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Una macchina stimola i 5 sensi dei pazienti anziani in delirio

di Redazione

Snoezelen Room

A Firenze parte la prima esperienza multisensoriale che stimola i pazienti, rilassandoli e tranquillizzandoli; protagonisti gli infermieri

FIRENZE. Arrivano in ospedale per un femore fratturato a causa di una caduta o per uno scompenso cardiaco che capita a quell’età. A questo disagio “organico” se ne assomma un altro, scatenato magari solo dal restare soli in pronto soccorso, senza la vicinanza di una persona cara. E allora può succedere che l’anziano ricoverato inizi a manifestare una serie di sintomi psico-comportamentali anomali, entri in uno stato di confusione mentale acuta.

È questa una patologia vera e propria, che si manifesta con un’alterazione dello stato della coscienza, disturbi del contenuto del pensiero ed allucinazioni. Esordisce in maniera brusca, molte volte in forma iperattiva con agitazione ed aggressività, tal’altra in quella ipoattiva fatta di sonnolenza e letargia, o, infine, quella mista (più frequente) che alterna catalessi a stati ipercinetici.

All’agitazione del paziente, si risponde spesso in ospedale con la contenzione farmacologica per “placare” il “disagio” del paziente. Talvolta, sempre più raramente, si ricorre anche a quella fisica, per proteggere il paziente medesimo e le persone intorno da azioni che potrebbero generare pericolo nell’ambiente. Ma c’è anche una strada che considera quella frenesia al pari del pianto in un bambino, la manifestazione cioè di un disagio e di una fragilità scatenati dallo stress ospedaliero, dalle malattie croniche o riacutizzate e, alla contenzione, preferisce l’accoglienza.

Per questo, da un anno circa, nel reparto di chirurgia d’urgenza dell’ospedale di Santa Maria Annunziata a Firenze, c’è un dispositivo affidato agli infermieri in grado, attingendo al modello della stimolazione multisensoriale (metodo snoezelen), di stimolare i 5 sensi del paziente ricoverato – vista, tatto, udito, olfatto, odorato – nel tentativo di procurargli un’esperienza piacevole, capace di rilassarlo, di distrarlo dall’ansia, dalla paura, dal disagio che si sono innestati sulle sue già provate condizioni fisiche a causa della malattia per cui è in ospedale.

L’indicazione di come e quando usarla dopo aver visitato il paziente la dà il dottor Enrico Benvenuti, geriatra che, con un gruppo di altri colleghi dell’Azienda sanitaria di Firenze da anni si occupa di ortogeriatra. È lui che, grazie a una donazione, ha fatto introdurre – caso unico in Toscana – la “macchina antidelirium” a Ponte a Niccheri.

La notizia è emersa durante il corso di formazione rivolto a medici e infermieri della Asl 10 che si è svolto recentemente all’ospedale San Giovanni di Dio proprio sulla confusione mentale acuta e il delirium. Patologia che – dicono i dati epidemiologici – ha un’incidenza del 20-25% nei reparti di medicina, ma può salire fino al 50-60% nelle terapie intensive o nei reparti di traumatologia dell’anziano.

La macchina è in grado di indurre sensazioni piacevoli nel paziente ma anche nell’operatore o nel familiare che gli è vicino. È un’esperienza relazionale di rilassamento reciproco. L’ambiente reagisce nei confronti del paziente agitato con disagio, spesso in un’ottica espulsiva: “vogliamo dormire”, lamentano comprensibilmente gli altri degenti ed allora il personale medico ed infermieristico entra in ansia nell’impossibilità di modificare il travolgente manifestarsi di questi sintomi psichici. L’Unità mobile – cosi si chiama il dispositivo – è una macchina compatta che viene trasportata al letto del malato. Un membro del personale addetto all’assistenza infermieristica con tranquillità si pone vicino al paziente ed accende singolarmente le varie unità: il tubo a bolle per la stimolazione visiva, mette una musica rilassante, aggiunge qualche goccia di aroma nell’erogatore di profumi, accende il proiettore da cui è  possibile visualizzare immagini, anche con foto di familiari… E, così, osservando il paziente per ciascuna dimensione attivata, si scelgono colori, suoni ed odori che più sono in grado di indurre comportamenti positivi e si intraprende una relazione piacevole non verbale tra operatore e paziente stesso.

Non si tratta della panacea per la cura del delirium ma di un sistema non farmacologico di cura del paziente, certamente più innocuo, che coinvolge personale e familiari e va ad aggiungersi a quelli già esistenti.

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