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Legge di Bilancio e Sanità, scelte ideologiche più che ideali

di Giordano Cotichelli

La legge di bilancio presentata nei giorni scorsi ha suscitato giudizi (molti), apprezzamenti (pochi) e critiche (parecchie) in merito alle scelte in tema di politica socio-economica del governo che, al di là delle tante aspettative, per molti aspetti somigliano agli interventi tipici della politica italiana, con finanziamenti a pioggia in determinati settori, contrazione degli interventi in altri, i consueti tagli mascherati da risparmi e qualche elemosina e regalia qua e là di cui, qualche maligno, sottolinea la natura amicale e propagandistica. Per il momento resta la brutta sensazione che come cittadini in generale e come sanitari in particolare dovremo far fronte alle ricadute negative di scelte governative più ideologiche che ideali.

Manovra e salute pubblica, una legge di Bilancio che lascia perplessi

Le solite cose cui si è abituati da sempre e questo vale anche per le voci riguardanti la salute pubblica. In merito, vari i provvedimenti di rilievo. Nel campo della ricerca, saltano fuori 10 milioni per le reti di ricerca del Ministero della Salute e 30 mln l’anno (per trent’anni) per il CNR.

Finanziamenti che, presentati in questo modo, sembrano tanti, in realtà rivelano ancora una volta come in Italia gli investimenti per la ricerca non seguano una visione d’insieme, prospettica e soprattutto finanziariamente stabile, ma continuano a restare in balia, anno dopo anno, di manovre politiche e bizantinismi di sorta.

Non c’è da meravigliarsi poi se come sistema paese si resta indietro sul piano dell’innovazione. Ed anzi, si rincorre, affannosamente, l’adeguamento tecnologico, mitizzandolo come rimedio principe delle disfunzioni di sistema.

Come nel caso dei 400 milioni stanziati per tre anni (2019–2021) per l’ammodernamento e l’implementazione della tecnologia elettronica, utile a ridurre le liste di attesa, quando in realtà servono spazi, attrezzature diagnostiche e soprattutto personale dedicato e non avvicendato, cioè utilizzato a tempo pieno su più turni per “razionalizzare” l’uso dei macchinari.

Mentre l’utenza è costretta a coprire decine e decine di chilometri per fare un esame diagnostico, un intervento, una prestazione, nel quadro di un territorio dove sempre più si assiste alla contrazione della copertura funzionale della rete dei trasporti pubblici.

Legge di Bilancio e interventi sul personale sanitario

Sul piano degli interventi in tema di personale sanitario diverse sono le critiche che sono state fatte. Prime fra tutte quelle dalla deputata del PD, Carnevali, in relazione all’abolizione del tetto delle assunzioni, migliore e concreto strumento per abbattere le liste di attesa.

Anche a livello professionale giungono diversi appunti, in particolare dall’intersindacale dei medici (unione di diverse sigle sindacali) che sottolinea il mancato riscontro, nella legge di Bilancio, alle rivendicazioni avanzate con il recente sciopero di novembre.

Nuovo congedo maternità

Si potrebbe continuare in un’analisi approfondita di altre voci della manovra, ma lo spazio a disposizione impone di dare solo un primo rapido sguardo, rimandando ad approfondimenti successivi.

Ciò nonostante ci si può fermare su due aspetti ulteriori del Dpef che hanno l’effetto di stravolgere i concetti in tema di tutela della lavoratrice madre e di sostegno universalista di famiglia.

Nel primo caso viene riconosciuta la facoltà di proseguire il lavoro per tutti i mesi della gravidanza – salvo diversa indicazione medica – per poi utilizzare il periodo di assenza nei mesi successivi al parto.

Nel secondo caso viene modificata la popolazione destinataria degli aiuti previsti dalla Carta della Famiglia, lasciando fuori le famiglie di stranieri, i quali vedono in questo modo aumentare il livello di fragilità sociale già presente, in un clima da caccia alle streghe che si inasprirà anche per gli effetti del Decreto legge sulla sicurezza.

A tutto questo si potranno ulteriormente sommare gli effetti negativi di un’altra scelta contenuta nella manovra: quella di dare libertà alle Regioni di poter spendere in altra maniera i soldi vincolati per garantire l’assistenza sanitaria agli stranieri non iscritti al Ssn.

Per ritornare al congedo per maternità modificato, va posta l’attenzione sulla sua stessa natura giuridica. L’assenza dal lavoro per la donna in gravidanza, a partire obbligatoriamente dal settimo mese (in condizioni di normalità), come è stato fino ad oggi, rappresentava una garanzia per la lavoratrice che veniva protetta dagli obblighi di legge di fronte ad eventuali ricatti e pressioni dei datori di lavoro.

Oggi, in nome di una supposta libertà di scelta, in pratica la lavoratrice madre può essere più facilmente indotta a lavorare oltre il settimo mese, anteponendo le esigenze aziendali e del profitto, a detrimento della salute sua e del nascituro.

Una prospettiva affatto irrealistica in un paese dove, ricordiamolo, in molte situazioni lavorative veniva fatta firmare – al momento dell’assunzione - una lettera di “dimissioni” volontarie da utilizzarsi in caso di matrimonio o gravidanza. O peggio, in qualche azienda al momento del rinnovo contrattuale, alla lavoratrice viene chiesto di esibire un test di gravidanza negativo.

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