Sarà una brutta estate quella del 2019 per chi lavora in sanità. Probabilmente si potranno fare le ferie che spettano di diritto (ancora), ma con costi socio-sanitari elevati: chiusura o accorpamenti di reparti e servizi, taglio delle assunzioni, mancato turn-over in una stagione in cui peggiorano le condizioni di cronici ed anziani. Si cercherà di dimettere pazienti per far posto agli altri che premono in attesa; conseguenza degli indiscriminati tagli di posti letto accumulatisi nel tempo. Ed allora si lavorerà in numero ridotto; sotto pressione, stanchi, incattiviti. Le ferie che si faranno non serviranno neanche a far recuperare lo stress accumulato… per andare in ferie.
Ferie brutte e cattive
Già le scelte fatte a livello regionale per far “quadrare” bilanci vari non lasciano dubbi. Un esempio su tutti può venire dalle Marche. Sono stati previsti quasi 7 milioni di tagli (6.831.246) a carico delle varie Aree Vaste in cui è suddivisa l’ASUR (Azienda Sanitaria Unica Regionale).
Tagli che però graveranno in maniera difforme sulla popolazione e sugli operatori, pesando in misura maggiore nella Provincia di Ancona (Area Vasta 2) con un decurtamento che arriva a 4.451.420 euro (65,16% dei tagli regionali), a scapito, come sempre di operatori e pazienti.
In un panorama generale decisamente depauperato dove circa un terzo degli italiani (19,6 mln.) – dati Censis - paga di tasca propria la sanità, con un impegno crescente in base allo stato di salute: 50% per i cronici, 200% per gli anziani, 300% per i non autosufficienti. La spesa sanitaria privata è aumentata del 7,2% in 5 anni, arrivando a 37,3 mld di euro.
Insomma quella di quest’anno sarà l’ennesima estate utile a destrutturare il Sistema sanitario nazionale. In un quadro generale già abbastanza fragile.
I numeri parlano chiaro. Nel DEF del 2019 la spesa è stata ridotta al 6,6% per il biennio 2019-2020, al 6,5% per il 2021, al 6,4 per il 2022, nei fatti confermando l’erosione continua delle risorse del nostro SSN.
Negli ultimi dieci anni (2010 – 2019) si è avuta una perdita di 37 miliardi di euro, aggravando ulteriormente il quadro dell’Italia come di un paese con la più bassa spesa sanitaria fra quelli sviluppati e del G7. Se poi si realizzerà la scellerata autonomia differenziata su base regionale, la situazione sarà iniqua oltre che drammatica. Per non parlare degli ulteriori tagli pronosticati dall’introduzione della flat tax.
Insomma quella di quest’anno sarà l’ennesima estate utile a destrutturare il Sistema sanitario nazionale. In un quadro generale già abbastanza fragile.
Qualche giorno fa c’è stato un importante sciopero dei metalmeccanici. Per alcuni un po’ tardivo, per altri sottotono, per altri ancora di natura strumentalmente politica. Al di là di ogni considerazione viene da chiedersi quando si potrà assistere ad una presa di posizione con forza dei lavoratori della sanità italiana.
In Francia, a fianco delle proteste settimanali che da questo inverno colorano di giallo le piazze, in molte occasioni si sono ritrovati infermieri e sanitari che manifestavano contro i tagli al sistema sanitario francese. Nulla di tutto ciò avviene in Italia dove, le ultime e più importanti mobilitazioni per la salute risalgono a più di quarant’anni fa, con le lotte degli ospedalieri che accompagnarono la nascita di un sistema sanitario nazionale, pubblico ed universalista.
Oggi si assiste solo a piagnistei corporativi o a meschini campanilismi per mantenere questo o quel servizio a discapito di questo o quel territorio. In soldoni, la sanità italiana scompare sotto i colpi inferti da chi dovrebbe valorizzarla e sotto l’indifferenza pressoché totale di chi la dovrebbe difendere.
Giudizio grave, severo, opinabile di certo, non senza darsi però una chiave di lettura per capire l’attualità delle gravi condizioni del welfare italiano (e non solo dunque della sanità, ma anche dell’istruzione, della previdenza, etc.). Chiave interpretativa che può arrivare dal lontano passato e dal mondo dell’arte, o meglio dell’edilizia.
La mattina del 14 luglio del 1902, alle 9,52 un boato terrificante scosse la città Venezia: lo storico Campanile di San Marco era crollato al suolo. La presenza di seri problemi strutturali, peggiorati da uno stato di incuria e aggravati da provvedimenti tardivi ed improvvidi, avevano creato le condizioni per il crollo dell’edificio.
Carlo118
2 commenti
Non mi sembra un problema di ora
#1
Come da qualche anno a questa parte.
Sono dieci anni che i governi precedenti facevano prestiti alle banche in fallimento tagliando su servizi pubblici, come la sanità.
Per ora da quando c’e Questo governo, tagli, non ne sono stati fatti e questo è già positivo, poi vedremo.