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Essere un Medico... "ho spesso disprezzato questa categoria disprezzando anche me stessa per il solo fatto di farne parte"

di Marco Alaimo

Essere Medico

Una lettera, uno sfogo di un Medico...che scrive quello che sente: "Ecco chi sta dietro alla linea del fronte e oggi avevo voglia di restituire a me e ai miei colleghi un po' di sana dignità, quella per la quale della vita degli altri nessuno sa nulla, non da dentro e non da fuori". E tu Infermiere cosa senti? cosa provi?

ESSERE UN MEDICO... una lettera appassionata, vera e senza maschere di una dottoressa che si racconta e ci ricorda che: un medico che prima di essere tale è una persona. Molto spesso gli attori della sanità sono visti come super Eroi, oppure come divinità, dove tutto è facile e senza problemi. Invece non è così. Sicuramente ci sono professionisti seri, preparati e pieni di voglia, persone che hanno investito la vita per la professione scelta (Medici, Infermieri e professionisti della Sanità), ma che spesso non trovano risposte alle tante domande della vita e della professione. Le battaglie sono quelle che ogni giorno ogni essere umano fà, i pensieri e i dubbi sono gli stessi.. la vita e la professione si intrecciano quotidianamente.. e le storie spesso sono stupende.


I supereroi sono tra noi

I supereroi sono tra noi

"Ci si dimentica facilmente perché si è scelta questa professione, spesso non la si è scelta nemmeno per grandi ideali come il collettivo si aspetta, spesso è solo accaduto perché per qualche ignoto motivo doveva accadere. Altre volte la scelta si è appoggiata sui motivi più disparati e più umani : per sentirsi più forti, per essere apprezzati, per il desiderio un giorno di curare i propri cari, per proteggersi dalla paura della morte e forse talvolta della vita.

Alcune volte solo per fare un lavoro che ci permettesse di avere un motivo per stare fin da giovani il più fuori di casa possibile...si sa le notti, i tirocini, l'obbligo di frequenza.

Le storie sono tante e diverse quanto sono i medici, le persone medico.

Ho spesso disprezzato questa categoria disprezzando anche me stessa per il solo fatto di farne parte. Poi un giorno capita che ti ritrovi a riflettere e capisci che non siamo onnipotenti, siamo solo persone verso le quali tutti, io per prima, nutrono solo grandi aspettative. Ma se sei un medico di base sei un coglione, se lavori in ospedale non sei mai abbastanza gentile, se lavori in privato sei un ladro.

Dovresti semplicemente essere DIO per andare bene a qualcuno e a te stesso.
Quello che nessuno sa è che ci buttano negli ospedali a 19 anni, verosimilmente a 24 anni ognuno di noi è già in corsia e ha già visto il suo primo paziente morire. Certo nessuno gli ha puntato la pistola alla tempia nel scegliere questa professione ma l'ha scelta spesso sulla scia di chissà quale strana motivazione che non è diversa da quella per la quale un essere umano fa l'estetista oppure il panettiere o il geologo o l'avvocato.
La mia prima paziente morta è stata una vecchietta. Ho fatto uscire la figlia che le stava facendo compagnia mentre mangiava nella sua stanza in un reparto di medicina interna. Sono entrata per visitarla, stava bene almeno così sembrava se non per l'età... 80 anni e qualche piccolo acciacco. È semplicemente morta mentre la visitavo, quasi non me ne sono accorta.
Ci sono rimasta di sasso. Ero giovane, e la figlia era fuori che aspettava di finire di darle il pranzo. Non sapevo che fare, nessuno mi aveva mai insegnato come si dice a qualcuno che un suo caro se ne è andato. Nessun è lì eravamo solo io e lei, lei altrove io li, sola con già un freddo che stava fuori e dentro di me.
All'università ti insegnano di tutto. Passi 6 anni a studiare tomi a memoria e tutte le bizzarrie del docente appassionato solo alla sua materia. 56 esami, vacanze saltate, estati a studiare per la sessione autunnale. E poi giorni interni in cui entri la mattina a lezione ed esci alla sera e non sai nemmeno se è piovuto o c'è stato il sole. Arriva la laurea ed è come stare 10 metri sopra il cielo, ma ti basta poco per capire che sei ancora un pischello infarcito di nozioni. Poi inizi la specializzazione, altri 5-6 anni, sotto come un mulo da soma.

nessuno di noi è DIO..

nessuno di noi è DIO..

