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Significato di cura e malattia nelle prospettive laica e religiosa

di Redazione

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Si terrà giovedì 17 settembre dalle 16.30 alle 20.15 alla clinica Mangiagalli il secondo Seminario multidisciplinare, interculturale-interreligioso.

L’urgenza e la gravità delle ondate migratorie che stanno coinvolgendo milioni di persone in tre continenti – Africa, Asia, Europa – rendono più che mai necessaria anche in campo sanitario una strategia formativa che integri diversi livelli e aree di conoscenza, per rispondere alle sfide dell’integrazione in società multietniche, caratterizzate da nuove forme di solidarietà, di condivisione, di corresponsabilità.

Medici e operatori sanitari si trovano oggi di fronte a nuove sfide deontologiche ed etiche, che coinvolgono malati di differenti etnie, lingue, culture e religioni. I cambiamenti in atto nella società multiculturale e multietnica sollecitano nuove iniziative di formazione e informazione, nelle quali il lavoro di aggiornamento sia proposto da esperti in discipline diverse, condotto in equipe che realizzino una condivisione di competenze in continuo dialogo tra loro e con gli assistiti.

Tra le nuove frontiere della formazione a una piena cittadinanza globale, accanto ad ambienti significativi come scuole, università, carceri ecc., si pongono anche gli ospedali e le case di cura, luoghi di condivisione valoriale e di costruzione di solidarietà.

Dopo aver verificato, nel I Seminario dello scorso 30 giugno, come deve essere modificata la struttura e l’organizzazione dell’assistenza ospedaliera e ambulatoriale per garantire un efficace e rapido percorso diagnostico-terapeutico nel rispetto della dignità della persona malata, la seconda Sessione del 17 settembre metterà a fuoco valori e significati che il pensiero laico e le diverse tradizioni monoteistiche e spirituali attribuiscono alla persona malata e all’azione di chi se ne prende cura in famiglia, nella società, nelle strutture sanitarie e assistenziali.

È fondamentale, a questo scopo, riflettere sulla scelta etica che sostiene qualsiasi scelta di cura sia attiva sia passiva, e sulle sue motivazioni più profonde, siano esse di tipo personale o comunitario, ideale o spirituale, religioso o civile, scientifico o umanistico.

Il modo stesso con il quale interagiscono il malato e il curante risulta infatti determinato anche da convinzioni valoriali, che possono contribuire positivamente al migliore esito di qualunque intervento, o viceversa risultare negative in ordine alla sua piena efficacia. Aspetti psicologici, convinzioni di fede, esperienze cliniche possono, insieme, produrre una sommatoria che converge al benessere della persona sofferente e malata, nel pieno rispetto della sua dignità.

In particolare le tradizioni monoteistiche che traggono origine dall’esperienza di fede di Abramo e fioriscono nell’ebraismo, nel cristianesimo e nell’islam, possono offrire una solida base per sostenere una corretta azione di cura e di assistenza.

Comunicato Stampa secondo Seminario multidisciplinare 17 9 15

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