga riconosciuti come infermieri a tutti gli effetti, prima che ti lascino eseguire prelievi ematici o il giro terapia, tempo ne passa.

Superato questo scoglio iniziale, per il quale ci vuole solo pazienza, può iniziare davvero un'esperienza professionale fantastica, ricchissima di opportunità di crescita.

La cosa che preferisco è la grandissima possibilità di cambiare reparto che l’Inghilterra offre, qui c’è tanta flessibilità per gli infermieri e ci sono tante occasioni di ampliare il proprio bagaglio professionale.

Tutto questo mi dispiace, perché in realtà io ho visto con i miei occhi che la preparazione di noi infermieri italiani è nettamente superiore rispetto a quella degli inglesi. Il peccato grandissimo è che l’Italia ci “rigetti”. Io sto benissimo qui a Cambridge e ho intenzione di accumulare più esperienze possibili.

Resterò qui ancora qualche anno, ma il mio cuore è e resta italiano e voglio che italiano sia anche il mio futuro. Prima o poi tornerò!

Valentina, Infermiera

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