C’era una volta l’isola felice per gli Infermieri Italiani, l’Inghilterra. Con l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea e con le restrizioni sulle conoscenze linguistiche ora tutto è stato messo in discussione. Tuttavia il suolo britannico, terra di Florence Nightingale, resta a tutti gli effetti una delle eccellenze per la classe infermieristica a livello mondiale.
Gli infermieri italiani oggi lo cercano lavoro all’estero
Le leggende narrano di proprietari di cliniche che sguinzagliavano emissari nelle Università a caccia dei migliori candidati e di concorsi pubblici in cui i prescelti erano addirittura inferiori ai posti di lavoro previsti nel bando. La realtà dei fatti è oggi ben diversa e sconfortante e gli infermieri sono costretti a muoversi in una giungla (poco florida, a dire il vero) di annunci di lavoro che offre ben pochi appigli.
Esiste tuttavia una Nazione in cui - in parte - le cose funzionano come tanti anni addietro qui da noi. Una Nazione che invia oggi centinaia di reclutatori in tutta Europa (con l’avvento del Brexit) occorrerà attendere gli eventi), ma specialmente in Italia, Spagna e Portogallo, per individuare professionisti preparati, in grado di fornire un immediato apporto grazie alla solidità della loro preparazione teorica e alla flessibilità delle loro abilità pratiche.
Questa Nazione è l'Inghilterra
Il Servizio Sanitario Nazionale inglese, l'NHS (National Health Sistem), soffre di una cronica carenza di personale, nello specifico di medici ed infermieri, che è stata storicamente colmata con l'apporto di professionisti provenienti dalle ex colonie di Sua Maestà la Regina, specialmente India, Filippine, Paesi africani e caraibici.
Negli ultimi cinque anni, tuttavia, gli ospedali pubblici e privati d'Inghilterra,servendosi di agenzie intermediarie hanno abilmente intercettato la disperata domanda di lavoro presente in molti Paesi del Sud Europa, tra cui il nostro, il quale, tra blocco del turnover e mancato adeguamento delle piante organiche, vede crescere costantemente l'età media della propria forza lavoro, a fronte di una massa di decine di migliaia di disoccupati.
La tentazione di mollare tutto e partire per cercare fortuna in terra d'Albione è diventata un fenomeno che, negli ultimi due anni in particolare, ha assunto le proporzioni di un esodo, sicché il numero degli italiani presenti oltremanica è passato da poche centinaia ad oltre 2.500 unità secondo statistiche aggiornate all'anno scorso (fonte: Nursing and Midwifery Council) e che quindi non tengono conto di un trend esponenzialmente in crescita.
Nessun'altra categoria professionale in Italia ha conosciuto un fenomeno migratorio di così vasta portata. Per questa ragione i mass media vi hanno dato molta risonanza, specie a partire dagli ultimi mesi del 2015, fino a spingere le prima ignare e poi disinteressate rappresentanze professionali, sindacali e politiche a farne oggetto di dibattito.
Assumere un infermiere italiano (o spagnolo oppure portoghese) è un’opzione estremamente allettante per il datore di lavoro inglese. In Inghilterra è ben conosciuto l'ottimo livello di preparazione che le Università italiane forniscono ai giovani professionisti, capaci di essere impiegati con estrema flessibilità e competenza in ogni contesto già subito dopo la laurea.
Italiani ed Inglesi, però, erano entrambi cittadini comunitari. Con il sì al Brexit la Gran Bretagna non è più in Unione Europea.
Le normative dell'Unione Europea in tema di libera circolazione dei lavoratori rendevano le procedure di assunzione, riconoscimento del titolo di studio e di inserimento nel contesto lavorativo più snelle e quindi più economiche rispetto a quelle previste per un professionista di un altro continente: un lavoratore italiano non aveva bisogno di rinnovare il proprio visto di lavoro.
Poi il 23 giugno 2016 l’Inghilterra ha votato per il Brexit e i sogni di tanti si sono incrinati di fronte alla nuova realtà politica ed economica.
