MILANO. L'ammissibilità morale dell'aborto o interruzione volontaria di gravidanza (IVG) è in gran parte soggetta a convinzioni etiche, ad orientamenti religiosi o più in generale al modo in cui una cultura si pone di fronte a concetti come l'anima o la vita. Navigando su Wikipedia, alla voce IVG, trovate scritto che a partire dagli ultimi decenni del XX secolo è una pratica autorizzata per legge in buona parte del mondo, soprattutto in quello occidentale, a discrezione della donna nei primi mesi della gestazione. In Italia questo diritto è stato conquistato 35 anni fa.
Prima del 1978 tante donne sperimentavano la terribile esperienza di un aborto clandestino, mettendosi in mano a sconosciuti, senza la minima garanzia professionale e sanitaria. Di aborto si moriva. Con la legge 194/78 la donna italiana conquista il diritto di scelta e il diritto di abortire in sicurezza. Eppure, nonostante sia stato così faticosamente conquistato, questo diritto rischia di essere minato dalla moltitudine di personale sanitario obiettore di coscienza, dalla Chiesa Cattolica e ahimè utilizzato come mezzo strumentale di propaganda politica.
Accade il 12 maggio 2013 in occasione della Festa della mamma e (coincidenza) della Giornata mondiale dell'infermiere. Accade a Roma, capitale d'Italia e una delle più affascinanti capitali d'Europa. Accade che 30000 persone si radunino, accade che si urli per la difesa dell'embrione e poi accade che si metta in cammino la ‘Marcia nazionale per la vita’ .
I partecipanti vogliono firmare l’appello europeo ‘Uno di noi’, per “garantire protezione giuridica all’embrione, tutelando ogni essere umano sin dal primo istante della sua esistenza”. Ma chi sono questi partecipanti? Non sorprende ci siano i massimi esponenti della Chiesa Cattolica, sorprende che ci siano rappresentanti politici, sorprende ci siano tante donne figlie e nipoti di quelle stesse donne che hanno combattuto per la libertà di scelta.
Lungi dal fare un discorso politico o religioso di cosa sia giusto o etico fare. E' importante far capire l'importanza nel difendere la L194/78. Non vuole di certo essere un'opera di convincimento per chi è convinto che l'aborto sia un "genocidio" o "una strage degli innocenti", l'intento è informare, così come prevede la stessa Legge, informare per poter scegliere. Mi preme ricordare che l'Italia è una Repubblica democratica (così cita la nostra Costituzione) che ha già scelto democraticamente nel 1978 e l'ha ribadito altrettanto democraticamente nel 1981 (venne indetto un Referendum per abolire la 194 ma più del 70% dei votanti respinse il tentativo di riportare le donne alla condizione di clandestinità).
La Legge 194/78 declina tre periodi distinti per l’IVG (interruzione volontaria di gravidanza):
- entro i primi 90 giorni è "concesso" alla donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza il parto o la maternità comportano un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica in relazione a:
1) condizioni economiche; 2) sociali o familiari; 3) alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento (é giusto tenere un figlio concepito da una violenza sessuale? Non lo so, è difficile, ma diamo almeno alla vittima possibilità di scelta); 4) in previsioni di anomalie o malformazioni del concepito.
- Dopo i primi 90 giorni per grave pericolo per la vita della donna o grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna determinato da accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro.
- Quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto solo nel caso di grave pericolo per la vita della donna.
Vale la pena ricordare che prima che la donna possa abortire deve comunque passare attraverso alcuni step preliminari atti a consentire di "cambiare idea". Secondo la suddetta legge e secondo il codice deontologico degli infermieri (2009 art.8) "L’infermiere, nel caso di conflitti determinati da diverse visioni etiche, si impegna a trovare la soluzione attraverso il dialogo. Qualora vi fosse e persistesse una richiesta di attività in contrasto con i principi etici della professione e con i propri valori, si avvale della clausola di coscienza, facendosi garante delle prestazioni necessarie per l’incolumità e la vita dell’assistito".
Stesso dicasi del codice deontologico medico e ostetrico. Certo è, e a supporto c'è una sentenza della cassazione, che nè il medico, nè l'infermiere o l'ostetrica possono rifiutarsi di prestare cure a una donna che volontariamente si è sottoposta a IVG.
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