Fuori dai confini nazionali gli infermieri rappresentano una risposta ormai consolidata e validata alle nuove sfide dell'assistenza, mentre in Italia, che registra l'aspettativa di vita tra le più alte d'Europa, l'assistenza a lungo termine è numericamente inferiore rispetto alla maggior parte dei paesi OCSE. Fondamentale, dunque, investire sulle cure primarie e sull'infermiere di comunità, perché solo facendo rete e identificando un focus comune cioè i bisogni assistenziali delle persone e della comunità - afferma Luisa Zappini, presidente Ipasvi Trento - riusciremo a rispondere alle nuove sfide del futuro
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Ipasvi Trento: Impariamo dall’Europa e investiamo su infermiere di comunità
Letto e raccolto l’allarme lanciato dall'Ordine dei medici sulla carenza dei medici di medicina generale, il Collegio Ipasvi di Trento evidenzia come, per quanto riguarda il rapporto tra medici e infermieri, la situazione trentina si stia progressivamente allineando al trend europeo. Negli ultimi 15 anni in Italia si è infatti passati da una proporzione di un medico ogni infermiere a una di un medico ogni 2,5 infermieri ovvero circa 100.000 mila medici e 260.000 infermieri.
Tuttavia, anche se con percentuali leggermente diverse nelle vari regioni italiane, colpisce come il rapporto infermieri–cittadini sia ancora molto inferiore rispetto a quello dei principali paesi europei ed il Trentino non fa eccezione. Dai dati OCSE emerge infatti che in Italia ogni 1000 abitanti ci sono circa 7 infermieri contro i 9 di Gran Bretagna e Francia, 12 della Germania. La media europea è di 8 ogni 1000 cittadini.
Questo significa che, mentre fuori dai confini nazionali gli infermieri rappresentano una risposta ormai consolidata e validata alle nuove sfide dell'assistenza, in Italia, a fronte di un’aspettativa di vita tra le più alte in Europa, l’offerta di assistenza di lungo termine è numericamente inferiore rispetto alla maggior parte dei paesi OCSE. Questi numeri, precisa il Collegio Ipasvi, vanno analizzati tenendo conto della cronicizzazione delle malattie, con un passaggio dall'ospedalizzazione spinta alla presa in carico dei pazienti nei contesti delle cure territoriali. Gli infermieri che lavorano nella comunità si trovano quindi a gestire situazioni sempre più complesse sia sul piano sanitario sia sociale.
In quest'ottica diventa fondamentale investire sulle cure primarie. La sperimentazione dell'Associazione funzionale territoriale (AFT), attualmente avviata a Pinzolo e in previsione di partenza in tutte le realtà provinciali, nella quale è inserita la figura dell'infermiere di comunità, permette al medico di medicina generale di essere valorizzato nel suo ruolo e supportato nella gestione dell'aumentata incidenza della cronicità.
Proprio per rispondere al meglio ai bisogni dei cittadini, il Collegio ha promosso un'indagine qualitativa che coinvolge in maniera diretta le persone affette da patologie croniche che vivono sui territori afferenti all'AFT di Pinzolo, per conoscere le effettive necessità e modulare quindi le risposte assistenziali. I risultati saranno divulgati entro la fine dell'anno. La presa in carico riguarda tutti i professionisti della salute
, precisa la presidente del Collegio Luisa Zappini.
Solo facendo rete e identificando un focus comune, cioè i bisogni assistenziali delle persone e della comunità, riusciremo a rispondere alle nuove sfide del futuro
. La figura dell'infermiere di comunità, che vede gli ambienti di vita della persona – casa, comunità, strutture - come setting privilegiati dell'assistenza, ricalca quella di un professionista che agisce in modo proattivo, in rete con tutti i servizi socio sanitari, riconosciuto e integrato, per cui facilmente contattabile.
Egli basa il suo operato sui principi della medicina di iniziativa, attingendo all'esperienza assistenziale, alla conoscenza del territorio, delle persone e delle istituzioni. Il professionista, quindi, funge da ponte e da facilitatore tra il paziente, la sua famiglia e i diversi interlocutori istituzionali.
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