Per un infermiere italiano, giovane e meno giovane, invece, il Regno Unito non è solo una prospettiva allettante, ma è la coronazione di un sogno lungamente atteso e che spesso si è tentato invano di realizzare in Italia.
Posto di lavoro fisso, stipendio adeguato a sostenere un tenore di vita discretamente agiato – anche se pure in questo ambito fioccano le leggende metropolitane - prospettive di carriera e di specializzazione impensabili in Italia.
L'assunzione presso una struttura dell'NHS offre spesso, poi, la possibilità di vivere in realtà metropolitane dinamiche e cosmopolite come quelle di Londra o Manchester, in cui ci si relaziona con persone (colleghi e pazienti) provenienti da ogni angolo del mondo, arricchendo così il proprio bagaglio culturale con una quantità e varietà di esperienze che non trova eguali in Europa.
Nel momento in cui ci si approccia per la prima volta ad un'offerta di lavoro nel Regno Unito la prima preoccupazione, da buoni italiani, non è quella relativa allo scoglio linguistico, ma al timore di essere truffati.
La notizia – sorprendente, di questi tempi - è che non ci sono truffe. In 14 mesi di permanenza in questo Paese non ho mai incontrato o sentito parlare di un collega che sia stato raggirato. Non importa che l'offerta giungesse da un datore di lavoro pubblico o privato.
Le recruitment agencies, ovvero le agenzie di reclutamento, offrono esattamente ciò che promettono e se in genere vi sono delle discrepanze o delle incomprensioni queste vertono sui bonus promessi o su aspetti relativi a quella che definirei la contrattazione collettiva inglese, come i livelli retributivi.
Per incentivare l'espatrio da tempo la grande maggioranza degli ospedali offre pacchetti più o meno completi di relocation, ovvero di trasferimento, che comprendono, oltre all'assunzione a tempo indeterminato senza periodo di prova (esatto, avete letto bene), una serie di benefits quali uno o più mesi di alloggio pagato in residenze per lavoratori, viaggi pagati per il primo rientro in Italia, tessera trasporti (la famosa Oyster londinese) gratuita per uno o più mesi.
Oltre – è logico – ai corsi di formazione introduttivi finalizzati all'inserimento nell'ambiente lavorativo (denominati induction), nonché all'ottenimento di quei certificati (come il BLS) considerati essenziali per l'attività che si andrà a svolgere in una determinata unità operativa.
Ciliegina sulla torta, benché dal 18 gennaio di quest'anno sia diventato obbligatorio il superamento del test IELTS con un determinato punteggio per l'iscrizione all'equivalente britannico del Collegio Ipasvi, l'NMC (Nursing and Midwifery Council), non sono poche le recruitment agencies che offrono corsi gratuiti finalizzati al superamento della prova, durante lo svolgimento dei quali si viene comunque già inseriti part-time nella realtà lavorativa ospedaliera, con la qualifica di HCA, più o meno paragonabile - fatti i dovuti distinguo – a quella del nostro Operatore Socio Sanitario. Lo stesso NMC, inoltre, ha da poco aperto alla flessibilità sulla dimostrazione della conoscenza della lingua inglese.
Chi non si lascerebbe tentare, in un momento di così drammatica sofferenza nel mondo del lavoro infermieristico, da proposte così stuzzicanti, all'apparenza troppo belle per essere vere - ma vere?
Ovviamente non si è esonerati dall'adottare elementari accortezze, per cui una veloce ricerca su Internet ed una navigazione sul sito della recruitment agency sono sempre opportune e consigliate.
Ben altro discorso è quello relativo alla valutazione dei contenuti dell'offerta di lavoro.
In primo luogo, se si sceglie una destinazione diversa da Londra, occorre valutare la facilità di trasferimento dall'aeroporto alla città nella quale ci si intende trasferire: vi sono regioni distanti diverse ore di viaggio dal primo aeroporto collegato con l'Italia.
Anche la vivacità e la dinamicità dell'ambiente giocano un ruolo fondamentale: bisogna sempre ricordarsi che in Inghilterra raramente si arriva in compagnia, per cui è indispensabile crearsi fin da subito una rete di amicizie e di contatti utili a formare una sorta di "piccola famiglia".
