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Demansionamento: si parla di demasionamento senza conoscerlo

di Redazione

INFERMIERE DEMANSIONATO

Caro Direttore,

si scrivono articoli senza averlo subito, si utilizza come argomento solo quando fa comodo per ottenere consensi. Ma la realtà è ben altra cosa, decine di migliaia di colleghi lo vivono sulla loro pelle ogni giorno. Non riescono a sconfiggerlo, ad arginarlo, a limitarlo, sono loro malgrado costretti a conviverci perché imposto dall’alto, dai piani di studio universitario, dai loro docenti infermieri, dai loro coordinatori infermieri, dai loro colleghi ignoranti, insicuri, coloro che hanno come motto: “Si è sempre fatto cosi, ora arrivi tu e vuoi cambiare le cose?”.

Solo coloro che ogni giorno lo percepiscono sulla loro pelle e si sono resi conto di quanto sia deleterio e dequalificante sono in grado di parlarne. Agli altri, coloro i quali non hanno mai lavorato un giorno nei reparti accanto al paziente, nelle sale operatorie nelle cliniche private, ma hanno solo fatto i dirigenti da subito, o sono stai collocati in posti di privilegio, lascio la mera consolazione di riempire pagine e pagine dei social network o di riviste, di concetti vacui e immaginari, nella speranza che un giorno possano assurgere a ruoli ancora più importanti, ma senza l’appoggio dei veri infermieri, quelli che vivono veramente la professione. Il demansionamento strategico è una realtà perpetrata da almeno 30 anni, anche e soprattutto con la complicità del collegio IPASVI, che non si è mai battuto per difendere coloro ai quali, chiede di elargire il contributo obbligatorio, che obbligatorio non è tra l'altro.

 

Si esatto, non è assolutamente obbligatorio per i dipendenti pubblici, su tale principio generale si è espressa la Cassazione penale che con sentenza n. 6491 del 13 febbraio 2009 stabilisce: «(...) L'obbligo d'iscrizione non sussiste per gli infermieri professionali che non svolgono attività autonoma e libera, ma sono legati da un rapporto di lavoro dipendente anche con una struttura privata, direttamente o indirettamente accreditata presso la Pubblica Amministrazione, considerato che in tale caso non esplicano “attività professionale mediante contratti d'opera direttamente con il pubblico dei clienti”, non necessitano di una sorveglianza sulle tariffe applicate, in quanto percepiscono uno stipendio fisso, rispondono disciplinarmente al loro datore di lavoro al quale sono legati da rapporto gerarchico, devono incontrare — nello svolgimento delle loro funzioni — il gradimento e la piena soddisfazione della struttura sanitaria presso lo quale lavorano, anche se quest'ultima non è pubblica ma è comunque accreditato e convenzionata con il Servizio Sanitario Nazionale».

 

La legge 43/2006 con la quale veniva sancita l'obbligatorietà non è mai stata attuata perché mancante dei decreti attuativi, come non è mai stato attuato il passaggio sempre obbligatorio da collegio ad ordine, sancito sempre nella stessa legge. Però quest’obbligatorietà non viene dichiarata, chissà perché? Forse perché significherebbe elezioni democratiche? Limpidezza dei contenuti? Partecipazione democratica? Perdita di potere economico? Chiedetevelo colleghi il perché. Si pubblicano riviste, articoli, fiumi di studi, si creano ricercatori, professori universitari, assistenti di cattedra, biblioteche scientifiche, ma non ci si batte nella quotidianità per impedire che l'infermiere, sia demansionato ogni santo giorno, nei reparti di degenza, nelle aree critiche, per non parlare delle RSA o delle cliniche private. Nessuno dei "signori" che occupano i ranghi dirigenziali del collegio ha mai pubblicamente denunciato questo sfruttamento contro gli infermieri, nessuno di loro, con tutto che, alcuni sono ricercatori e professori universitari, altri addirittura deputati della Repubblica, nessuno ha mai detto basta allo sfruttamento della professione, e al contestuale utilizzo in attività non confacenti al profilo professionale.

 

Demansionamento è un termine che non deve incutere timore a lor signori, ma anzi, dovrebbe essere un monito, uno stimolo, un target ben preciso da annientare, una lotta di categoria. Com’è possibile non considerare determinate incongruenze e dicotomie professionali? Da un lato ricercatori affermati, prolifici e terminati gli studi, si torna nei reparti a portare padelle e pappagalli? Non c’è qualcosa che stride con questi due aspetti della stessa professione? Come pensiamo di poter essere considerati, se poi ci facciamo svilire appena tornati nella realtà ospedaliera? Perché specializzarsi in “Scienze infermieristiche” fare master di I e di II livello, se poi non siamo in grado di dire basta a determinati atteggiamenti? Nessun’altra professione sanitaria svolge compiti impropri, nessuna, ma l'infermiere sì, come mai? Eppure siamo un piccolo esercito, un bacino elettorale non indifferente, siamo una potenza di quasi (420.000) unità, ma forse nelle mani sbagliate. Mal organizzati, mal gestiti e soprattutto male informati.

 

La lotta dovrebbe cominciare nelle aule universitarie, dove gli infermieri si formano e dove la conoscenza diviene il mezzo, per poter operare con professionalità e competenza. Invece ci troviamo a portare avanti concetti obsoleti, antidiluviani, ottocenteschi, il tutto con il bene placito del collegio IPASVI, inerte difronte a tale scempio, silente, acquiescente, ossequioso.

 

Ma di chi? E perché? Sarebbe ora che la categoria cominciasse a pretendere il rispetto che gli è dovuto, al pari di tutte le altre professioni sanitarie intellettuali laureate. Le quali non permettono a nessuno di demansionarle, ma esercitano serenamente la loro professione e le loro mansioni senza dover essere ogni volta utilizzate per altre attività.

 

Solo oggi, guarda caso, solo dopo la nascita dell'AADI, qualcuno comincia a parlare di demansionamento, e sì colleghi, qualcuno si sta destando dal torpore. Come mai solo ora ci si rende conto che esiste questa problematica? Perché fino alla nascita dell'AADI nessuno aveva mai posto il problema con la giusta enfasi?

 

Forse perché come sempre si fa in questi casi, ci si allena a saltare sul carro del vincitore quando si percepisce che le cose forse, potrebbero da lì a un attimo precipitare? I motivi non li conosciamo e forse, neanche ci interessano, l’AADI continuerà a battersi per coloro che non hanno voce, per coloro che non hanno la forza di ribellarsi al sistema, per coloro che ancora credono che la professione di infermiere sia una realtà professionale affermata e della quale non si può fare a meno e per coloro che hanno deciso di dire no! al metodo affaristico che sino a oggi ha dominato la scena.

 

A ognuno le proprie responsabilità, noi non ci fermeremo, non abbiamo scheletri nell’armadio e posti di privilegio, ognuno dei componenti è diafano e trasparente, questa è la nostra forza e questa sarà la ragione per la quale riusciremo a far emergere il marcio e a costringere “gli scienziati” dell’infermieristica a cambiare atteggiamento. Noi ci crediamo, senza idee e senza ideali no si va molto lontano.

 

Ad maiora

Carlo Pisaniello

Vice Presidente AADI

 

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