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Ipasvi Firenze su maltrattamenti in case di cura e assistenza

di Redazione

Danilo Massai, presidente Ipasvi Firenze

“Infermieri, coordinatori e dirigenti possono e devono dare risposte”. La lettera del presidente del Collegio provinciale degli infermieri.

Danilo Massai, presidente Ipasvi Firenze

Danilo Massai.

FIRENZE. Una lettera aperta per difendere gli Infermieri Italiani, spesso indicati come protagonisti dei più diversi fatti di cronaca solo perché il termine ‘infermiere’ è più "comune e immediato di quelli che, in alcuni di questi casi, sarebbero appropriati".

“Il Consiglio Direttivo del Collegio Ipasvi di Firenze – si legge nella nota firmata dal presidente Danilo Massai - vuole porre alla vostra attenzione il fenomeno delle violenze che, più o meno palesemente, si manifestano nelle strutture di assistenza. Non basta provare rabbia di fronte ai fatti di cronaca o pensare di essere immuni nei propri sistemi di vita professionale. Occorre che la famiglia professionale ponga in studio il proprio sistema di offerta di assistenza, sia nei sistemi gestionali-organizzativi che nelle relazioni di assistenza. I dirigenti e coordinatori debbono elaborare un piano qualità e sicurezza teso ad evitare relazioni e comportamenti violenti. La violenza si manifesta in strutture che accolgono persone con cronicità, anziani, disabili, molte volte con sottovalutazione del carico psico-fisico. La violenza prolifera in organizzazioni burocratiche e spersonalizzanti. La violenza è veicolata da condizioni contrattuali deprofessionalizzanti, instabili ed a forte pressione psicologica. Gli infermieri, a vario contratto e livello di responsabilità, sono posti sui servizi socio sanitari e sanitari in un sistema variegato e variante che può generare violenze. I dirigenti e coordinatori debbono trovare elementi gestionali per governare in sicurezza. In questo ambito, il dipartimento infermieristico-ostetrico deve essere occasione per innovare il sistema di assistenza. Servono più scienza, più prossimità alle persone, più buone prassi, più metrica per qualità professionali e risultati. In un sistema relazionale molto piatto in una società piena di crisi, serve una grande prova di propulsione”.

Con questo obbiettivo il presidente del collegio Ipasvi di Firenze ha indicato e suggerito alcuni percorsi importanti:

  • Riprocessare la qualità di programmazione dell’intero sistema infermieristico, favorire modelli professionali che responsabilizzano, percorsi di valorizzazione come opportunità, percorsi a rotatoria sui processi ad alto impatto per complessità e carichi psico-fisici.
  • Certificare capacità e competenze con rilevazione del potenziale da sviluppare, istituzione di un porfolio competenze e delle gratifiche di merito.
  • Istituire in rete il sistema gestione sicurezze e qualità con audit sistemici.
  • Posizionare infermieri con alta qualificazione quali gestori dei processi e percorsi, definendo specifiche responsabilità.
  • Passare da affidamenti di responsabilità su valutazioni personali ad oggettivi e trasparenti criteri e standard di merito.
  • Riqualificare il ruolo dei coordinatori (capacità ed autonomia organizzativa, valutazione deglistandard, formazione, clima relazionale e certificazione standard).
  • Ridurre le posizioni organizzative a veri stati di temporanea necessità.
  • Investire in infermieri esperti in programmazione e pianificazione assistenziale.
  • Investire in infermieri esperti leader di comunità di pratiche trasversali ai servizi.
  • Investire in infermieri esperti in consulenza e certificare le performance professionali.
  • Investire in infermieri esperti in tutorato e implementare linee guida ed evidenze scientifiche.
  • Definire un elenco di infermieri formatori aziendali, puntando su analisi, progettazione, valutazione risultati.
  • Definire un sistema di vigilanza e segnalazione eventi all’ente ordinistico.


 

“L’infermieristica – prosegue il presidente del collegio Ipasvi di Firenze - è una scienza sistemica che può e deve dare risposte. Crediamo che spetti ai dirigenti e ai coordinatori in primis saper leggere ed indicare le mete opportune. Nel ribadire la più ferma condanna dei comportamenti violenti o anche solo scorretti – conclude – vogliamo anche ribadire che riteniamo sbagliato attribuire certi atteggiamenti sempre e genericamente agli infermieri, anche quando in realtà vedono protagonisti operatori di altra e diversa natura. Gli infermieri sono una precisa categoria professionale e non è giusto che debbano essere sempre indicati come protagonisti dei più diversi fatti di cronaca solo perché il termine ‘infermiere’ è più comune e immediato di quelli che, in alcuni di questi casi, sarebbero appropriati.”.

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