La solitudine pesa
Che si tratti di amicizie italiane o straniere, di colleghi di lavoro o di coinquilini, questo dipende dal caso e dalle proprie attitudini, ma anche dallo stesso datore di lavoro, che tende ad assumere gruppi di overseas nurses, proprio per favorire la coesione tra i neo assunti e conseguentemente la loro permanenza.
Londra, città regina del melting pot in Europa, ma anche vera e propria estensione dell'Italia tanto da contare circa 250.000 connazionali nel suo territorio, offre sotto questo profilo possibilità infinite di legami con connazionali o comunque con persone di qualunque origine e nazionalità.
Anche la capitale, tuttavia, presenta i suoi contro, per cui occorrerà valutare attentamente la distanza tra la propria residenza ed il luogo di lavoro, se non si vogliono spendere un paio d'ore al giorno nel commuting, ovvero nel tragitto casa - lavoro.
È vero comunque che, nel succitato pacchetto di relocation, gli ospedali includono anche la disponibilità di un'accomodation, accomodation per keyworkers, ovvero di residenze per quelle categorie di lavoratori chiave considerati essenziali in Inghilterra, come i medici, i poliziotti, i vigili del fuoco e... gli infermieri!
In genere l'accomodation è costruita proprio accanto all'ospedale, per evitare il commuting e favorire la pronta reperibilità del personale. Un esempio da imitare.
Il costo della vita nella capitale, inoltre, è decisamente più elevato che altrove.
Benché anche i salari siano superiori, includendo una somma di importo variabile a seconda della distanza dal centro urbano del luogo di lavoro, chi intende trasferirsi a Londra dovrà razionalizzare e contenere le spese, rinunciando spesso anche alle mille tentazioni di svago offerte dalla metropoli.
La carriera del personale sanitario non medico inglese è infatti suddivisa in fasce e la prima assunzione, purché si abbia già la registrazione presso l'NMC, avviene come Band 5, ovvero il primo livello della carriera infermieristica.
L'esperienza lavorativa italiana è riconosciuta ai fini retributivi, nel senso che più saranno gli anni di lavoro prestati in Italia, maggiore sarà la retribuzione iniziale, ma sempre all'interno del Band 5. Qualora poi si parta senza l'iscrizione all'NMC, si verrà allora inizialmente inquadrati per qualche mese, nelle more del procedimento, come Band 3, ovvero come HCA, con tutte le conseguenze (negative) sul salario che da ciò ne conseguono.
Le offerte di lavoro per l'Inghilterra sono oggi reperibili con estrema facilità online e l'invio del curriculum vitae non è un problema.
Non importa che sia redatto secondo uno specifico formato (gli Inglesi non amano l'Europass), ciò che conta è che le informazioni siano sintetiche ed espresse in un inglese sufficientemente corretto.
In genere le risposte non tardano ad arrivare e nel giro di pochi giorni si viene contattati telefonicamente da un esponente della recruitment agency intermediaria, che si rivolgerà al candidato nella grande maggioranza dei casi in lingua inglese.
Ci vorrà in genere un quarto d'ora solo per realizzare di cosa diamine stia parlando, fidatevi.
L'inglese colloquiale e l'accento di un madrelingua non sono quelli ascoltati dal professore a scuola e gli infermieri italiani in genere non sono avvezzi alla pratica quotidiana dell'inglese.
Per fortuna al contatto telefonico segue sempre una e-mail di conferma con le indicazioni relative a data e sede del colloquio (interview) che sarà necessario sostenere in lingua inglese, sempre e solo con dirigenti infermieristici dell'ospedale promotore dell'offerta di lavoro.
Il colloquio può essere sostenuto in presenza (in Italia) o tramite Skype e talvolta si accompagna al superamento di una breve prova scritta con alcune domande a risposta aperta o chiusa.