Ecco, sempre in mezzo alla malattia e al dolore, è così che cresci e magari ti immaginavi chissà che cosa.
Quella volta con la vecchietta sono rimasta seduta sulla sedia per un tempo che mi è apparso infinito a pochi metri da lei, morta. Non sapevo che cosa si potesse dire in questi casi, mi aspettavo che le persone morissero in maniera tragica e drammatica, lei era solo spirata, serena.

Allora ho pensato a ER, all'epoca c'erano le prime serie in tv e io lo guardavo. Quindi a un certo punto sono uscita, ho guardato la figlia con imbarazzo e ho detto la sola frase che mi è venuta in mente " mi dispiace non ce l'ha fatta".

Oggi mi sembra così assurdo e un po' grottesco ma è vero che si impara solo per esperienza e che le figure di merda all'inizio sono infinite, sai tutto ma non sai comunicare, non te lo hanno insegnato e non te lo insegnano dopo. Ho detto quella frase da "uscita da sala operatoria", il resto ve lo risparmio.
È facile darci la colpa per tutto, l'ho fatto tante volte pure io con me stessa e con i miei colleghi non in quanto persone ma in quanto categoria di persone.

È che nessuno di noi è DIO è spesso siamo i primi a crederci tali per sopravvivere al dolore, per accantonarlo, per non sentirlo, per sopravvivere al fatto di stare sempre lì dentro.
In Pronto Soccorso tra dentro e fuori l'abisso, un abisso incolmabile....chi aspetta il parente è focalizzato su quello è scontato; chi è dentro è focalizzato su ognuno degli esseri umani che popolano le barelle e sapete una cosa? A volte spesso, essendo esseri umani siamo stanchi e magari ruvidi perché la vita esiste anche per noi, perché magari non vediamo l'ora che il turno finisca.

Sì succede anche a me di guardare compulsivamente l'ora. Abbiamo una vita, amici che ci aspettano, una famiglia, un compagno una compagna da riabbracciare, un genitore vecchio lontano che non vediamo da mesi, a volte la testa è altrove e tutto questo appare a tutti e alla fine anche a te che questo lavoro lo mastichi così sbagliato e meschino. Ma è davvero così sbagliato?
Invece ci sono persone che suonano alle 5 del mattino perché si sono " storte la caviglia" una settimana prima e a quell'ora se va di culo, il PS inizia a svuotarsi. E tu sorridi e pensi che esiste il diritto alla cura, io sorrido anche quando non ne ho più voglia, tanti invece non sorridono imprecano ma dentro infondo pensiamo la stessa cosa...dentro dentro ognuno di noi pensa " eh che cazzo". In PS è più semplice, siamo aperti 24 ore su 24, 365 giorni all'anno.

È una specie di mirabilandia: arrivi e vieni accolto a volte ruvidamente altre no, vieni visitato, fai la radiografia poi ti mandano anche dall'ortopedico.

Magari tutto succede dopo che ti hanno dato un codice bianco che ti ha fatto innervosire ma dietro quel vetro c'è un mondo che ha diritto di esistere, un mondo fatto di persone simili a quelle che stanno fuori, almeno a quelle con la caviglia tumefatta o a quelle con la diarrea da due ore.
Poi, per ogni persona in sala d'attesa che ha un parente dentro c'è un solo medico che ha in cura tutti i quei parenti, almeno la notte da noi è così. Un medico che prima di essere tale è una persona. Comprendo che se pensassimo davvero che oltre al vetro c'è solo una persona con delle competenze e non c'è DIO allora staremmo tutti a casa terrorizzati. Ma è così, ci sono solo persone che hanno studiato che si sono formate che sono state addestrate a essere e a fare qualcosa e che a casa hanno gli stessi cazzi e mazzi di tutti, che hanno lo stesso desiderio di vivere e stare bene, che aspettano il 27 del mese come tutti.
Ecco chi sta dietro alla linea del fronte e oggi avevo voglia di restituire a me e ai miei colleghi un po' di sana dignità, quella per la quale della vita degli altri nessuno sa nulla, non da dentro e non da fuori"

Grazie Dottoressa per questa lettera sincera, grazie !!


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