La risposta non tarda ad arrivare. Anzi, è immediata
Al termine della mia (lunga) interview mi fu chiesto di attendere qualche minuto in sala d'aspetto. Assuefatto alle tempistiche italiane, ero convinto che mi sarebbe stato detto che avrei ricevuto una telefonata di lì a qualche giorno.
Non posso dimenticare invece il momento in cui il recruiter uscì fuori dalla stanza dopo cinque minuti per dirmi: “loro pensano che tu sia lovely”, che tradotto letteralmente significa “amorevole”, ma in realtà esprime un generale apprezzamento nell'inglese quotidiano.
Non solo mi fu confermata istantaneamente l'assunzione, ma mi venne anche comunicato che sarei stato assegnato ad una sede distaccata dell'ospedale: quella in cui tuttora lavoro.
I mesi successivi all'assunzione sono senza dubbio quelli più ansiogeni, intensi e complicati, non solo per preparare il trasloco, ma anche per sbrigare le mille pratiche burocratiche per completare la procedura di assunzione e per ottenere l'iscrizione all'NMC.
La burocrazia inglese a volte sa essere tremendamente rigida e spesso il riconoscimento della propria documentazione comporta lungaggini e ritardi. Non sono rari i casi, vissuti per esperienza diretta e nei racconti di colleghi, in cui più di una volta l'NMC rifiuta documenti originali e bollati o chiede l'integrazione di altri che in realtà sono stati già prodotti.
Occorrono spesso diversi mesi per ottenere il sudato pin number e potersi così ufficialmente qualificare infermieri inglesi.
La procedura di assunzione, invece, presenta uno scoglio spesso arduo da superare, ma soprattutto del tutto inaspettato per un italiano.
Allo scopo di comprovare quanto dichiarato nel curriculum, dagli anni di studio all'attività lavorativa e coprire retroattivamente un periodo pari anche a tre anni, in Inghilterra è richiesta obbligatoriamente la produzione di referenze.
Esatto, proprio quelle che in Italia sono sinonimo di raccomandazione.
Capirete bene che ottenerle da un datore di lavoro con il quale si è in pessimi rapporti o perfino in causa per via di mancati pagamenti o di una mancata regolarizzazione può diventare decisamente problematico. Così come quando si viene fuori da lunghi periodi di disoccupazione.
Anche quelli sono da dimostrare con la produzione di referenze. Tuttavia, anche nella normalità dei casi, richiedere una dichiarazione al proprio superiore o datore di lavoro viene considerato come un favore o comunque come un documento misterioso da non compilare o firmare per timore di possibili ripercussioni legali.
Ovviamente, non vale a niente provare a fare i furbi richiedendo le referenze a familiari e parenti a vario titolo.
Il mercato del lavoro inglese si fonda su queste testimonianze scritte e spesso sono gli stessi datori di lavoro a produrle spontaneamente nel caso in cui si cambi lavoro nel Regno Unito.
Non serve a nulla, quindi, protestare o accampare giustificazioni e difficoltà; ci si scontrerà con un muro. Per fortuna, da bravi Italiani, sappiamo sempre come trovare soluzioni alternative per ovviare alle difficoltà.
All’offerta proveniente dalle recruitment agencies esiste poi un'alternativa, meno conosciuta ma praticata dagli Italiani già residenti nel Regno Unito e giunti qui per svolgere lavori temporanei, prevalentemente allo scopo di migliorare la propria conoscenza linguistica, prima di lanciarsi nell'avventura della professione infermieristica: basta infatti recarsi sul portale www.jobs.nhs.uk, rovistare tra le infinite offerte di lavoro del Servizio Sanitario britannico e presentare direttamente una application, cioè una candidatura a quella posizione lavorativa.
Il processo è identico, ma non esiste intermediazione.
Il processo di reclutamento in una struttura sanitaria inglese, insomma, presenta molte incognite e difficoltà, ma nessun dramma o sgradita sorpresa.
Essere informati, comunque, è fondamentale se si è intenzionati a compiere il grande passo; ben vengano pertanto mezzi di comunicazione digitali o cartacei che concentrano la loro attenzione anche sul fenomeno degli infermieri espatriati in Europa.
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